Hamas resta nella "lista nera" della Corte di giustizia Ue

L'organizzazione palestinese: "Ci impegneremo con mezzi legali per annullare la decisione" - Intanto a Gerusalemme la situazione resta tesa.

TEL AVIV / GAZA - Sorpresa, amarezza e la sensazione di aver patito una palese ingiustizia a causa di pressioni politiche esterne, in particolare da Usa ed Israele.

Questi i sentimenti provati da Hamas a Gaza nell'apprendere la decisione della Corte di giustizia dell'Unione Europea di non rimuoverlo dalla 'lista nera' dei gruppi terroristici.

Ma nelle dichiarazioni alla stampa il portavoce di Hamas, Taher a-Nunu, resta pacato: Hamas si impegnerà "con mezzi legali" perché quella decisione sia annullata. E non una parola di biasimo aperto all'Europa.

Intanto a Gerusalemme la situazione resta in fase di ebollizione. Israele sperava ieri di aver calmato le acque con la rimozione dei metal detector dagli accessi alla Spianata delle Moschee. Invece da parte palestinese le proteste non accennano a fermarsi. Al contrario, al Fatah e Hamas hanno indetto per venerdì, separatamente, una nuova giornata di mobilitazione nazionale, e di collera.

Come in passato, Hamas insiste nel presentarsi come un movimento di liberazione nazionale in lotta contro una "occupazione crudele" delle terre palestinesi. Fa anche notare di aver limitato i propri attacchi ad Israele e alle altre aree sotto controllo militare israeliano, e non all'estero. Nei suoi confronti c'è chi sostiene, in Israele e altrove, che le stragi di civili israeliani rientrano nella categoria del terrorismo.

"Ma noi agiamo - replica a-Nunu - contro l'occupazione. Continueremo a difendere il diritto legittimo alla resistenza palestinese in tutti i forum internazionali, anche nell'Unione Europea, con metodi legali". La definizione di "organizzazione terroristica" rischia di avere per Hamas riflessi gravi in Europa, anche perché potrebbe ritorcersi sui finanziamenti di organizzazioni che lo sostengono. Secondo analisti israeliani, oggi infatti in Europa Hamas è molto più influente di al-Fatah.

Intanto a Gerusalemme al-Fatah e Hamas sospingono, separatamente, i fedeli islamici a ribellarsi alle misure di sicurezza israeliane - prima adottate, poi parzialmente rimosse, e quindi modificate - nella Spianata delle moschee, in seguito al grave attentato del 14 luglio.

Ieri il premier Benyamin Netanyahu ha annunciato la rimozione dei metal detector agli accessi della Spianata, ma oggi ha ordinato che la polizia conduca ispezioni corporali (quindi con metal detector portatili) a chi vi faccia accesso.

La reazione del Waqf, l'ente per la custodia dei beni islamici, è stata immediata: per suo volere resta in vigore il divieto di entrare nella moschea al-Aqsa, se ciò comporta un controllo qualsiasi israeliano. "Quella è zona palestinese - ha polemizzato un dirigente di al-Fatah - Semmai dovremmo essere noi ad ispezionare gli israeliani".

Esperti del Waqf hanno pubblicato un rapporto secondo cui le misure di sicurezza israeliane non sono state cancellate. Diversi accessi alla Spianata restano sigillati dal 14 luglio. Inoltre restano transenne e ponti di metallo su cui in futuro Israele progetta di installare telecamere di sorveglianza. L'ansia maggiore, aggiunge il Waqf, riguarda l'interno della Spianata dove nessun dirigente islamico è entrato negli ultimi 13 giorni.

Da qui la decisione di mobilitare nuovamente la popolazione il prossimo venerdì. La settimana scorsa si ebbero quattro dimostranti uccisi e centinaia di feriti. Questo venerdì la situazione rischia di aggravarsi ulteriormente, dopo che il presidente Abu Mazen ha congelato in Cisgiordania la cooperazione di sicurezza fra i servizi dell'Anp ed Israele.

cdt.ch

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 27/07/2017