La “Torino noir” vista e narrata da Milo Julini.

Teresa Bruneri vedova Comelli.

Uccisa con due rivoltellate / mentre rientra in casa”, sotto questo titolo “La Stampa” di domenica 3 dicembre 1944, scrive che:


La sera del 1° dicembre, verso le 18,25, mentre entrava nel portone della propria abitazione in via Nicola Fabrizi 45, la signora Teresa Bruneri ved. Comelli, di anni 32, veniva fatta segno a due colpi di rivoltella che la colpivano alla nuca. Pur gravemente ferita, la poveretta riusciva a trascinarsi fino alla portineria. Soccorsa e adagiata su di un divano, la donna poco dopo cessava di vivere.

Nessuna luce è finora stata fatta sul delitto e sul suo movente. La donna uccisa era nipote di Felice Bruneri, il noto «uomo di Collegno», ed era vedova di tale Comelli, condannato a morte dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato per favoreggiamento ai fuori-legge e giustiziato il 20 ottobre scorso. L’autorità sta svolgendo indagini.


A commento di questa notizia occorre dire che il Felice Bruneri, erroneamente citato nell’articolo come “il noto «uomo di Collegno»”, è in realtà il fratello di Mario Bruneri passato alla storia come lo “Smemorato di Collegno” o “uomo di Collegno”: il cronista ha fatto un po’ di confusione accorpando i due fratelli.

Va detto che a differenza del fratello Mario, tipografo di idee socialiste divenuto truffatore per poi assumere il ruolo del professor Giulio Canella, Felice Bruneri era una persona rispettabile.

La famiglia Bruneri aveva conosciuto un triste periodo dal 1891, quando era morto prematuramente il padre, di soltanto 43 anni. Mentre Mario aveva progressivamente tralignato, Felice, uscito a 17 anni da un collegio salesiano, aveva lavorato in una libreria e, nel 1901, si era arruolato nei carabinieri, dove era rimasto fino al 1906, raggiungendo il grado di vicebrigadiere. Poi si era impiegato al cotonificio di Rossiglione in Liguria.

Nel 1927, allo scoppio del caso dello Smemorato di Collegno, lavorava a Cafasse, presso lo stabilimento tessile Magnoni e Tedeschi, come capo spedizioniere. Suo figlio Carlo, nato a Campo Ligure nel 1907, dopo il servizio militare, diventa capo della centrale elettrica della Magnoni e Tedeschi sempre a Cafasse.

Teresa Bruneri è nata a Rossiglione (Genova), il 18 agosto 1912 (altre fonti riportano il giorno 5), da Felice e Maria Pastorino, ed era residente a Cafasse Torinese (Consiglio Regionale del Piemonte, Il contributo delle donne alla lotta di liberazione, 6 aprile 1974).

Teresa Bruneri è quindi nipote dello Smemorato di Collegno in quanto figlia del fratello di questi. Questi legami di parentela giustificano la ripetuta citazione del comune di Cafasse in questa vicenda.

Il marito di Teresa Bruneri, che secondo il giornale è stato giustiziato il 20 ottobre 1944, è Luigi Comelli, nato in Austria, con cittadinanza italiana e residente a Cafasse, sergente maggiore di Artiglieria, era appartenente alle SAP P.L.I. dal 15 settembre 1943 all’8 ottobre 1944, secondo la Banca dati del Partigianato piemontese, che riporta come data di morte per fucilazione l’8 ottobre 1944.

Fin qui siamo nel campo della curiosità che può essere destata da qualche corollario alla vicenda molto citata se non molto conosciuta dello “Smemorato di Collegno”.

Ma la vicenda di Teresa Bruneri è molto più complicata.

Nel dopoguerra, Teresa è stata inserita tra le donne partigiane uccise nel periodo resistenziale. Ma su tempi e modi, vi sono versioni discordanti.

Una prima versione la indica come appartenente alla XIX Brigata Garibaldi – Divisione Piemonte Libertà, dal 1° novembre 1943 al dicembre 1944, con incarichi nel servizio informazioni e staffetta. È stata «arrestata nell’agosto 1944 [e] veniva portata in Via Asti [sede dell’UPI, N.d.A.] e colà detenuta fino al 1° dicembre 1944; rimessa in libertà, appena giungeva sotto il portone di casa sua, in via Nicola Fabrizi, veniva barbaramente fucilata» (Consiglio Regionale del Piemonte, Il contributo delle donne alla lotta di liberazione, 6 aprile 1974).

Una seconda versione afferma che «Giunta a Torino nel settembre 1941 proveniente da Lanzo Torinese, si stabilì con la famiglia in via Nicola Fabrizi 45. Partigiana della 3ª brigata Sap autonoma arrestata nell’agosto 1944 e condotta in via Asti, venne fucilata a Cafasse il 1° dicembre 1944» (Che il silenzio non sia silenzio, 2003).

Da notare che Teresa Bruneri è ricordata da una lapide posta in via Nicola Fabrizi 45. E su questa lapide si sono concentrate le attenzioni dell’Associazione “Memento”.

“Memento” è una Associazione di volontariato impegnata nella tutela, promozione, valorizzazione e salvaguardia del patrimonio monumentale, storico e ideale rappresentato dai Sacrari, dai cimiteri militari, dai monumenti e dai musei che raccolgono i corpi, i cimeli, i ricordi e i simboli di quanti combatterono per l’Onore dell’Italia, con particolare attenzione a quei luoghi di Memoria patria che sono oggi maggiormente abbandonati e negletti.

Dalle indagini condotte dai giovani di “Memento”, insieme al gruppo di ricerca storica “l’Altra Verità”, sono emersi documenti che dimostrano in maniera inequivocabile che Teresa Bruneri è stata uccisa da partigiani. Dopo l’uccisione di Teresa è stata fatte denuncia presso il Commissariato “San Donato”. La donna viene sepolta al Cimitero Monumentale di Torino, il 4 dicembre 1944, e le indagini della polizia non portano a risultati concreti per identificare i suoi assassini.

La donna è stata uccisa perché accusata di avere rapporti con l’UPI (Ufficio Politico Investigativo) della Guardia Nazionale Repubblicana: è stata «giustiziata dai GAP nella propria abitazione in via Nicola Fabrizi una spia nazifascista che aveva denunciato il marito e altri partigiani» come riportato dal “Bollettino Generale della guerra partigiana in Piemonte” nel dicembre 1944.

Questa la versione dell’Associazione “Memento”.

Carlo D’Allio, responsabile dell’associazione, spiega: «È da tempo che ci occupiamo di questa storia, già nel 2016 il nostro interesse per la lapide in questione destò scalpore. Il motivo?

La suddetta lapide è intitolata alla partigiana Bruneri Maria Teresa in Comelli, uccisa dai fascisti nel Dicembre 1944. Almeno così dice l’ANPI.

La verità, però, è ben diversa.

I nostri ricercatori hanno trovato documenti che dimostrano in maniera inequivocabile che la mano che strappò alla vita la Bruneri non fu fascista, ma proprio partigiana!

Abbiamo quindi deciso di rivolgerci direttamente al Comune di Torino per chiedere la rettifica dell’incisione riportata sulla lapide. Affinché sia la Verità ad essere scolpita sul marmo intitolato alla giovane, e non una menzogna creata ad arte per coprire l’ennesima azione criminale partigiana insabbiata nel dopoguerra».

La richiesta dell’Associazione “Memento” è pervenuta al Comune di Torino lunedì 8 gennaio, diretta alla Sindaca e all’assessora Paola Pisano, che detiene la delega alla toponomastica.

In attesa dell’evolversi degli avvenimenti, mi sia consentito come ricercatore, di manifestare un certo stupore per le dichiarazioni dell’assessora Pisano: «Gli uffici specializzati verificheranno la fondatezza della segnalazione … parlerò con quelli della toponomastica … ed a quel punto ne discuteremo».

Ci saremmo aspettati una tempestiva e certificata spiegazione dal Comune, supportato da enti che dispongono di personale, strutture, finanziamenti che dovrebbero garantire documenti incontrovertibili sulle lapidi apposte. Ma così non è, e non solo per la lapide, e la storia, di Teresa Bruneri.

Ma questa è un’altra storia, sulla quale torneremo. 

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Articolo pubblicato il 29/01/2018