‘Architettura e Democrazia’ di Salvatore Settis, presentato dal direttore Marco Travaglio e dall’architetto Mario Botta.
Dove corre il confine fra paesaggio e città? E come giudicare o indirizzare gli interventi sull'uno e sull'altra o la continua crescita delle periferie? Devono prevalere i valori estetici (un paesaggio da guardare) o quelli etici (un paesaggio da vivere)? L'architetto è il mero esecutore dei voleri del committente, anche quando vadano contro l'interesse della collettività o deve mostrarsi attento al bene comune?
Sfidare i confini difficili fra città e paesaggio, decostruire i feticci di un neomodernismo conformista (il grattacielo e la megalopoli) e le sue conseguenze (i nuovi ghetti urbani) vuol dire tentare il recupero della dimensione sociale e comunitaria dell'architettura.
In un paesaggio inteso come teatro della democrazia, l'impegno etico dell'architetto può contribuire al pieno esercizio dei diritti civili. Diritto alla città, diritto alla natura, diritto alla cultura, meritano questa scommessa sul nostro futuro.
Queste sono le parole di presentazione del libro ‘Architettura e Democrazia’ edito da EINAUDI, dello storico dell’arte e archeologo Salvatore Settis e che ci inducono ad una profonda riflessione.
Vengono qui riportati, alcuni momenti del dibattito sul libro, tenuti dall’autore, Settis, dal giornalista e direttore de IL FATTO QUOTIDIANO, Marco Travaglio e dal noto architetto Mario Botta.
Marco Travaglio:’ Questo libro c'entra molto con la democrazia. Io mi sono appassionato alla Costituzione Repubblicana da quando i nostri politici che la giudicano, anziché applicarla e osservarla, si dedicano a devastarla o almeno a provarci. In questo libro, anche con riferimenti storici internazionali, viene spiegato il rapporto tra la bellezza del territorio, dei beni culturali e la democrazia, tra il diritto fondamentale alla convivenza e l'ambiente in cui viviamo. Tutto questo, influenza molto la nostra capacità di cittadinanza, di stare insieme, i nostri rapporti interpersonali.
Io vivo a Torino e lavoro a Roma, quindi conosco entrambe le realtà e, in effetti, è fondamentale rivedere le nostre vicende alla luce dell’art. 9 della Costituzione, perché oggi gli unici progetti che si fanno, sono sul brutto, come se per forza si dovesse vivere nel brutto.
Disabituarci al bello, ereditato dai nostri antenati è deleterio, per questo oggi alcuni architetti potrebbero dare dei contributi migliori, proprio osservando prima di tutto l ‘articolo 9. La famosa nuvola dell’architetto Fuksas a Roma ad es. si è scoperto che è costata cinque, sei volte in più di quello che doveva costare e si è accertato che è sorta due metri più avanti di quello che era stato preventivato, creando grossi problemi.
A Torino, siamo stati abituati ad essere una città orizzontale, dove l’unico elemento svettante era la Mole Antonelliana ma, negli ultimi 10 anni, sono sorti due grattacieli di cui nessuno aveva sentito l ‘esigenza: uno di Renzo Piano e l’altro di Massimiliano Fuksas, uno del San Paolo e l'altro della Regione.
Potrei continuare con piazzale Valdo Fusi, dove c‘è un parcheggio con una baita che riabilita la figura di Bin Laden, perché uno dice: ‘Speriamo che prima di lasciarci, abbia dato disposizioni per una operazione di pulizia edilizia che non faccia vittime con evacuazione ma che, subito dopo un nostro risveglio, la baita non ci sia più.’
Piazzale Valdo Fusi è inconcepibile così posto nel centro storico, a fianco di palazzi carichi di storia del risorgimento, del barocco del 700.
A Roma si parla di un incredibile palco montato sul colle del Palatino, dove dovrebbe sorgere un’opera dedicata a Nerone, naturalmente, credo, per rinverdire i fasti di Nerone e continuare la distruzione.
La caratteristica di questo libro, è quella di notare tutto quello che ci fa orrore, che ci desta curiosità, incredulità e che appartiene ad un progetto che è la negazione della nostra costituzione, come dice Settis in una serie di lezioni tenute all’ Università USI (Università della Svizzera italiana) di Mendrisio.
La Costituzione ha costituzionalizzato il bello dei paesaggi, della stessa architettura.
Questi brutti progetti, non sono a tutela di ciò che abbiamo ereditato, c’ è, invece, un chiarissimo interesse di alcune lobby, di potentati economici e finanziari che non si sono mai posti il problema della bellezza, poiché hanno un altro tipo di esigenza che è la legittima esigenza del profitto e del fatturato. Se noi non incontrano una politica conscia delle proprie funzioni e conscia del proprio mandato costituzionale, questi lobbisti avranno sempre campo libero.
Questo è successo con il dopo terremoto che ha distrutto le opere e ha fatto sorgere, al loro posto, degli obbrobri nuovi e, quando per loro va male, non ha fatto sorgere nulla, come all’ Aquila e nelle altre zone terremotate.
La cultura delle grandi opere è combattuta, perché fa spendere molti soldi.
Lo Stato fa costare le grandi opere il quadruplo rispetto a quello che costano negli altri paesi europei, devasta l’ambiente, avvelena il territorio.
Spesso, le grandi opere sono orrende, mostruose e vanno ad aggiungere brutto al brutto mentre, invece, la cultura delle piccole opere, produce occupazione e, in molte occasioni, anche belle cose come la cultura della manutenzione, del restauro, della conservazione, anziché della devastazione ma è, purtroppo, considerata una cialtronata di pochi sognatori che non hanno capito lo sviluppo e la crescita.
Le grandi opere non danno occupazione e costano molto, mentre le piccole opere costano poco e occupano molto.
Questo libro mette in chiaro, intanto, i punti interrogativi che promuove l’art. 9, visto che recita ‘ La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Aggiungo che, nonostante i beni culturali siano inclusi quale argomento dei primi dieci articoli, sono, invece, infondo ai capitoli di spesa dei Governi, per cui quando si arriva a loro, sono già finiti i soldi.
Un tema molto importante è quello delle sovrintendenze che sono oggetto, in molti casi, di volontà di riforma o controriforma, perché spesso sono un freno agli orrori architettonici ma, in alcuni casi, adottano comportamenti strani.
Ho seguito recentemente il caso, a Roma, dello stadio della Roma.
C’ era un progetto avallato dal Comune e dalla Regione.
Un’ area a Tor di Valle, acquistata da un costruttore che si chiama Parnasi e dal Presidente della Roma, Pallotta. Il progetto era stato rivisto ed era stata ridotta di più della metà la cubatura. Il disegno faraonico, prevedeva anche la realizzazione e vendita di 5000 appartamenti, in una città in cui prevalentemente si affitta ma la sovrintendenza, dopo due anni dall’ approvazione del progetto, alla scadenza della conferenza dei servizi, è intervenuta dicendo che non poteva essere realizzato, perché lo Stadio avrebbe potuto creare un grave danno alle rane.
Non stiamo parlando del parco di Welington ma di una zona devastata, in cui ci trovi non solo le rane ma anche i gabbiani, animali che non dovrebbero stare lì ma che ci stanno. In effetti, se dovesse passare una legge che dice che le sovrintendenze vanno abolite, la gente potrebbe dire: ’Era ora! ‘ - Le sovrintendenze, potrebbero essere più serie e intervenire a difesa del Colle Palatino, attualmente messo in pericolo da quel mega-palco che come vi dicevo serve a per farcii lo show di Nerone ed evitare di difendere le rane quando non stanno al loro posto o difenderle, quando stanno al loro posto.
Mario Botta: ‘Parlando non da architetto ma da un uomo qualunque, mi chiedo: ‘ Che ragione c'è di portare lo svolgimento della propria attività lavorativa a 300 o 500 metri di altezza, quando questa si può svolgere a livello del giardino, con meno spese e pericoli per la salute. Ci sono ragioni talmente illogiche a queste spinte ai pericoli, che dovrebbero farvi pensare.
Non è una lamentela in senso strettamente tecnico ma di qualità della vita. Spesso si realizzano anche isole di edifici, recintati all’interno delle stesse città. Posso citare quelle realizzare in America Latina, recintate da mura, con guardie e che esprimono l’opposto della città che è, invece, il luogo del confronto, dello scambio, del commercio, il luogo per vincere la solitudine, per una pluralità di emozioni. ‘
Salvatore Settis: Vorrei, pur ringraziandovi per i vostri interventi, comunque dire qualcosa a favore delle sovrintendenze che, da un lato, da 20 anni, vengono sempre più depotenziate e hanno sempre meno risorse: la stessa benzina per fare i sopralluoghi, non viene loro pagata e non c’è un turnover sui pensionati.
E’ vero che Franceschini ha fatto un concorso per 500 funzionari ma, contestualmente, ne stanno andando in pensione 700. Ce ne vorrebbero, invece, 5000. Inoltre Franceschini ha tolto competenze alle sovrintendenze, per inserirle nei musei e questo, mi spiace dirlo, fa si che il livello medio delle sovrintendenze si sia abbassato.
Non assumendo più persone, quelli che restano bravi e non bravi, si sentono assediati, quindi a volte scattano dei meccanismi difensivi eccessivi.
Occorrono, quindi, più risorse e più funzionari.
Concluderei salutando e aggiungendo una citazione degna di una riflessione finale di Henri Lefebvre ‘ la città è il luogo in cui le cose più importanti avvengono grazie al luogo e non grazie al prezzo.’
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Articolo pubblicato il 29/07/2017