Le “giornate di sangue” di Torino del 21 e 22 settembre 1864, nel romanzo storico “La città forte” di Dora Melegari

Un romanzo “antipiemontese” riesumato dallo storico Giuseppe Gallico sulle pagine di “Stampa Sera” del 1964 per celebrare il centenario del bagno di sangue torinese!

In un precedente articolo ho segnalato che nel 1964, lo storico torinese Giuseppe Gallico ha commemorato le “giornate di sangue” del 1864 ricordando – con ingiustificato entusiasmo – che queste apparivano in un romanzo storico, intitolato “La città forte”, scritto da Dora Melegari.

“La città forte” (Firenze, 1900) è il primo dei tre volumi di una progettata trilogia sulle tre capitali d’Italia, Torino, Firenze e Roma, realizzata soltanto per Torino e per Firenze, col titolo “La città del giglio” (Milano 1911).

Si tratta di un romanzo che ho scarsamente apprezzato per per il contenuto e, soprattutto, per la ricostruzione “antipiemontese” del bagno di sangue torinese del 1864: un giudizio personale che sottopongo ai Lettori, in vista della ricorrenza del 153mo anniversario delle “Giornate di sangue” di Torino.

È opportuno premettere alcune considerazioni sull’ambiente familiare e culturale dell’autrice. Dora Melegari (Losanna, 1849 – Roma, 1924), è figlia di Luigi Amedeo, nato a Meletole (Reggio Emilia), il 19 febbraio 1805, eccellente esempio di quei politici che nascono incendiari per poi diventare pompieri.

Mazziniano, esule, cofondatore della “Giovine Italia”, forse coinvolto nella congiura di Antonio Gallenga, che nel 1833 progettava di pugnalare il re Carlo Alberto, è professore di diritto costituzionale all’Università di Torino dal 1848 al 1860. Inizia nel 1849 la sua carriera politica come deputato per divenire senatore, nel 1862, nominato dal figlio di quel re tanto odiato nel 1833! Melegari ottiene importanti incarichi diplomatici, diviene “Ministro d’Italia a Berna”, carica che ricopre dal 1867 al 1881, anno della sua morte. Anche il figlio Giulio è un diplomatico.

Con tutto questo, Dora Melegari appare ancora sensibile alle idee mazziniane, cura l’edizione delle lettere di Giuseppe Mazzini, nel 1895, e raccoglie le memorie del periodo di cospirazione mazziniana del padre.

Il suo romanzo si svolge tra il 1861 e il 1864 e inizia con lo scontro tra Garibaldi e Cavour, nella seduta parlamentare del 18 aprile 1861, e termina con una imprecisa descrizione delle “giornate di sangue” che Gallico definisce, in modo inopportuno, «reazione violenta di Torino alla Convenzione di settembre».

L’Autrice presenta molti personaggi storici, pochi col loro vero nome (descritti con sgradevole tono didascalico) e molti con un nome fittizio poco o nulla decifrabile. Del resto non mi sono addentrato nella trama ma ho considerato la descrizione del settembre 1864 che occupa le pagine dalla 488 alla 498, quella finale: “La città forte” contiene gravissime inesattezze che evidenziano come l’autrice avesse attinto a fonti antipiemontesi, che parlavano di pesanti violenze e dell’uso di armi da fuoco da parte dei dimostranti torinesi.

Questo è il romanzo che Giuseppe Gallico nel 1964 associa al suo ricordo del centenario delle “giornate di sangue” del 1864, su “Stampa Sera” del 4 settembre 1964, col titolo “La strage di piazza San Carlo / per il trasferimento della Capitale”.

Vero è che l’Autrice rivolge qualche accusa superficiale al governo Minghetti, che ha esasperato l’opinione pubblica torinese non preparata adeguatamente al trasferimento, vero è che spende qualche parola – come scrive Giuseppe Gallico – per giustificare «pienamente la esasperazione dei piemontesi, che avevano durato tanti sacrifici e messo la vita a repentaglio sui campi di battaglia, e vedevano che molti italiani d’altre regioni, vissuti tranquilli sotto altri governi, si erano fatti vivi “solo al dì della mèsse” per raccogliere senza fatica le spighe già mature. Quegli italiani - dice la Melegari - odiavano il Piemonte, ne attaccavano l’organizzazione militare, sembravano insofferenti del giogo che le istituzioni e la rettitudine dello spirito pubblico imponevano alle loro ambizioni».

Belle parole, ma come spiegare la mancata descrizione della nefasta azione di Silvio Spaventa sulle forze di polizia e dell’opera dei provocatori per insistere, invece, sulla inesistente violenza dei dimostranti descritti mentre assaltano le botteghe degli armaioli e mentre mostrano atteggiamento aggressivo nei confronti dei militari.

Per spiegare la strage di piazza Castello del 21 settembre, come si può scrivere che «Una banda d’insorti armati di bastoni, di ciottoli, di fucili tenta di rompere un cordone di carabinieri che occupano piazza Castello. Questi per difendersi, senza ordini fanno fuoco sulla folla e uccidono dieci cittadini, ne feriscono cinquanta!»? Sembra di leggere uno dei bugiardi comunicati di Silvio Spaventa!

La descrizione della strage del 22 settembre in piazza San Carlo è preceduta da questa singolare affermazione «Col giungere della notte le vie di Torino avevano preso un aspetto sinistro, anche perché era montata a galla la feccia dei bassifondi». Si dice poi che «In piazza San Carlo, centro del movimento popolano, bande di rivoltosi si erano raggruppate intorno alla Questura, e da questa massa rumoreggiante in cui erano mischiate persone d’ogni classe, emanava un’atmosfera di tempesta. Dopo un gran rumore di vetri rotti si udirono tre squilli di tromba, tre intimazioni, alle quali la folla rispose con una fucilata. E allora i carabinieri - non si seppe mai da chi avessero avuto l’ordine di tirare! - aprirono un fuoco nutrito;…».

Di nuovo le fucilate dalla folla! Vero è che «Al di sopra di questa massa urlante, disperata, la statua equestre del grande principe savoiardo sembrava condurre il popolo alla rivolta»!

Questa è disinformazione! A questa massa di notizie false e fuorvianti, il professor Gallico ha il coraggio di attribuire «… un pathos che dà la sensazione delle “cose viste e vissute”»! Definisce infatti Dora Melegari come «ben informata scrittrice», perché, a suo dire, «La romanziera aveva 15 anni nel settembre del ‘64; forse era a Torino (ricordiamo che suo padre era professore nell’Università torinese) e può aver attinto a versioni orali e a cronache del tempo». Ma per piacere!

Si direbbe piuttosto che l’Autrice abbia ripensato ai tumulti descritti ne “I Miserabili” oppure a un episodio di cronaca vicino nel tempo, ovvero i moti di Milano del 1898.

Il suo amore per Torino, tanto sbandierato dal professor Gallico, avrebbe dovuto indurla a documentarsi su testi più rispettosi dei fatti e delle vittime torinesi. Si potrebbe dire che Dora Melegari scriveva un romanzo, con molte ‘licenze poetiche’. Ma allora non era il caso di citarlo, con elogi tanto sperticati, come fonte storica!

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Articolo pubblicato il 14/09/2017