Un autorevole giornalista scientifica tedesca, Christina Berndt, ha scritto un interessante saggio: ‘ La scienza della contentezza - come raggiungerla e perché conviene più della felicità (Feltrinelli).
La felicità’ – ci dice - ‘ è passeggera, è un picco positivo ormonale, causato da stimoli esterni, quindi poco governabile’.
Come ci racconta il giornalista Giuliano Aluffi con questo articolo dedicato alla Berndt, ci si sente felici quando accade qualcosa d’inaspettato, importante, desiderabile, così la dopamina, l’ormone del piacere, viene rilasciato in dosi notevoli nel nostro cervello.
Questo, però, è un puro automatismo chimico che non si può pianificare, ci dice l’autrice, ma dura poco, sia dal punto di vista ormonale - la dopamina si degrada velocemente - che psicologico – questo spiega perché siamo sempre in cerca di nuovi stimoli.
Una delle funzioni determinanti della dopamina, è evidenziare le azioni rilevanti per la nostra esistenza, per questo il suo effetto è aumentato quando scopriamo qualcosa di nuovo o ci accorgiamo che ci troviamo di fronte ad un’esperienza migliore di quanto potevamo pensare, immaginare, prevedere.
E’ fondamentale l’aspetto sorpresa.
Questo felicità è molto somigliante all’euforia, al punto che sono sempre necessarie nuove esperienze sorprendenti, in quanto la nostra psiche tende all’equilibrio, lo confermano gli studi sull’adattamento della psiche dello psicologo, prof. Michael Eysench dell’Università di Londra.
A titolo esemplificativo, anche nel caso straordinario di una vincita alla lotteria, è stato osservato che i vincitori, dopo qualche mese, non sono più euforici, felici.
La scrittrice usa la metafora del ‘tapis rouland dell’edonismo’ ossia, per rimanere fermi, cioè felici, si deve continuare a correre. Una fatica immane. Meglio puntare sulla contentezza, ci dice la scrittrice.
La contentezza è durevole, non soggetta ad alti e bassi emotivi, perché ha una forte componente razionale e un equilibrio interno che scaturisce da un confronto tra i desideri e la realtà.
I meccanismi della contentezza sono due: uno è quello di conseguire il maggior numero di aspettative che però non sempre si realizzano, l‘altro è imparare ad accontentarsi, apprezzando e valorizzando tutto ciò che di positivo produce la nostra vita, ridimensionando i desideri e ponendo fine alle smaniose bramosie di altro.
La felicità è emotiva (determina il rilascio della dopamina, agisce sulle parti antiche del cervello e genera piacere, paura, dipendenza), mentre la contentezza è razionale (determina il rilascio dalla serotonina che agisce sulla corteccia cerebrale, area evoluta e razionale, dando serenità), questo trova supporto anche nelle neuroscienze.
Essere contenti, spiega la scrittrice, non significa rassegnarsi o ficcare la testa sotto la sabbia, ma chiedersi quale è la cosa che davvero vale per noi e quali sono le nostre reali possibilità e tendenze.
Non dobbiamo rinunciare alle nostre ambizioni, basta saperle guardare con sereno distacco, mentre ci gustiamo i piccoli momenti quotidiani di serenità.
Un espediente per introiettare questi quotidiani momenti, dice la scrittrice, è mettersi dei sassolini in una tasca e, per ogni evento positivo, spostarne uno nell’ altra tasca o imprimere nella memoria e sottolineare a parole, quanto questi momenti risultano graditi, ad es. dicendo: ‘Grazie per la bella chiacchierata!’ - Più che una frase di circostanza, è un messaggio che mandiamo a noi stessi per aiutarci a trattenere la positività. Il nostro cervello è plastico e si adatta a tutto quello che pensiamo prevalentemente.
Se ci soffermiamo troppo su pensieri negativi, come le preoccupazioni e l’autocritica negativa, addestriamo i nostri neuroni ad essere ipersensibili a minacce, sensazioni di perdita, a sensi di colpa. La contentezza è la resilienza per vivere bene, nonostante tutto, e ci aspetta sempre sul lato al sole della nostra esistenza.
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Articolo pubblicato il 26/09/2017