Si va in scena, fra teatro, amori e destino fatale

Andrea Biscàro ricorda l’attrice Emilie Högqvist, l’Aspasia svedese che trovò la morte a Torino

Fonte: Piemontèis.org

Questa è una storia recuperata dalle nebbie del tempo.

Inizia il 29 aprile del 1812 a Stoccolma (Svezia) dove nasce Emilie Sophie Högqvist.

Da tre anni regna Carlo XIII. Della suddita Emilie Sophie sappiamo che è figlia di Anders Högqvist (maggiordomo del conte Carl De Geer) e di Anna Beata Hedvall, cameriera. Ha due fratelli e due sorelle. La piccola Emilie, spinta dalla madre, segue lo stesso percorso artistico della sorella Hanna: attrice teatrale. La figura della madre appare ambigua, insegnando alla piccola Emilie ad essere gentile e disponibile nei confronti delle persone altolocate.

Nel 1821 entra alla Scuola di recitazione del Teatro drammatico Reale, partecipando anche al Teatro dei bambini del ballerino e coreografo Anders Selinder.

Dal 1826 al 1828 si esibisce in una compagnia teatrale itinerante. Al suo ritorno, viene accettata come allieva al Teatro Reale di Stoccolma e lì, nel 1828, fa il suo debutto per poi, due anni dopo, essere ingaggiata. La svolta professionale è legata ad una sostituzione: nel 1834 la grande attrice Sara Torsslow abbandona il Teatro assieme al consorte in seguito ad uno sciopero. Emilie coglie la palla al balzo, dopo che Charlotta Eriksson si rivela inadatta a sostituire un calibro come la Torsslow. Dove la Eriksson ha fallito, Emilie trionfa. Il pubblico è con lei e i guadagni aumentano sensibilmente. La sua fama surclassa tutte le attrici coeve, arrivando ad essere paragonata al soprano e attrice Henriette Widerberg (1796-1872). Emilie dimostra di essere particolarmente dotata nelle parti romantiche e comiche. Unico neo, una voce un po’ debole. È lei stessa ad ammetterlo: «ho una voce da gallina». La migliorerà, grazie agli insegnamenti dell’attrice francese Mademoiselle Mars (Anne Françoise Hyppolyte Boutet Salvetat, 1779-1847) durante un viaggio a Parigi nel 1836-‘37. Al suo ritorno sarà apprezzata per la grazia, il gusto e la voce carezzevole. Parigi fa quest’effetto. Merci, Mademoiselle Mars!

Le parti fioccano. In totale, saranno ben 125 i ruoli del suo repertorio!

Che altro, smessi i panni dell’attrice?

Tre relazioni importanti.

La prima, col diplomatico britannico John Bloomfield (1802-1879) che gli dà una figlia, Tekla, nell’ottobre del 1833.

La seconda, con l’uomo grazie al quale sarà ricordata come l’Aspasia svedese

Aspasia è passata alla storia per il suo amore con il politico ateniese Pericle. Originaria di Mileto, è considerata parte integrante della vita pubblica di Atene nel V secolo a.C. La sua casa – stando a Plutarco – diventa un punto di riferimento per gli intellettuali dell’epoca.

Aspasia: è infatti così che Emilie Högqvist viene ancor oggi ricordata per via della sua relazione col Principe ereditario Oscar (1799-1859), re di Svezia (Oscar I di Svezia) e Norvegia dal 1844 sino alla morte. Oltre alla consorte, Giuseppina di Leuchtenberg, dalla quale ha avuto cinque figli, il principe è stato legato a Jaquette Gyldenstolpe, un’aristocratica che gli ha dato una figlia e a Emilie Sophie. Due i figli nati dalla loro relazione, iniziata nell’autunno del 1836: Hjalmar (1839-1874) e Max (1840-1872), ai quali viene riconosciuto il titolo di Principi di Lappland.

Il Principe le affitta un lussuoso appartamento. Sarà la sua seconda casa, non distante da quella ufficiale. Dovendo gestire due vite, è meglio averle vicine…

Ottima padrona di casa, Emilie crea un vero e proprio salotto frequentato da artisti e uomini importanti della società svedese. Da qui l’appellativo di Aspasia svedese.

Non sposata, con figli illegittimi, amante stabile del Principe ereditario: per la società è una cortigiana. La relazione col Principe – nota a tutti – dura alcuni anni, ma alla fine viene troncata. Al di là degli aspetti mondani e passionali che la contraddistinguono, vanno comunque sottolineate le attività caritatevoli a sostegno dei più poveri, incluso l’aiuto al soprano Henriette Widerberg al termine della sua carriera.

Conclusasi la storia d’amore col Principe Oscar, Emilie si avvicina al politico Carl Fredrik Edvin Emil Key (1822-1892). Ma un’improvvisa battuta d’arresto sconvolge la vita della bella, brava e influente attrice: la turbercolosi e, riportano le cronache, un non meglio specificato tumore.

Addio teatro. Dopo di lei, è la volta di Zelma Hedin (1827-1874), considerata tra le più grandi attrici del Teatro Reale Drammatico di Stoccolma a cavallo della metà del XIX secolo.

La Hedin debutta nel 1842 e diventa la prima attrice nel ‘45. Emilie, invece, nel 1842 inizia la sua battaglia per la vita. La troviamo a Karlovy Vary, città dell’attuale Repubblica Ceca, uno dei più importanti centri termali d’Europa. Sarà anche a Ems (località germanica, nota per le sue acque curative), a Losanna e a Torino, alloggiata alla Pensione Europa sulla centralissima Piazza Castello. Non conosciamo la ragione della sua permanenza a Torino: tappa di sosta per una successiva località termale o marittima, meta programmata per una visita presso qualche luminare del tempo?  La ragione ci sfugge…

Tornando alla Pensione Europa, leggiamo in museoTorino: «situata all’angolo tra piazza Castello e via Roma, fu uno dei luoghi più frequentati dai personaggi illustri che soggiornarono a Torino. Chiamata “Hotel d'Europe” nell’Ottocento, era un albergo molto rinomato».  

È bene ricordare che l’aspetto attuale dell’angolo in questione non corrisponde a quello del 1846, in quanto via Roma è stata radicalmente ristrutturata a partire dal 1931.

Nulla sappiamo sulla sua permanenza torinese, ma è comunque degno di nota lo scritto lasciatoci dal presbitero piemontese Giuseppe Francesco Baruffi (1801-1875), scrittore prolifico, naturalista, deputato del Regno di Sardegna, consigliere comunale di Torino nonché docente universitario.

Così scrive Baruffi nel suo Passeggiate nei dintorni di Torino – ai colti e gentili Torinesi – Memoria ed ossequio (Stamperia Reale, Torino, 1853):

«Nell’angolo estremo a destra, entrando nel quartiere protestante del Campo Santo de’Torinesi [l’attuale Cimitero Monumentale, area degli acattolici, aperta nel 1845, N.d.R.], un bel Salice piangente ombreggia una modesta tomba incoronata da una piccola croce in marmo bianco sulla quale leggesi la seguente semplice iscrizione in lingua svedese, che tradotta suona italianamente: Qui dorme Emilia Hogquist nata in Stoccolma il 1° maggio 1812, [in realtà è il 29 aprile, N.d.R.]  morta in Torino il 18 dicembre 1846. Rimpianto e dolore di parenti e amici!

Un piccolo sedile in marmo è preparato per le pietose persone che vengono a pregar pace a quest’anima sventurata, ed un folto rosaio del Bengal, che il custode assicura carico di fiori in tutto l’anno, lussurreggia sulla terra che ricopre gli avanzi di questa fanciulla Scandinava. I forestieri che vanno a visitare questa tomba esportano quale cara reliquia una foglia del salice e della rosa […]

Ah! così trapassano le glorie e le gioie della vita; e di questa rinomata svedese, che destò già tanto entusiasmo nella sua patria, non restano oramai che poca terra e le cinque sillabe del suo nome. Abbiti anche una lagrima ed una preghiera d’un ignoto; e requie perpetua al tuo spirito!»

Il religioso – con quello stile inconfondibilmente ecclesiastico, degno d’un perfetto equilibrista – sorvola (tuttavia sfiorandole, con velati accenni moralistici) sulle umane debolezze della sventurata Emilia

«Non ignoro del tutto l’istoria pietosa di questa, quanto avvenente altrettanto sventurata fanciulla, che un crudele destino balzò lungi dalla patria, e che le pene del cuore e le fatiche del viaggio tolsero alla soave luce del giorno in uno dei principali alberghi di Torino, lungi dalle sue più vive affezioni. Povera Emilia! Le grazie della persona, il cuor gentile ed il nobile intelletto non valsero dunque a procurarti nel seno della famiglia e degli amici veri quella pace ineffabile del cuore e quelle pure gioie, a cui la natura e la società parevano chiamarti con sì prepotenti lusinghe?»

La relazione col Principe ereditario, interrotta obtorto collo, ha sortito qualche effetto nel suo rapporto con l’alta società della capitale svedese? Il suo allontanamento dalla Svezia è dovuto unicamente a ragioni di salute? Non lo sappiamo…

Francesco Baruffi afferma di averla menzionata nel suo scritto «per soddisfare alla mia promessa, fatta in Stoccolma nello scorso settembre [1852, N.d.R.], di ragguagliare que’ cittadini, ed i parenti e gli amici specialmente della sventurata Emilia, sullo stato presente della sua tomba in Torino».

La sua tomba è sempre lì, all’interno del perimetro del settore acattolico (chiamato anche “evangelico”) del Cimitero Monumentale di Torino, situato, appena varcata l’entrata di corso Regio Parco, sulla destra. Entrati nel piccolo cimitero, troviamo Emilie, in fondo a destra. Il fazzoletto di terra che la ospita è contrassegnato dal numero “25”, recante la scritta (incisa su pietra) «conservazione a cura del Municipio». La sua tomba è tra le più anonime del suggestivo cimitero acattolico che accoglie, tra gli altri, la salma di Pier Paul Caffarel, fondatore dell’omonima azienda dolciaria nota per i suoi deliziosi cioccolatini.

Nell’ultima dimora terrena di Emilie il salice non c’è più. Oggigiorno, la primadonna svedese giace all’ombra di un albero di magnolia, dietro al quale è collocata la croce con terminazioni trilobe. L’incisione funebre, praticata sulla croce, è quasi scomparsa.

Emilie Sophie gradirà certamente la vostra visita…

Andrea Biscàro

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Articolo pubblicato il 21/10/2017