Elezioni Siciliane: Il voto del puparo.

Scarsa partecipazione dei siciliani. Ha votato solamente il 46%

Per  molti, tra commentatori e politici, finalmente il momento delle elezioni per il rinnovo del parlamentino siculo è arrivato. Con motivazioni differenti, si è posta un’aspettativa a nostro avviso eccessiva sul presente momento elettorale, con lo sguardo fisso alle elezioni politiche del 2018, quasi che la Sicilia anticipi e detti la dritta per l’esito nazionale. Principio vero solo in parte.

Il M5S, dopo aver appoggiato il governo di Crocetta, uno dei più infelici del dopoguerra, ha sperato di balzare avanti e ipotecare già Palazzo Chigi.

Ma quant’acqua è passata dalle ultime elezioni politiche?  Virginia Raggi  sindaca di Roma e Chiara Appendino a Torino, due esponenti impresentabili, elette sotto il simbolo dei grillini, sono riuscite nel poco invidiabile primato di superare il punto più basso, mai raggiunto nella vita amministrativa delle due città. E questo risultato pesa.

Dalle parti del PD, ormai lacerato dopo il referendum istituzionale e dato per soccombente in Sicilia sin dalle previsioni, si è cercato di tastare la credibilità di Renzi o la necessità immediata di cambiare rotta e condottiero in vista della prossima primavera.

Anche nel centro destra, tra frecciate e dissociazioni, si dovrà constatare se la Lega in edizione nazionale, riesce in Sicilia ad assemblare successi, oscurando simboli e tematiche a difesa del Nord operoso del Paese.

In Forza Italia e più in generale nella coalizione di Centro destra, si peserà l’esito della discesa in campo di Berlusconi, al fine di determinare la futura leadership ed in pectore il candidato alla presidenza del Consiglio.

Ma, proprio dall’analisi certa del voto, degli eletti e degli scostamenti, si dovrà rientrare in pieno nella realtà siciliana, come fatto in parte indicativo, ma caratterizzato dall’impronta localistica.

L’opacità di non pochi candidati, l’influenza non simbolica di cosche e di un assistenzialismo peloso e deleterio, hanno contribuito a marcare pesantemente anche questo voto, ove la disaffezione dell’elettorato dalla politica e dai suoi condizionamenti, sono risultati evidenti.

Vittime e carnefici, chiamiamoli come vogliamo, ma tutti uniti ad assecondare un disegno che si ripete invariato in ogni consesso elettorale, pur con le variazioni determinate, da patti e concessioni.

La stessa e specifica autonomia siciliana, invocata con nobili intenti da altre parti, qui segna il punto più basso della resa dello Stato, non al principio di autonomia e di libertà, ma alla gestione di un potere corrotto. 70 anni di risultati, in rapporto agli stanziamenti ciclopici dei governi di ogni colore succedutisi a Roma come a Palermo, lo attestano.

Ed ora veniamo alle indicazioni emerse dal voto di domenica scorsa.

Va detto che molte delle previsioni ipotizzate nei giorni scorsi, si stanno confermando. Il centro destra risulta la coalizione potenzialmente vincente, seguito dal M5S che tiene, ma non sfonda, scongiurando, almeno per ora la conquista della maggioranza governativa.

Il Candidato del centro sinistra sta indietro a tutti, con gli scissionisti che invece scaldano i muscoli, guardando al prossimo rinnovo del Parlamento nazionale.

Ovviamente seguiranno analisi dettagliate e pare già iniziato il regolamento dei conti tra i grillini, ove le insofferenze verso il regime dell’incolto Di Maio, sono evidenti, come pure nel PD ove Renzi sarà sempre di più in difficoltà e sotto osservazione.

Per quando concerne il centro destra, oltre alla conferma delle previsioni, si delinea il risultato ampiamente positivo con la presidenza della regione ormai certa per Nello Musumeci, risultato il candidato più votato.

Ecco le percentuali definitive: Musumeci 39%, Cancellieri 35,6%, Micari 18,9%, Fava al 6,2%, Roberto La Rosa 0,7.

Nell’ambito del centrodestra, affermazione di FI (14%), Lega e FdI (8%), UDC (5,7%) oltre alle liste minori.

Mentre a Roma il laboratorio affinerà programmi e strategie in vista del 2018, i siciliani dovranno cimentarsi e peritarsi per cercare almeno d’invertire l’indecoroso percorso del passato.

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Articolo pubblicato il 06/11/2017