La “Torino noir” vista e narrata da Milo Julini

Osterie del Borgo Dora…

La nostra prima storia ambientata nel Borgo Dora inizia verso le 9 della sera di sabato 11 gennaio 1845, nell’osteria all’insegna dei “Tre gelsomini” tenuta dall’oste Giovanni Vergnano, di 30 anni, torinese.

Cosa succeda esattamente quella sera nell’osteria dei “Tre gelsomini” non lo sappiamo, quello che è accertato – perché la Giustizia lo ha messo per iscritto – è il fatto che Vergnano si è messo a litigare con un certo Giovanni Cesano (un avventore insolvente, molesto, ubriaco e rissoso, chissà…) e poi gli ha tirato un forte calcio e lo ha colpito alla parte sinistra del torace dove ha provocato una forte tumefazione.

Una visita medica ha stabilito che il calcio di Vergnano ha addirittura fratturato una costa a Cesano ma che questa lesione può guarire perfettamente in circa quaranta giorni.

Lo scontro fra l’oste e la sua vittima approda addirittura al Senato di Piemonte, il massimo tribunale del Regno Sardo.

Conosciamo questo episodio proprio grazie alla sentenza senatoria del 4 aprile 1845 che, dopo aver udito la relazione e le conclusioni dell’accusa e della difesa, assolve il detenuto Giovanni Vergnano e ne ordina il rilascio dalla prigione.

Trascorrono venticinque anni e viene proclamato il Regno d’Italia.

Nella sera di domenica 27 febbraio 1870, siamo sempre in Borgo Dora e precisamente nell’osteria del Leon d’Oro, al n. 35 di via Borgo Dora, come indicano con precisione i documenti giudiziari.

In questa osteria, Luigi Malandrino, meccanico di 26 anni, nato a Rivoli e abitante a Torino, si mette a litigare con Giuseppe Ferrero detto Baril.

A Torino si sta festeggiando il Carnevale, un Carnevale che passerà alla storia per il Bogorama, imponente padiglione costruito in piazza Castello, davanti alla facciata di Palazzo Madama rivolta verso via Po. La facciata mostra una voluminosa testa di sfinge, dipinta con la bocca aperta, che dà accesso alla sala dove gli spettatori possono osservare i panorami di un favoloso viaggio dalle Alpi all’Egitto con accompagnamento di musica e commento degli artisti organizzatori, soci del Circolo degli Artisti.

Evidentemente, gli avventori dell’osteria del Leon d’Oro non sono sensibili a queste performance artistiche e preferiscono santificare anche la domenica carnevalesca nel modo classico degli operai torinesi: bevendo vino, ubriacandosi e poi litigando, proprio come è successo a Luigi Malandrino e a Giuseppe Ferrero detto Baril.

Più tardi, quando Luigi Malandrino esce dall’osteria, in compagnia del fratello Domenico, macellaio di 23 anni abitante a Torino, vede che Baril gli lancia una pietra. A questo punto i due fratelli Malandrino, tutti e due armati di coltello, si lanciano su Baril, lo colpiscono all’addome poi si allontanano.

Baril ha ricevuto una ferita nella regione addominale anteriore sinistra, particolarmente grave perché penetrante: ha lesionato in tre punti un’ansa dell’intestino tenue e provoca una grave peritonite che porta Baril a morte, il 1° marzo 1870.

I fratelli Malandrino sono arrestati il 24 marzo successivo.

In agosto vengono processati dalla Corte d’Assise di Torino, accusati di ferimento volontario seguito da morte di Giuseppe Ferrero detto Baril.

Il verdetto dei giurati, con una formula già riferita più volte, ritiene che i due fratelli siano colpevoli di ferimento, commesso senza che potessero prevederne le conseguenze, nell’impeto dell’ira, in seguito a provocazione grave, e concede le attenuanti.

Con sentenza del 20 agosto 1870, la Corte d’Assise di Torino condanna i fratelli Malandrino ad un anno di carcere da calcolare dal giorno del loro arresto, ad indennizzare gli eredi della loro vittima e alle spese processuali.

Sono storie di ordinaria ubriachezza festiva, certo dolorose per le famiglie delle vittime e anche per quelle degli accusati, che il Codice penale non considera particolarmente pericolose per la società come dimostrano le condanne piuttosto lievi di individui che hanno ucciso un loro simile. Senza addentrarci in considerazioni sullo spirito dei Codici penali e sul punto di vista dei giudici togati e dei giurati delle varie epoche, abbiamo ricordato queste vicende perché evocano luoghi e personaggi del Borgo Dora del passato.

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Articolo pubblicato il 23/12/2017