Brand dipendenti da un algoritmo?

Un interrogativo non da poco

Con l’approssimarsi dell’appuntamento elettorale del 4 marzo, le forze politiche corrono ai ripari contro le “fake news”. Una seria preoccupazione, se si tiene conto della quantità di italiani che si informano tramite i social e come questi ultimi, specie Facebook, siano l’ambiente ideale in cui farle proliferare.

Con un post dal titolo “Social media e democrazia” l’azienda di Mark Zuckerberg, che vanta 2 miliardi di utenti, fa un’autovalutazione molto critica sugli effetti della propria piattaforma sulla democrazia americana. “Le persone usano Facebook anche per parlare di politica, la nostra piattaforma ha assunto utilizzi inattesi con ripercussioni sulla società che non avevamo previsto. Nel 2016, noi di Facebook siamo stati troppo lenti nel riconoscere l’attività di alcuni cattivi soggetti che hanno abusato della piattaforma. Stiamo lavorando diligentemente per neutralizzare questi rischi”.

La soluzione, per il momento, consta nel recente annuncio di Zuckerberg: vedremo “meno contenuti pubblici – tra cui notizie, video e post dei brand”.

Un potenziale danno per aziende, e in generale brand, che ormai hanno fatto di Facebook il cuore dei loro affari. Resta, a nostro avviso, il rischio di un circolo vizioso, dato la massiccia e ormai necessaria concentrazione dell’informazione aziendale su questo social, lasciandosi al contempo in balia di algoritmi e arbitrari modifiche dell’esperienza dell’utente.

Da ‘scardinare’, forse, a forza di sponsorizzazioni?

L.V.C.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 24/01/2018