Un giornalista infiltrato in una cellula del Califfo.

Pensieri, opinioni, sottocultura di un jihadista qualunque.

 

In un articolo  pubblicato da ‘ l’Espresso’,  il giornalista  Filippo Ortona  da   Parigi,     riporta    interessanti  notizie estrapolate da un documentario televisivo dal nome ‘ Les soldats d’Allah’ andato in onda su CANAL +. 

Sul documentario, un giornalista  racconta in TV, la  sua  rischiosa   avventura da  infiltrato in  una  cellula  francese jihadista. Lui si è fatto chiamare Said Ramzi, ma è uno pseudonimo, perché la sua identità doveva restare segreta. 

E’ musulmano, ha 29 anni ed è  francese di origine araba.

Per 3 mesi, con una telecamera nascosta, ha filmato i rapporti da lui avuti con un gruppo, fino alla  preparazione di un attentato, tra ossessioni morbose e pulsioni suicide del gruppo.

 ‘All’inizio' -  dice Said - ' ho girato una quantità   incredibile di moschee, in    particolare    quelle   frequentate dai salafiti (scuola di pensiero islamica tradizionalista), presente nel sud della Francia.

Ho parlato con tantissimi, senza successo. 

Molto rapidamente, ho capito che i salafiti  collaborano   attivamente   con i servizi segreti francesi.  In   più di una moschea, mi avevano detto che il loro Imam incontrava regolarmente   gli agenti   della Direction.  Generale de la Securite Interieure.' 

Comunque, l’odio tra i salafiti francesi e i militanti dello stato Islamico è tale, da permettere a Said di stringere i primi contatti.

‘Quando incontravo quelli di Daesh’ -  confessa Said su facebook – ‘gli   dicevo    che i    salafiti    non  smettevano di cancellarmi gli account, di denunciarmi e così via. Criticando i salafiti sono riuscito a farmi accettare da quelli dell’Is.’

Su facebook Said incontra un ragazzo che si fa chiamare Abau Oussama, di 20   anni che   abita a Chateauroux, nel centro della Francia. 

Era stato arretato. qualche anno prima, mentre cercava di recarsi in Siria.

'Diceva che era d’accordo con Daesh e che voleva sgozzare i miscredenti e uccidere i militari. 

Era un ragazzo, cosi orgoglioso, da rendere noto a Said il suo dossier giudiziario: c‘erano   tutte le dichiarazioni che aveva rilasciato alla DGSI, dopo l’arresto, dichiarandosi apertamente simpatizzante   di Daesh. Veniva da una famiglia modesta ma non poverissima ed era cresciuto nelle citès, i palazzi delle periferie francesi. 

Suo padre è originario della Turchia e fa il muratore e sua   madre  è   una  francese. Quando  era più   piccolo, aveva provato ad entrare nell’esercito ma era stato respinto. 

Secondo il Padre, il punto di non ritorno per Oussama è stato il rifiuto dei reclutatori dell’armee (esercito), un profilo che secondo Said è molto comune tra i militanti dell’Is che ha incontrato.' 

All’origine, c’è sempre un rifiuto dei musulmani da parte del Paesi che li ospitano.

‘Quando lavoravo in un call center,' - raccontava Oussana – ‘mi chiesero di cambiare nome e scegliere un nome non musulmano, cosi mi feci chiamare Paul. Poi Ossuama, dichiarando la sua professione di fede, fu condannato ad una vita ancora più dura e le porte del lavoro per lui si chiusero definitivamente. 

Tra sorveglianza stretta, obbligo di firma e fedina penale bruciata, era ormai un uomo finito, gli avevano preso la vita già cosi giovane.  

La chance, come racconta, era il Paradiso dei martiri di Allah.

Racconta a Said di quel Paradiso, dicendo cose folli, in particolare sulle donne: affermava che loro avrebbero ucciso i francesi e preso le loro donne come schiave. 

Said ha domandato se, secondo Oussama, sia giusto avere degli schiavi e lui gli ha risposto che è un loro diritto e ha aggiunto che, grazie a loro, quelle donne sarebbero diventate musulmane e accedendo al Paradiso. 

Il rapporto con il sesso femminile è stato spesso oggetto  di conversazioni  tra Said e Oussama, nel corso   del loro rapporto.  

In realtà, commenta il giornalista, i jihadisti sono rimasti bloccati allo stadio  dell’adolescenza,  in cui si ha    voglia di avere tutte le donne per se. 

I militari dello stato islamico che Said ha conosciuto, sono delle persone che hanno visto spesso films porno e si sono immaginati al posto dell’attore protagonista. Quando Daesh ha promesso loro che avrebbero avuto tutto questo nella forma del Paradiso pret a porter, affollato di vergini (houri), questa ideologia ha avuto un successo immediato.  

A detta di Said, la religione per loro è solo un pretesto, se ne fregano alla grande della  religione,  te lo dicono anche senza rendersene conto; se credono in Allah  è solo perché Allah gli ha promesso le vergini.

Credono di rispettare la religione, ma non hanno né rispetto, né religione. 

Più il gruppo di Oussama si allarga, più diminuisce la sensibilità   religiosa e  politica e,  al contrario,  cresce una certa morbosità dei militanti verso quel Paradiso di cui Oussama, pensando a quelle vergini, rimaneva con gli occhi persi nel vuoto.  

Un giorno, racconta Said, a conclusione del programma, Oussama un po’ depresso, gli disse che quella sera sarebbe stato costretto a restare da solo in camera sua, mentre avrebbe potuto essere in Paradiso con le famose vergini   se, quello stesso giorno, armato di coltelli, avesse potuto assaltare un Commissariato di Polizia.

sc

 

 

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Articolo pubblicato il 20/09/2017