Stando alle statistiche vi è una certa ripresa. L’Istat, infatti, dichiara che “l'economia italiana accelera sostenuta da una crescita diffusa tra i settori produttivi e dall'aumento dell’occupazione”.

Segnali incoraggianti, se non fossero bilanciati da notizie infauste.

Il Giornale delle Pmi riporta dei dati di Unimpresa per cui "oltre 9,3 milioni gli italiani non ce la fanno e sono a rischio povertà”. Un numero che negli ultimi due anni è incrementato di 105 mila persone.

Si legge, ancora, sulla testata che “ai “semplici” disoccupati vanno aggiunte ampie fasce di lavoratori, ma con condizioni precarie o economicamente deboli […] Agli oltre 3 milioni di persone disoccupate, bisogna sommare anzitutto i contratti di lavoro a tempo determinato, sia quelli part time (803mila persone) sia quelli a orario pieno (1,71 milioni); vanno poi considerati i lavoratori autonomi part time (803mila), i collaboratori (3284mila) e i contratti a tempo indeterminato part time (2,67 milioni)”.

Non è roseo neanche Il Sole 24 Ore. Pur riconoscendo l’andamento positivo indicato dall’Istituto di ricerca, osserva che “cresce tuttavia il tasso di disoccupazione giovanile: a luglio si attesta al 35,5%, secondo i dati Istat, in crescita di 0,3 punti da giugno”.

E, in un altro articolo, torna sulla questione Neet: “l’Italia si conferma tra le primatiste europee dei Neet, i giovani che non studiano né lavorano. Secondo gli ultimi dati Eurostat, l'agenzia europea di statistica, la quota di Neet nella fascia 18-24 anni ha raggiunto il 29,1%: il picco più alto su scala continentale, davanti a Romania (23,6%), Grecia (23%), Bulgaria e Cipro (22,7%), Spagna (21,2%) e Croazia (19,6%)”.

Un triste primato che giunge come un ironico, e disilluso, controcanto ai timidi segnali di ripresa. Questi ultimi, sia chiaro, non vengono messi in dubbio, anzi. Ma, per evitare il caso di un proverbio toscano: “bella vigna poca uva”, vien da domandarsi, se l’economia si riprende, quando si riprenderà il mondo del lavoro?

L.V.C.