L'Infinita Meraviglia del Cosmo

Terza tappa. Il senza fine delle stelle nell'Universo

… “e mi sovvien l’eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva”… E, in effetti, la terza tappa di questo nostro errabondo itinerario nell’Infinito ci conduce giustappunto a osservare, a “soli” 11 000 anni luce di distanza, la fase finale della vita di una stella. Nondimeno, proprio come cantato nei celeberrimi versi leopardiani, l’immagine di Cassiopea A proposta oggi non sancisce un mesto e inappellabile atto conclusivo, bensì rappresenta il preludio per una nuova, vivida e feconda stagione celeste.

In gergo tecnico, l’oggetto in questione viene classificato come supernova. Si tratta cioè dei resti di una stella di grande massa, esplosa dopo aver alimentato al suo interno, per decine e decine di milioni di anni, quelle reazioni termonucleari responsabili della produzione di elementi chimici via via più pesanti (dall’Elio sino al limite del Ferro, passando per il Carbonio, fondamento della Chimica organica e, dunque, dell’intera Biologia).

Tali elementi vengono violentemente espulsi nello Spazio, dove, col tempo, danno luogo a nuovi aggregati di materia, antenati di una rinnovata generazione di stelle, con potenziali pianeti orbitanti attorno a esse. Quella appena descritta è stata anche la genesi del Sole, della Terra e dunque, in ultima analisi, di noi tutti. In questo senso, la fortunata espressione “essere figli delle stelle” non potrebbe suonare più acconcia, oltre che scientificamente corretta.

Nell’immagine in banda X, ottenuta con il Telescopio Spaziale Chandra, i falsi colori denotano proprio la presenza di elementi chimici differenti: il rosso corrisponde al Silicio, il giallo allo Zolfo, il verde al Calcio e il Magenta al Ferro. La travolgente onda d’urto, conseguenza dell’immane cataclisma cosmico, è invece segnalata dalla colorazione bluastra dei filamenti e dell’anello esterno, quest’ultimo con un raggio di oltre 30 anni luce.

Al centro, nascosta dall’intricato e variopinto ordito della chimica celeste, si trova una stella di neutroni, ovvero l’ultima reliquia dell’astro originario, sopravvissuta all’esplosione di supernova. Trattasi di un oggetto oltremodo massiccio, caratterizzato da una densità spaventosa ed elevatissima.

In proposito, fantasticando per un momento di poter prelevare da tale stella anche solo un cucchiaino della materia degenere (giustappunto i neutroni, privi di carica elettrica) che la compone, seduta stante ci ritroveremmo, con non poco travaglio e notevole sbalordimento, a dover maneggiare un “peso” equivalente a quello di un’intera catena montuosa!

I lettori l’avranno intuito: anche quest’ultimo aspetto rientra nel novero delle infinite meraviglie che l’Universo custodisce. In esso, ogni stella è “presente e viva”, radicata nel suo tempo e, dunque, ineluttabilmente peritura. Infatti, richiamando i versi di un altro poeta, Arturo Graf (1848-1913), “hanno comune la sorte tutte le cose finite: appena nate son morte!”…

Eppure, nel caso delle stelle, la Sorte, la Natura e la Fisica sono state particolarmente magnanime, motivo per cui “il cor non si spaura” contemplandone la fine. Essa non rappresenta il calare del sipario bensì il prodromico atto primo di un nuovo inizio, che vede gli astri risorgere dalle loro stesse ceneri.

Perché ogni stella è una fiamma… Mutuando ancora le parole baluginanti di Graf, una “fiamma lucente e pura, fiamma di poesia”… Verso cui ogni viaggiator, errante nelle infinite lande cosmiche, par sempre intonare la medesima supplica, dicendo: “e, mentre fuggitivo mi rinselvo, tu sola, fiamma della parola, fai ch’io rimanga vivo”.

Il viaggio continua!

 

Image Credit: NASA, CXC, SAO


Di seguito, proponiamo ai lettori una seconda presentazione dell’oggetto Cassiopea A. Non si tratta di un’immagine reale (fisica) ma della composizione di più fotogrammi, ottenuti con filtri differenti. La legenda dei colori associa i raggi gamma al magenta, i raggi X al blu-verdognolo, la banda visibile al giallo, quella infrarossa al rosso e, infine, le onde radio all’arancione.



 

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Articolo pubblicato il 28/01/2018