Londra dice addio a Uber?

Una decisione controversa tra “protezionismo digitale” e offensiva alla gig economy

"Tutte le compagnie operanti a Londra devono rispettare le regole e rispondere ai più alti standard, in particolare per quanto riguarda la sicurezza dei clienti”, anche nel momento in cui si offre un "servizio innovativo”.

Questo il commento del Sindaco londinese Sadiq Khan alla decisione della Transport of London di non rinnovare la licenza di servizio a Uber.

Netta la posizione dell’agenzia per i trasporti, di cui Khan è anche presidente in quanto ente pubblico: in una nota si apprende come le regole “sono costruite per assicurare la sicurezza dei passeggeri, sia per i taxi che per le auto a noleggio”. Pertanto il TfL “conclude che Uber non è adatto a detenere la licenza” poiché ha “dimostrato mancanze” su temi che hanno “potenziali implicazioni per la sicurezza pubblica”.

Un’offensiva verso la filosofia della gig economy, vista da alcuni, come il nostrano Sole 24 Ore come “una vittoria del protezionismo tecnologico”, nonché la prova che “Londra abbia deciso di inchinarsi al monopolio dei tassisti”.

A tal proposito nell’articolo del quotidiano di Confindustria si giustifica la bontà dell’iniziativa Uber in virtù del suo rapido affermarsi.

Al rovescio, invece, per altri commentatori questa “esplosione” è dovuta alla concorrenza sotto il profilo dei prezzi, da un lato; ma, dall’altro, dalla crisi economica che ha fornito manodopera per la gig economy, l’economia dei lavoretti.

Più volte da queste colonne abbiamo evidenziato il rischio che l’economia virtuale “si mangi” quella tradizionale. Si vedono, però, dei movimenti, intenti a normalizzare il settore dei servizi da piattaforma digitale.

La proposta di una web tax e ora questa decisione da parte di Londra sembrano passi nella direzione di una equa concorrenza .

L.V.C.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 25/09/2017