Autonomia e(') responsabilità: avvicinare il governo ai cittadini (e viceversa)

Ripubblichiamo il contributo del Direttore di 2006PIU’ Magazine, Marco Margrita, per l’ultimo numero autunno 2017

"Se Notting Hill era il cuore dell'universo, e Pump Street era il cuore di Notting Hill, questo era il cuore di Pump Street" (G.K. Chesterton - "Il Napoleone di Notting Hill")

 

I referendum in Lombardia e Veneto, in modo più hard e con implicazioni ben diverse il caso catalano, hanno pesantemente riportato al centro del dibattito nazionale e continentale il tema dell'autonomia delle "piccole patrie" nell'ambito della "nostra patria Europa".

Non c'è, infatti, almeno dal nostro punto di vista, una contraddizione tra europeismo e volontà di avvicinare il governo ai cittadini (e viceversa). Luigi Sturzo, era il 1951, disse che “sarebbe inconcepibile un’Europa democratica e federata, se non vi fosse l’articolazione di una vita municipale autonoma, tanto più sinceramente federale quanto più intimamente autonoma. L’autonomia che si rivendica deriva dal senso di libertà che è coscienza dei propri diritti e dei propri doveri, che è autolimitazione disciplinata e senso di responsabilità”. Parole che potremmo definire profetiche, pur consapevoli che il termine è molto inflazionato.

Autonomia, rettamente intesa, non significa separazione; può essere, semmai, uno stimolo e un aumento di responsabilità verso un’integrazione più forte e attenta alle caratteristiche di ogni contesto e di ciascuna realtà.

Accettare la sfida dell'autonomia responsabile, così come hanno fatto con una “scelta di popolo” lombardi e veneti o come vorrebbe con una trattativa con in Governo l'Emilia Romagna, significa anche, come ha ben chiarito Luca Antonini, “correggere le più evidenti degenerazioni del logoro assetto istituzionale italiano, che ormai da troppo tempo applica il principio autonomistico a prescindere da ogni considerazione su merito e responsabilità”.

Il professore, che è tra i maggiori studiosi italiani del federalismo, evidenzia, infatti, che “Continuare a trattare in modo rigorosamente omogeneo realtà regionali profondamente diverse quanto a consolidata capacità di attuare i valori costituzionali sul proprio territorio (basti pensare ai diritti sociali attinenti alla sanità) costruisce un assurdo istituzionale e genera una gigantesca dissipazione di risorse”.

Non è una questione di mera ingegneria istituzionale, è una faccenda che riguarda integralmente l’umano, essendo intrisa di libertà. Come scriveva il professor Fabio Alberto Roversi Monaco, in un saggio sul rapporto tra federalismo e sussidiarietà: “Esiste un nucleo nel concetto di federalismo, che lo collega alla sussidiarietà, che può essere individuato nella consapevolezza che non si tratta soltanto di una suddivisione del potere, ma anche di un richiamo al pluralismo e alla collettività. Ne consegue che qualsiasi definizione di federalismo, basato soltanto su un’opera di ingegneria costituzionale, non può considerarsi esaustiva, poiché non rappresenta sufficientemente il collegamento con i cittadini e con gruppi di cittadini. Il fatto è che deve esistere una sorta di affectio federalis della società (Groppi), senza il quale il federalismo diventa pura sovrastruttura”.

Si tratta, insomma, di proteggere i “caratteri federali della società”. La politica serve il bene comune solo quando valorizza e difende la libertà in atto nella società, l’associarsi e l’intraprendere della persona e delle comunità intermedie. Ci sembra non senza significato scriverlo su questo magazine, che è voce di una realtà associata di imprese e dei territori nei quali dipana la propria azione di proposta e di costruzione di mutualismo, azione che porta chiede un avvicinarsi delle Istituzioni alla concretezza dell’impegno per lo sviluppo.

Questo è il tempo, in crisi com’è “l’ideologia globalista”, per il protagonismo di novelli chestertoniani “Napoleone di Notting Hill”, che sanno che non si può amare e unire il mondo se non partendo da un radicato innamoramento nel luogo che si abita. E per la sua insopprimibile autonomia responsabile.

Marco Margrita

@mc_margrita

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Articolo pubblicato il 29/11/2017