Il Tallero di Maria Teresa; Storia, transazioni, usi e costumi (Seconda parte)

Segue la prima parte, da noi pubblicata domenica 7 gennaio alle ore 11.00.

Con l’apertura del Canale di Suez (1869), l’asse degli scambi commerciali passa dall’Oceano Atlantico a quello Indiano, e la moneta si espanse nel Corno d’Africa, nel Tanganica e presso Zanzibar. Passa anche all’Estremo Oriente giungendo agli scali di Macao e alle isole di Giava e dell’arcipelago indonesiano (le Indie Olandesi).

L’enorme circolazione del Tallero fece si che esso fu coniato veramente tanto, si stimano addirittura oltre 350 milioni di riconii di provenienza extra-imperiale e 500 milioni di Talleri dell’impero tedesco.

E’ facilmente immaginabile che nel circolare in territori completamente diversi e distanti, da quelli previsti in origine, le monete di Maria Teresa avessero molte contromarche. Se ne contano veramente tante; di seguito elencheremo solo le principali.

Dal 1811 le contromarche rendono valido il Tallero, rispettivamente, nelle Azzorre e Sao Tom e Principe. Nel 1854 il Tallero reso valido a Madera e nel 1887 nell’Africa portoghese in generale e a Macao, con la contromarca GP, governo portoghese.

Nel 1888 e 1895 con la punzonatura rappresentata lo si conferma in Mozambico. Sempre nel 1895 i Portoghesi lo rendono valido a Loreno Marquez. Nel 1889 una contromarca araba rendeva valido il Tallero a Monaquar e Quaiti. Negli ultimi anni del XIX secolo frequenti sono le contromarche apposte sui Talleri per l’area di Gibuti, Obok (alcune coniazioni della Grosse Madame avvennero direttamente nella madrepatria Francia presso la zecca di Parigi e Marsiglia, in quest’ultima furono apposte le contromarche franco-africane) a Zanzibar e sulla costa prospiciente fu apposta la contromarca raffigurante una scimitarra e la scritta araba Pemba.

La contromarca per Giava e le Indie Olandesi fu un circolo con scritta in caratteri malaiani Java. Nel 1906 e nel 1926 furono apposti simboli nel Neged; tra il 1916 e il 1923 altre contromarche furono rappresentate sui Talleri in Hedjaz .

Nel 1946 nello Yemen si diffusero i Grandi Rial (?riyal kabir?), cioé Talleri contromarcati da tradursi in tal modo “Non esiste nessuna divinità al di fuori di Dio, Maometto il suo profeta.

Interessante il fenomeno che caratterizza le regioni con popolazione musulmana, dove era obbligo, secondo precetto del Corano, non poter raffigurare nessuna immagine concreta, nessun essere vivente (in realtà la storia numismatica ci ha insegnato che spesso il danaro é più forte della religione), per cui le contromarche sui Talleri di Maria Teresa sono generalmente localizzate nell’area del busto dell’imperatrice, con l’intento di annullarne l’icona umana e peccaminosa. In effetti poichè anche i Talleri non contromarcati erano correntemente accettati, le massime autorità politiche e religiose islamiche, spalleggiate da una ondata di estremismo religioso che rinasceva e che richiamava al “Jihad” contro gli stranieri speculatori, decisero di bloccare le richieste di nuovi esemplari della moneta, sperando andasse nel dimenticatoio. Il tentativo fu vano, tanto che in alcune zone delle coste oceaniche africane, arabiche ed indiane i Talleri sono stati utilizzati fino agli anni ‘80 (secondo alcuni in circolazione ancora oggi!).

Sicuramente queste monete non erano le uniche utilizzate: durante la storia coloniale si confrontarono sui mercati con le Corone inglesi, gli Scudi francesi, italiani, belgi ed olandesi, ma certamente i Talleri ebbero la meglio.

Il successo del Tallero dell’imperatrice fu anche favorito da Venezia, che intratteneva commerci con tutto il Levante propagandone sempre più l’uso.
In generale appare ovvio che l’Italia non potè essere immune da questa circolazione, addirittura ne riconi ed imiti gli esemplari austriaci.

Prima fu Firenze, che con il Granduca Ferdinando III di Lorena, tra il 1814 ed il 1818 coniò Talleri con diametro leggermente inferiore alla tipologia originale (41 mm invece che 42,50 mm).

Grazie ad un lavoro di Cesare Johnson, si apprende che la zecca di Milano tra il 1820 ed il 1846 (probabilmente in maniera non ufficiale anche prima della datazione indicata, 1815-1820 ), con stampi e punzoni inviati direttamente da Vienna , coniò numerosi quantitativi di Talleri di Maria Teresa.

Anche Genova coniò dei Talleri dell’imperatrice, e ancor di più ne furono coniati a Venezia.

La città lagunare realizza le battiture dal 1815 al 1845, e dal 1849 al 1866 .

Nel biennio 1848-1849 il Governo Provvisorio autorizzò la coniazione di Talleri per l’ acquisto di armi e viveri durante l’assedio austriaco. La differenza rispetto agli originali sono le aggiunte al dritto delle legende: “ZECC.VE./ASS.SETT.1848” e “VEN.ASS.//1848/ZEC.VEN.AR.//DE?CIT” (cioé rispettivamente, “Zecca di Venezia, Assedio Settembre 1848” e “Venezia Assediata 1848, Zecca di Venezia argento dei cittadini”). In quel periodo di grande miseria, scriveva il sior Antonio Riola “ ma quella pettoruta di Maria Teresa, e tenuta come la più cara cosa che, dopo la patria non possa avere al mondo “.

Una nota di merito per Venezia, che si suppone, a ragione, che il Tallero di Maria Teresa sia nato da una imitazione di un vecchio tipo della Serenissima (a sua volta coniato imitando lo stile di altri Talleri austriaci precedenti). Infatti nel 1759 con Doge Francesco Loredan (e poi anche sotto i successivi dogati di Marco Foscarini, Alvise Mocenigo IV, Paolo Renier, Ludovico Manin) si batté un Tallero ed un mezzo Tallero con al dritto un busto muliebre ed al rovescio il leone alato di San Marco con il Vangelo . Le legende sono: D/ RESPUBLICA VENETA; al rovescio il nome del doge. Il successo fu molto limitato, nelle terre di Levante, se comparato con i Talleri di Maria Teresa (che per tal motivo furono conosciuti anche come “Levantine Taler” o “Levante Taler”). Causa del flop fu parzialmente anche l’aspetto estetico, meno raffinato e nitido nelle monete venete, coniate al martello, rispetto ai Talleri austriaci coniati al torchio.

La più abbondante coniazione di Talleri di Maria Teresa in suolo italiano avvenne per Nell’Urbe. A Roma, dopo una convenzione tra i governi italiano e austriaco (9 Luglio 1935), si garantì alla zecca il diritto di battitura di questa moneta per 25 anni (anche attraverso l’appoggio di Hitler, essendo gli Italiani memori dei dinieghi occorsi in precedenza 1887, 1918, 1922). Solo negli anni compresi tra il 1935 ed il 1939 furono coniati quasi 20 milioni di esemplari .

Servirono per finanziare e per avere pezzi spendibili nel territorio che sarebbe divenuto l’Africa Orientale Italiana. Questo perchè gli Africani erano avvezzi a tale moneta già da molti decenni , sostituendo quasi completamente, lo scambio pre-monetale di barrette di sale lunghe 5 cm e dette amol.

Il governo italiano, già nel 1918, ordinò l’esecuzione di un Tallero per la colonia Eritrea imitante quello di Maria Teresa (in realtà si trattò di una coniazione libera, per la maggior parte su ordinazione di privati), ma fu un grosso insuccesso, poiché il busto dell’Italia al dritto non recava un segno di riconoscimento fondamentale per gli indigeni: la spilla che sorreggeva il manto di Maria Teresa (oppure qualsiasi altra sporgenza rispetto ai restanti rilievi), indice dello stato di consunzione della moneta. Il test-saggio fu impossibile da applicarsi ai Talleri di Vittorio Emanuele III, ciò ne determinerà la sospensione della coniazione.

La delusione del 1918 non era stata unica, infatti anche nel 1891 e nel 1896, un precedente tentativo di introdurre un Tallero italiano nonchè i sottomultipli 4/10, 2/10, 1/10) sotto Umberto I per l’Eritrea risultò molto scarso. Di seguito sono descritti i due Talleri italiani di Umberto I e Vittorio Emanuele III.

Il primo, “ busto coronato del re Umberto I; UMBERTO I ,RE D’ ITALIA . 1891 . R/ aquila coronata con scudo sabaudo che sorregge collare della SS. Annunziata (il rovescio copia le 5 Doppie emesse da Vittorio Amedeo III re di Sardegna nel 1786, ; * COLONIA ERITREA * // * TALLERO * .

Il Tallero di Vittorio Emanuele III : busto muliebre simboleggiante la madre Italia; * REGNUM ITALICUM * 1918 ;R/ aquila coronata e scudo sabaudo; AD ? “NEGOT . ?ERYTHR ?.? COMMOD ?. ?ARG ?. ?SIGN .? .

Il Tallero di convenzione coniato a Roma aveva caratteristiche metriche e di titolo leggermente diverse dal Tallero originale di Maria Teresa: diametro pari a 40,00 mm invece che 40,25 mm, titolo di 835 millesimi ( 835/00) di argento invece che 833/00. Altra piccola differenza, rispetto al tipo austriaco, che il Tallero romano ha la legenda sul contorno maggiormente in rilievo.

La coniazione nella zecca di Roma, proseguì fino al 1950, ed i punzoni furono restituiti alla zecca di Vienna nel 1961. I Talleri dell’imperatrice furono denominati in Etiopia ed in Somalia “Talaris” o “Buter”, Birr” Ber, Piastra.

I sottomultipli per tali monete nell’Africa Orientale erano: Gerch o “Chersch” (prima 1/20 poi 1/16 di Tallero), Tumun (? di Tallero), Alad ( Tallero). Addirittura l’imperatrice era appaiata dagli indigeni alla antica e mitologica Regina di Saba (il Tallero era soprannominato anche ?Woman Dollar?).

Tra le due guerre mondiali e durante gli anni dell’ultima Grande Guerra, la battitura di Talleri avvenne copiosa anche presso zecche di Stati che erano nemici dell’asse italo-tedesco: Londra, Birmingham, Leningrado, Parigi, Marsiglia, Lione, Bruxelles, Bombay, Calcutta. Le coniazioni erano avviate con l’intento di poter finanziare le truppe del Negus contro gli Italiani oppure per garantire liquidità alle truppe Alleate di stanza in Africa.

A guerra conclusa, altri Talleri furono realizzati da parte degli inglesi con lo scopo di ingraziarsi le etnie africane del Corno. La circolazione massiccia di Talleri ebbe il ruolo di humus per la coniazione del Tallero etiope , nominale portante del nuovo sistema monetario dell’Etiopia, per volontà del Negus, nel 1945.

Come si è potuto leggere, la storia del Tallero di Maria Teresa rappresenta la storia dell’uomo industrializzato e colonizzatore. Questa bella e grande moneta è stata simbolo di ricchezza e prosperità per secoli e, sia nel bene che nel male, ha rappresentato il mondo europeo quasi in ogni angolo del globo. Lo scopo di questa breve ricerca non è quello di dare una riflessione di pura storiografia ma, di rapportare il fenomeno del vento colonialista con il mezzo monetale.

A tal fine crediamo sia utile fornire degli esempi di transazioni nonchè di usi e costumi legati all’uso dei Talleri di Maria Teresa (si ricorda che le analisi dei prezzi in un mercato sono sempre soggetti alla “legge della domanda e della offerta”, quindi sono prezzi con semplice valenza esemplificativa e sono da considerarsi validi esclusivamente nel contesto descritto).

Anzitutto il mercato degli esseri umani; invero il Tallero fu una delle principali monete del commercio schiavista: il prezzo di uno schiavo, in loco (Corno d’Africa), era infatti oscillante tra i 12 ed i 14 Talleri a seconda del vigore fisico dell’uomo da comperare.

Abram Wakema, prendendo informazioni dal New York Gazette and Weekly Mercury, February 13, 1775, scrive che il prezziario degli schiavi presso l’agenzia del broker newyorkese William Tongue era il seguente

  • Un domestico nero di 22 anni che ha avuto il vaiolo, 355,55 Talleri;

  • Un domestico nero di 40 anni circa, 222,22 Talleri;

  • Un domestico nero di 30 anni, 222,22 Talleri;

  • Un nero di 27 anni buon contadino, 400 Talleri;

  • Un nero di 27 anni discreto cuoco, buon giardiniere ed esperto di materie domestiche, 444,44 Talleri;

  • Un nero di 16 anni, 400 Talleri;

  • Un domestico nero di 30 anni, con un figlio di 5 anni; 266,66 o 355,55 Talleri;

  • Un nero di 22 anni, utile in ogni attivit? domestica; 355,55 Talleri.

N.B. : I prezzi erano in origine espressi in (sterling), per la conversione si utilizzato Tables of sterling exchange: in which are shown the value of a sterling bill for federal money di George Oates (cfr. bibliografia).

(Continua)

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Articolo pubblicato il 11/01/2018