28 dicembre 1806: Giacomo Plezza nasce a Cergnago, in Lomellina

Imprenditore agricolo avveduto, senatore, ministro dell’interno del regno sardo dal 27 luglio 1848 al 18 agosto 1848

Giacomo Plezza nasce il 28 dicembre 1806 a Cergnago, oggi in provincia di Pavia, nella Lomellina, unita al regno sardo fin dal 1743 e, con disposizioni delle regie patenti del 30 ottobre 1847 n. 648, compresa nella Divisione amministrativa di Novara come provincia di Mortara (Lomellina).

Di Giacomo Plezza è soprattutto noto l’impegno politico nel momento risorgimentale del 1848, del periodo precedente si hanno scarse informazioni concentrate sul fatto che si è dedicato come imprenditore agricolo alla coltura delle proprietà terriere della famiglia a Cergnago. La Lomellina è la zona di eccellenza del regno sardo per l’agricoltura e la zootecnia. Plezza ha impiegato il denaro guadagnato in modo tale da conseguire fama di uomo savio, lungimirante e di alti sentimenti.

Desideroso di impegnarsi nella vita politica del regno, ha svolto il suo iniziale tirocinio politico nella Associazione agraria. Come presidente del Comizio della Lomellina, nel 1847, quando l’Associazione agraria apre la via alle riforme politiche, Plezza entra in confidenza con i personaggi più impegnati nel rinnovamento politico dello Stato.

È nominato senatore con decreto del 3 aprile 1848: è dei cinquantotto primi nominati a far parte del Senato del regno, la camera di nomina regia, l’equivalente della camera dei lord inglese, prevista dallo Statuto albertino.

Questa nomina denota una particolare considerazione da parte del re, visto che Plezza è uno dei due neo senatori provvisti soltanto del titolo di avvocato e che non ricoprivano funzioni o cariche di particolare rilievo. È evidentemente tenuto in grande considerazione per la sua buona reputazione ed anche, secondo i criteri del tempo, per il suo “censo pingue”.

Intorno al senatore Plezza, che promuove a viso aperto il processo risorgimentale, si consolida la fama di politico desideroso di un profondo rinnovamento democratico dello Stato, in modo da renderlo paladino della libertà e dell’indipendenza.

Quando il ministero di Cesare Balbo, il primo ministero costituzionale, cade il 27 luglio 1848 in seguito alla sconfitta dei Piemontesi a Custoza (25 luglio 1848) e si forma un nuovo ministero col milanese Gabrio Casati come presidente del consiglio dei ministri, Giacomo Plezza viene chiamato a reggere il ministero dell’interno, nella convinzione che anteporrà a tutto il sentimento dell’italianità.

Il ministero Casati è un governo breve: dura soltanto dal 27 luglio 1848 al 18 agosto 1848 e deve affrontare il momento critico legato alle sconfitte militari piemontesi in Lombardia e, soprattutto, all’armistizio Salasco (Milano, 9 agosto 1848), che ne provoca la caduta.

Il nuovo ministero Casati si presenta alla Camera dei deputati il 28 luglio. Il giorno precedente, all’annuncio della sconfitta militare, si sono formati assembramenti nelle piazze centrali di Torino e una folla ha manifestato davanti a Palazzo Carignano per chiedere la prosecuzione della guerra.

Il 29 luglio, la Camera concede i pieni poteri al governo, mentre nella piazza Carignano si teneva una nuova manifestazione per la continuazione della guerra. Si levano invettive contro i deputati e gli animi si sono calmati soltanto per la presenza di Vincenzo Gioberti.

Il 1° agosto, Plezza invia una sua circolare ai parroci per incitarli a stimolare il patriottismo e lo spirito di resistenza dei cittadini e con una sua seconda circolare sollecita gli intendenti generali (i futuri prefetti) affinché provvedano con sollecitudine alla esecuzione del decreto di mobilitazione della Guardia Nazionale.

A Torino si vive in un clima di concitazione, di inquietudine e di scarsa fiducia nelle istituzioni: il 3 agosto, sul giornale Il Risorgimento, appaiono critiche e lamentele contro la polizia. Per le vie di Torino sono frequenti risse e violenze notturne e rumorosi schiamazzi che la polizia, troppo negligente, non sa né prevenire né punire. Il Risorgimento aggiunge che la Guardia Nazionale è più efficiente nei suoi interventi ma viene ostacolata nel suo operare dalla stessa polizia: se la Guardia Nazionale arresta qualche perturbatore, la polizia si affretta a rimetterlo in libertà. È sempre più viva la stampa clandestina, in questo momento di generale ansietà.

Lo stesso giorno, a Torino viene pubblicato un decreto luogotenenziale per il mantenimento della tranquillità e dell’ordine pubblico: sono vietati gli assembramenti dopo le ore dieci della sera ed è vietato vendere e affiggere lungo le vie proclami, bollettini, stampe e qualsiasi altro scritto senza la licenza scritta delle autorità di polizia della provincia.

Con Decreto del Luogotenente Eugenio di Savoia Carignano n. 763 del 4 agosto 1848, si istituisce a Torino una Commissione di Sicurezza Pubblica, di cui è Presidente il marchese Roberto d’Azeglio e che annovera come primo componente il cavalier Dionigi Pinelli, un personaggio che sarebbe risultato basilare per l’evoluzione democratica della polizia del regno sardo.

Intanto, il 4 agosto al termine della battaglia di Milano, Carlo Alberto chiede un armistizio al maresciallo Radetzky e il 5 agosto 1848, a San Donato Milanese, viene firmata la Convenzione stipulata fra S.M. Sarda e il maresciallo Radetzky. Le condizioni concordate sono le seguenti: l’esercito di Carlo Alberto si ritira al di là del Ticino e gli Austriaci rispetteranno vita e averi dei Milanesi compromessi. Quando a Milano si diffondono le voci della capitolazione concordata, si scatena una furibonda protesta popolare che non risparmia neppure Carlo Alberto e vi sono tumulti a Palazzo Greppi, dove il re ha preso dimora. Il 9 agosto 1848 è firmato l’armistizio Salasco che mette fine alla prima campagna della prima guerra d’indipendenza.

A Torino, nel volgere di una settimana, paiono venire meno le cause che hanno portato alla istituzione della Commissione straordinaria di Sicurezza Pubblica, abolita con decreto dell’11 agosto 1848. Lo stesso giorno il ministero Casati da le dimissioni e, pochi giorni dopo, è sostituito dal ministero noto come “Alfieri-Pinelli”, con il cavalier Dionigi Pinelli come ministro dell’interno.

Nella sua lunga attività politica, Plezza non ha più occasione di occuparsi del ministero dell’interno. Muore ad Arona (Novara) il 4 settembre 1893.

Bibliografia. - Milo Julini e Paolo Valer, La polizia di Torino capitale dal 1848, con la collaborazione di Rossana Morra; prefazione di Aldo Faraoni, Torino, Daniela Piazza, 2014.

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Articolo pubblicato il 28/12/2017