Accordare l'Universo

Il diapason di Hubble come schema di classificazione delle galassie

L’arrivo del 2018 è stato un po’ ovunque salutato dalle note dei vari concerti che hanno avuto luogo in Europa e nel mondo. Centinaia e centinaia di strumenti, riuniti in sontuose orchestre oppure in intimi gruppi cameristici, si sono esibiti dando prova dei repertori più vari. Accomunati, come ovvio, dal lessico e dal fraseggio della Musica, il linguaggio universale per eccellenza.

Tuttavia, affinché qualunque esibizione possa ottenere successo, gli strumenti musicali (tra cui anche la voce umana) necessitano preliminarmente di essere accordati, in valore assoluto e, poi, fra loro. Per farlo i concertisti si avvalgono del diapason, una semplice bacchetta d’acciaio costituita da un’asta e da due forcelle (in gergo tecnico, rebbi) che, se percosse, generano la nota standard  su cui tutti gli strumenti si intonano.

Il pensiero dei tanti diapason coinvolti nei festeggiamenti per il Capodanno, ha suggerito una breve e inedita divagazione astronomica. Nel 1936, l’eminente scienziato Edwin Hubble (1889-1953) si servì infatti del diapason come schema per “accordare” molte delle conoscenze sulle galassie. Ne derivò uno studio, pubblicato all’interno dell’opera Il regno delle Nebulose, in cui, appunto, venne introdotto lo schema di classificazione a diapason.

Come si ricava dall’immagine in alto, lungo l’asta del diapason trovano posto le galassie ellittiche, caratterizzate da forma più o meno ovale e da una certa luminosità diffusa. Esse ospitano stelle in maggioranza vecchie, con massa contenuta e colore tendente al rosso. L’ellitticità, ovvero il grado di schiacciamento, aumenta spostandosi nel diagramma da sinistra verso destra. A sinistra le galassie ellittiche di tipo E0 sono quasi sferiche mentre all’estremità destra dell’asta, in prossimità del punto di biforcazione, le galassie ellittiche di tipo E6   risultano decisamente schiacciate e oblunghe.
In assoluto, le galassie più luminose che si conoscano nell’Universo appartengono proprio alla classe delle galassie ellittiche. Inoltre, secondo la statistica formulata alcuni decenni più tardi dall’astrofisico Gérard de Vaucouleurs (1918-1995), le ellittiche coprono circa il 13% del panorama galattico complessivo.

In corrispondenza del punto di biforcazione del diapason, Hubble collocò le galassie lenticolari. In esse si riconosce la presenza di un corpo luminoso centrale, del tutto simile alle ellittiche per quanto concerne la distribuzione di luminosità, circondato da un disco appiattito in cui la luce digrada più dolcemente procedendo verso i bordi. Il corpo centrale, chiamato anche sferoide, contiene generalmente stelle antiche (c.d. di Popolazione II) mentre il disco (detto altresì inviluppo) è ricco di stelle giovani (di Popolazione I). L’apparente contraddizione cronologica nella sequenza dei numeri romani (stelle di Popolazione I più recenti degli astri di Popolazione II) rappresenta una delle numerosissime bizzarrie e stranezze della terminologia astronomica. Le galassie lenticolari, sempre secondo la già menzionata classificazione di de Vaucouleurs, costituiscono circa il 21.5% del totale.

Venendo alle forcelle del diapason, su di esse trovano posto le galassie a spirale, inequivocabilmente annoverabili fra gli oggetti celesti di maggior fascino e beltà. Anche le spirali constano di un corpo centrale e di un disco appiattito, il quale però si inviluppa nei caratteristici bracci di spirale. In base alla presenza o meno di una struttura a barra all’interno del rigonfiamento centrale, Hubble le diversificò in spirali normali (lungo il ramo superiore del diapason) e spirali barrate (lungo quello inferiore). Inoltre, procedendo lungo le forcelle da sinistra verso destra, si incontrano spirali via via caratterizzate da una minore luminosità del corpo centrale rispetto al disco, da bracci più aperti e da una più elevata concentrazione di stelle giovani, blu e massive. In proposito, merita qui ricordare come i bracci delle galassie a spirale siano fra i siti astrofisici caratterizzati da più alto tasso di formazione stellare: in pratica, queste galassie sono equiparabili a vere e proprie nursery celesti. Stante la statistica elaborata nel 1963 da de Vaucouleurs, le spirali (equamente ripartite fra normali e barrate) costituiscono circa il 60% delle galassie esistenti.

Infine, all’esterno del diapason Hubble collocò tutte quelle galassie definite irregolari (il restante 5.5%), in quanto manifestanti caratteristiche non riconducibili ad alcuna tipologia particolare.

Lo schema, peraltro ripreso e integrato nel 1981 dallo stesso de Vaucouleurs, ebbe l’indiscusso merito di ordinare molte delle evidenze osservative note al tempo, pur introducendovi anche un ulteriore significato di tipo evolutivo: secondo Hubble infatti, le galassie ellittiche si sarebbero col tempo tramutate prima in lenticolari e poi in spirali. Questa attribuzione venne tuttavia smentita da studi e osservazioni successive.

Il diapason comunemente utilizzato per accordare gli strumenti musicali produce la nota standard (La) compiendo ben 440 vibrazioni al secondo. Ebbene, certo non esistono 440 tipologie intrinsecamente diverse di galassie… ma, anche solo con tre o quattro rappresentanti, lo stupore e la meraviglia che esse suscitano in noi sono, praticamente, infinite.

Che lo spettacolo abbia inizio, anzi, continui!

 

 

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Articolo pubblicato il 02/01/2018