Pape Satàn, pape Satàn aleppe!

Una possibile spiegazione del problematico verso di Dante

Pape Satàn, pape Satàn aleppe! 

Il verso è pronunciato da Pluto, che Dante pone come guardiano del Quarto Cerchio, e recita:

 

« Pape Satàn, pape Satàn aleppe!,
cominciò Pluto con la voce chioccia;
e quel savio gentil, che tutto seppe,

disse per confortarmi: Non ti noccia
la tua paura; ché, poder ch'elli abbia,
non ci torrà lo scender questa roccia. »

 

Inferno, VII, vv. 1-6)

Questo verso ha fatto letteralmente impazzire e divertire generazioni di studenti ed insegnanti.

Le spiegazioni più o meno ragionevoli cedevano sempre il passo al dubbio, o forse alla certezza che si trattasse di un gioco di parole, di una burla d’artista…

A nessuno venne mai in mente, parlo dei miei lontani ricordi scolastici, di tentare delle ricerche basate sugli studi dei contemporanei di Dante, o per lo meno di coloro che avrebbero potuto decifrarne l’arcano.

Riporto un frammento estratto dal Web, precisamente da Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Possibili spiegazioni

Pape (o papè) potrebbe essere una resa del termine latino papae, greco παπα? papaí, un'interiezione di stupore o di stizza, attestata negli autori antichi (come il nostro Accidenti!).

Aleppe potrebbe derivare da alef, la "A" dell'alfabeto ebraico (già alep in quello fenicio, che divenne alfa in quello greco). La deformazione fonetica di alef in aleppe sarebbe analoga a quella del nome Yosef in Giuseppe. In ebraico alef significherebbe anche "numero uno", ovvero "il principio che contiene il tutto" e ciò corrisponderebbe a un attributo della maestà di Dio.

Nel tardo medioevo un'espressione del genere sarebbe stata in uso interiezione (come oddio!). Quindi la frase sarebbe, assieme all'interpretazione di altri esegeti, un miscuglio di latino (papae, genitivo di papa), greco (satan, col significato di "avversario") ed ebraico (aleph o alef prima lettera dell'alfabeto ebraico) e significherebbe "Primo nemico del papà".

"Aleppe" potrebbe anche derivare dal latino "alipes" cioè "con le ali ai piedi", con alcuni dipinti raffiguranti angeli con le ali al di sotto dei loro piedi a rafforzare questa ipotesi.

Domenico Guerri, che fece una accurata ricerca nei glossari medievali nel 1908, le interpretò come "Oh Satana, oh Satana Dio", intese come un'invocazione contro i viaggiatori.

Una tesi greca farebbe propendere per questa esegesi: Pape = Παρ? (Parà), preposizione che si traduce con "Presso", resa probabilmente vista la somiglianza della lettera greca Rho (Ρ) con la P latina. Aleppe = ?λεπτος (Aleptos) che si traduce con "Inespugnabile". Pertanto l'esegesi sarebbe: Presso Satana, presso Satana, l'Inespugnabile. (Todisco)

B?b al-shayt?n. Ahlibu ("La porta di Satana. La porta di Satana. Proseguite nella discesa").

Già precedentemente, alla metà del secolo XX, Armando Troni aveva supposto una probabile origine araba delle parole in questione facendo risalire però aleppe all'imperativo da labba, fermarsi, interpretazione questa che risulta essere la più coerente con il contesto in quanto il senso sarebbe ("La porta di Satana. La porta di Satana. Fermati").

Si osserva che, secondo alcuni studiosi della cultura araba, Dante avrebbe tratto alcune ispirazioni da fonti arabe. Egli infatti non disprezzava il mondo musulmano a priori: se relegava Maometto tra i dannati, egli nominò però ben tre musulmani tra gli Spiriti magni del Limbo: Saladino, Avicenna e Averroè.

I dubbi di questa interpretazione nascono però dal significato accondiscendente che non è in linea con quanto suggerito nella narrazione circostante. Si osserva che comunque Dante non conosceva l'arabo e forse voleva solo ricreare la suggestione di quella lingua ascoltata; si è d'altra parte ipotizzato anche che Brunetto Latini, suo amico, possa averlo avvicinato ad elementi della cultura islamica, da lui conosciuta durante gli anni vissuti ad Oviedo nelle Asturie.

Esiste anche una teoria, senz'altro interessante per capire la varietà di suggestioni che queste parole hanno suscitato negli studiosi, che interpreta le parole come una traslitterazione dal francese: "Pas paix Satan, pas paix Satan, à l'épée" ("Niente pace Satana, niente pace Satana, alla spada").

Un'altra interpretazione dal francese è "Paix, paix, Satan, paix, paix, Satan, allez, paix" ("Pace, pace, Satana, pace, pace, Satana, andiamo, pace"), oppure "Pape Satan allez en paix" (Papa Satana andate in pace).

Una traslitterazione dal francese è proposta anche da Benvenuto Cellini nella sua Vita (1558-1562), dove dichiara di aver sentito dire quella frase ("Phe phe Satan phe phe Satan alè phe") durante una lite a Parigi e che traduce come: "Sta' cheto, sta' cheto, Satanasso, levati di costì, e sta' cheto!" (libro II, cap. 27).

Secondo Leone Tondelli "Pape Satan" significa "tentatore del papa" (pape è la forma medievale del latino papae), e ciò per il fatto che nel cerchio degli avari e prodighi sono puniti vari papi e altri ecclesiastici, inclini all'avarizia.

Senza nulla togliere a queste dotte e forse complicate spiegazioni, ve ne sono altre decisamente più semplici e forse più esatte.

 

Riporto ora un altro frammento, tratto integralmente dal "Comento alla Divina Commedia di Giovanni Boccaccio":

Edizione di riferimento:

 

Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante

di Giovanni Boccaccio  a cura di Domenico Guerri, (1880-1934) 

- «Papé Satan, papé Satan aleppe», - ecc. Nel presente canto l'autore, sí come è usato ne' passati, continuandosi alle cose precedenti, dimostra primieramente come nel quarto cerchio dello 'nferno discendesse; e poi, vicino alla fine del canto, dimostra come discendesse nel quinto, discrivendo quali colpe e nell'un cerchio e nell'altro si puniscano. E dividesi questo canto in due parti principali: nella prima mostra l'autore esser puniti gli avari e' prodighi; nella seconda mostra esser puniti gl'iracondi e gli accidiosi. E comincia la seconda quivi: «Or discendiamo omai a maggior pièta». La prima parte si divide in tre: nella prima, continuandosi alle cose precedenti, mostra come trovò Plutone, e come da Virgilio fosse la sua rabbia posta in pace; nella seconda discrive qual pena avessero i peccatori nel quarto cerchio, e chi e' fossero; nella terza dimostra che cosa sia questa che noi chiamiamo «fortuna». La seconda comincia quivi: «Cosí scendemmo»; la terza quivi: - «Maestro, - diss'io lui».

Dice adunque che avendo, come nella fine del precedente canto dimostra, trovato Plutone, «il gran nemico», che esso Plutone, come gli vide, admirative cominciò a gridare, ed a invocare il prencipe de' dimòni, dicendo: - «Papé».

Questo vocabolo è adverbium admirandi, e perciò, quando d'alcuna cosa ci maravigliamo, usiamo questo vocabolo dicendo: «papé!». E da questo vocabolo si forma il nome del sommo pontefice, cioè «papa», l'autoritá del quale è tanta, che ne' nostri intelletti genera ammirazione; e non senza cagione, veggendo in uno uomo mortale l'autoritá divina, e di tanto signore, quanto è Iddio, il vicariato. E i greci ancora chiamavano i lor preti «papas», quasi «ammirabili»: e ammirabili sono, in quanto possono del pane e del vino consecrare il corpo e 'l sangue del nostro signor Gesú Cristo; e, oltre a ciò, hanno autoritá di sciogliere e di legare i peccatori che da loro si confessano delle lor colpe, sí come piú pienamente si dirá nel Purgatorio, alla porta del quale siede il vicario di san Pietro.

«Satán». Sátan e Sátanas sono una medesima cosa, ed è nome del prencipe de' demòni, e suona tanto in latino, quanto «avversario» o «contrario» o «trasgressore», percioché egli è avversario della veritá, e nemico delle virtú de' santi uomini; e similmente si può vedere lui essere stato trasgressore, in quanto non istette fermo nella veritá nella quale fu creato, ma per superbia trapassò il segno del dover suo.

«Papé Satán». Questa iterazione delle medesime parole ha a dimostrare l'ammirazione esser maggiore.

E seguita: «aleppe». «Alep» è la prima lettera dell'alfabeto de' giudei, la quale egli usano a quello che noi usiamo la prima nostra lettera, cioè «a»; ed è «alep» appo gli ebrei adverbium dolentis; e questo significato dicono avere questa lettera, percioché è la prima voce la quale esprime il fanciullo come è nato, a dimostrazione che egli sia venuto in questa vita, la quale è piena di dolore e di miseria.

Maravigliasi adunque Plutone, sí come di cosa ancora piú non veduta, cioè che alcun vivo uomo vada per lo 'nferno; e, temendo questo non sia in suo danno, invoca quasi come suo aiutatore il suo maggiore; e, accioché egli il renda piú pronto al suo aiuto, si duole. O vogliam dire, seguendo le poetiche dimostrazioni, Plutone, ricordandosi che Teseo con Piritoo vivi discesero in inferno a rapire Proserpina, reina di quello, e poi, dopo loro, Ercule; e questo essere stato in danno e del luogo e degli uficiali di quello: veggendo l'autor vivo, né temer de' dimòni, ad un'ora si maraviglia e teme, e però admirative, e dolendosi, chiama il prencipe suo.

«Cominciò Pluto», (supple) a dire o a gridare, «con la voce chioccia», cioè non chiara né espedita, come il piú fanno coloro i quali da sùbita maraviglia sono soprappresi. E, oltre a ciò, cominciò Pluto a gridare per ispaventar l'autore, sí come ne' cerchi superiori si son sforzati Minos e Cerbero nell'entrata de' detti cerchi, accioché per quel gridare il ritraesse di procedere avanti e dal dare effetto alla sua buona intenzione.

 

 

Tornando alle nostre possibili interpretazioni, Aleppe potrebbe come dice Boccaccio, derivare da Aleph che in lingua ebraica significa anche il primo:

Pape…papa è…

Satàn… Satana

Aleppe… Alep (il Primo) 

Quindi: Il papa è il primo dei diavoli.

Conoscendo la fine che Dante ha riservato a quasi tutti i papi citati nella Commedia non ci dovremo stupire, più di tanto, per questa bizzarra interpretazione.

All’inferno troveremo:

Niccolò III (Gian Gaetano Orsini)  papa dal 1277 al 1280 Girone dei Simoniaci

Celestino V, (Pietro da Morrone) papa dal 1294 al 1296, famoso per il suo  “gran rifiuto” posto da Dante nel III Canto dell’Inferno.

Bonifacio VIII, (Benedetto Caetani) papa dal 1296 al 1303,

Dante fa dire a papa Niccolò III, all’Inferno tra i Simoniaci della III Bolgia, che Bonifacio lo raggiungerà presto, (siamo nel 1300 e Bonifacio morirà nel 1303).

Clemente V, (Bertrand de Got) papa dal 1305 al 1314,. Condanna i Templari con Filippo il Bello nel 1307 e conduce al rogo De Molay nel 1314.

Nel 1301 Bonifacio favorisce la presa del potere dei Guelfi Neri, causando l’esilio di molti fiorentini, tra i quali Dante.

I Guelfi Bianchi erano legati alla famiglia dei Cerchi, mentre i Neri a quella dei Donati: Forese Donati, amico di Dante lo ritroviamo in Purgatorio, mentre sua sorella Piccarda direttamente in Paradiso. Inoltre Dante sposa Gemma Donati, imparentandosi strettamente con la famiglia Guelfa.

Considerato l’apprezzamento di Dante nei confronti di molti papi, ricordiamo che Dante fu Guelfo ma di parte Bianca quindi paradossalmente molto vicino all’imperatore,  non ci dovremo stupire se vedremo collocati molti Vicari di Cristo direttamente all’inferno o peggio ancora paragonati a dei poveri diavoli.

 

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 24/06/2017