Filati made in Italy, la sfida del macchinari 4.0I

Investimenti e qualità. Il binomio vincente

I cambiamenti in atto nel mondo della distribuzione, con la crisi dei department store (soprattutto americani) e la crescita delle vendite online, provocano effetti a cascata sulle aziende che producono moda, comprese quelle di filati per maglieria riunite a Firenze per la fiera Pitti Filati, dal 28 al 30 giugno scorso (132 marchi di cui 24 esteri con le collezioni per l’A/I 2018-19).

Ecco perché il settore - dopo un 2016 deludente e un avvio d’anno in salita (-4,8% la produzione nel primo trimestre 2017, -3,6% l’export), è ora impegnato a riposizionare le produzioni e ad adeguare il servizio per rispondere alle esigenze di mercato.

«Dobbiamo inventare una nuova organizzazione che permetta di cambiare continuamente il prodotto e di consegnarlo in tempi sempre più rapidi. E per riuscirci bisogna coinvolgere la filiera meccanica, ma su alcuni filati saremo costretti a fare stock service e questo rischia di togliere risorse all’azienda» spiega Leandro Gualtieri, uno degli imprenditori che ha fatto la storia dei filati fantasia con la sua Filpucci, che al Pitti Filati ha festeggiato i 50 anni di vita.

Il peso degli ordini più ridotti, cresce però a vista d’occhio. «Ormai siamo in grado di produrre anche tre chilogrammi di filato - spiegano Piergiorgio e Cristiana Cariaggi, alla guida dell’omonima azienda marchigiana leader nei filati di fascia alta - sulla tecnologia investiamo da anni e abbiamo già imboccato la strada dell’industria 4.0.

Qualità, flessibilità e servizio saranno sempre più fondamentali». Proprio per rispondere meglio alle esigenze della clientela, Cariaggi ha appena investito nell’ampliamento del quartier generale di Cagli, per riunire ricerca, stile, controllo qualità e programmazione colore.

Dal mercato arrivano però segnali difficili: «L’aumento del prezzo delle lane registrato alle aste negli ultimi mesi - spiega Paolo Todisco, ad di Zegna Baruffa - impone un grande lavoro per far capire ai clienti gli aumenti dei listini. Quest’anno peraltro la tendenza dei marchi della moda è verso filati belli ma meno costosi».

Con gli USA deludenti, la Cina diventato un mercato più selettivo e la Russia che mostra segnali di ripresa ma ancora stenta, l’industria italiana dei filati è impegnata in un sorpasso sfibrante. «Il problema è la grande concorrenza asiatica», dice Paolo Polonelli, direttore vendite della biellese Filivivi della famiglia Verzoletto.

Alle prese con tendenze moda penalizzanti è il distretto di Prato, leader con 80 aziende di filati e circa 1.300 addetti diretti e specializzato nei filati fantasia: «Per questo continuiamo a investire nell’innovazione di prodotto e di processo, oltre che nella sostenibilità e nelle strategie commerciali», spiega Raffaella Pinori, coordinatrice dei produttori di filati di Confindustria Toscana Nord.

Chi investe davvero è Alessandro Bastagli, proprietario di Lineapiù, 42,5 milioni di fatturato 2016, che ha completato una nuova filatura e si prepara ad allargare la tintoria.

Nel frattempo punta sui giovani stilisti della maglieria col concorso Talents Lineapiù, che due volte all’anno premierà i talenti con una borsa triennale per creare il campionario.

 

Giada Speziale

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Articolo pubblicato il 14/07/2017