Due pesi, due misure. Le tragedie del passato strumentalizzate o ignorate.

Considerazioni sulla Giornata della Memoria.

Si stanno svolgendo in questi giorni le molteplici manifestazioni indette in ricordo della Giornata della Memoria, stranamente pressoché monopolizzate dai movimenti GLBT, oscurando i naturali filoni dei deportati politici e razziali.

Non è difficile comprendere la ragione di questa eccezionale reviviscenza, sino a ieri passata in sordina. Si è alla vigilia di un turno elettorale cruciale e tutto può essere utile e conveniente per rilanciare un argomento, agitato contro nemici inesistenti o animati in certe segrete stanze ma certamente vantaggiosi per una parte politica, da sempre abile nello strumentalizzare i provvedimenti del 1938 ma incapace di accorgersi, di curarsi e di rivisitare pagine e vicende della Russia stalinista o della Jugoslavia, nelle quali vittime furono tantissimi ebrei e dissidenti politici di ogni età e classe sociale.

Senza cogliere la demagogica di fondo, il presidente della Repubblica, dopo 70 anni dall’entrata in vigore della Costituzione, si è ricordato di “una reduce dell’olocausto italiana, sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti” e lo ha nominata senatrice a vita.

La 87enne, Liliana Segre, insignita del laticlavio, nelle sue dichiarazioni è stata equilibrata. Ha fatto presente di avere raccontato la sua drammatica esperienza “senza odio e senza vendetta”.

Dovrebbe però auspicare, per una conoscenza piena e completa del dramma non solo in Germania o in Polonia ma appunto nella Unione Sovietica, l’organizzazione di viaggi riservati ai giovani sui campi di sterminio della terra di Stalin, molto probabilmente inutili perché cancellati tra assordanti silenzi.

La ricorrenza dell’80° anniversario, ha provocato una serie fitta di iniziative al solito prive di equilibrio. Oltre ad eleggere i gay, quale emblema della deportazione, presso una università romana è stato indetto per i primi di febbraio un convegno dal titolo “Medicina, arte e legislazione nella storia dello Shoah”, in cui si arriverà a parlare di bioetica.

Dopo il rientro in Italia delle salme di Vittorio Emanuele III e della Regina Elena ci si è ricordati della loro esistenza. Il povero sovrano, morto oltre 70 anni or sono, nel segno del principio della “corresponsabilità” valido ed applicato solo in Italia, è stato formalmente processato in una rappresentazione teatrale, per tacere sulle assurde richieste di un rabbino che pretende di cancellare la Storia.

Perché coltivare gli interessi di oggi con i drammi e le tragedie di ieri e dell’altro ieri?

Infatti mentre l’Italia è impegnata a rilanciare momenti drammatici, conosciuti in maniera squilibrata, due nazioni, fiere avversarie e l’una occupante dell’altra nel conflitto mondiale, si incontrano in maniera proficua e soprattutto significativa con il presidente francese Macron affermare alla Cancelliera Merkel che “All’Ue serve una Germania stabile”.

Perché in mille occasioni prevalgono la faziosità e la miopia?

L’elenco è purtroppo lungo e vergognoso.

il Papa incontra i parenti delle vittime del regime di Pinochet e non risulta si sia mai curato di quelli colpiti dal regime cubano e da quello venezuelano.

Perché si presenta con religioso rispetto la immagine di una fotoreporter della parte rossa caduta durante la guerra civile spagnola e non quelle, ben più numerose, delle fanciulle e delle donne, comprese le religiose, stuprate dai miliziani antifranchisti?

Perché, per puro interesse di cassa, si esulta per la crescita dell’export agroalimentare (+18%) con la Cina e per una volta si dimenticano i dati della “Amnesty International”, secondo cui “Pechino rimane “leader mondiale” dei paesi in cui è praticata la pena di morte” ?

L’organizzazione umanitaria rivela che viene resa nota “solo una parte infinitesimale delle migliaia di condanne a morte” in realtà emesse.

Ma l’Italia – risultato sconcertante e più ancora disarmante – è il paese, in cui appare in testa nei sondaggi la fanatica Bonino, fautrice delle leggi fondamentali per la disarticolazione della società, della famiglia e del costume, per non parlare delle tradizioni di civiltà, locali e nazionali.

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Articolo pubblicato il 25/01/2018