Ha fatto discutere la notizia del concorso che prevedeva di acquistare una borsetta ed elaborare un piano marketing per poter poi vincere un mese da stagista presso la sede napoletana del brand Carpisa. 

Come si legge su Diario del Web: “la figuraccia, comunque, resterà impressa a lungo nella storia del marchio. Tuttavia, vale la pena sottolineare che prendersela con Carpisa non basta”. Un madornale errore, che porta “allo scoperto” una tendenza tutt’altro che sporadica.

Infatti, continua l’articolo, “i dati ufficiali del ministero del Lavoro d'altronde parlano chiaro: negli ultimi anni abbiamo assistito a un vero e proprio boom dei contratti di apprendistato, che sono passati dai 60mila del 2012 ai 114mila del 2016. E il dato più preoccupante riguarda l'età anagrafica degli stagisti”. Perché “il 22% ha più di 35 anni. Il 14% ha più di 45 anni. In 212 casi i dati segnalano addirittura degli ultra 65enni”. 

Anche sotto l’aspetto della comunicazione l’operazione “borsetta” si è dimostrata fallace. A spiegarne le premesse è l’esperto Michele Boroni a Tempi: “fino a qualche anno fa la definizione del pubblico a cui rivolgersi costituiva il primo passo in una campagna di comunicazione. Oggi invece, proprio perché i media non hanno più confini definiti, il target è pressoché infinito”.

A ciò si aggiunge il venir meno della sempreverde definizione pasoliniana della televisione quale mezzo di informazione cattedratico, che non prevede uno scambio con chi la usufruisce. Il contrario di quel che avviene nella dinamicità del Web e, soprattutto, dei social network. 

Il lavoro ha una dignità e la disoccupazione, specie se a livelli importanti come gli attuali, è un interrogativo che le Istituzioni dovrebbero continuamente porsi. Si spera, quindi, che ci si possa instradare verso una situazione in cui, né dal versante di chi cerca lavoro, né da quello di chi dà lavoro, questa triste e difficile condizione possa essere grottescamente rappresentata.

L.V.C.