Da LONDRA a TORINO. Due storie tenute insieme dalla paura che ha esiliato l’orgoglio.

A Londra la storia inizia con l’elezione di un sindaco musulmano. Anche se la colpa non è tutta dell’omino Sadiq Khan, che oltre ad essere musulmano è anche laburista e di sinistra e, come tale, adorato e riverito da tutti i compagni nazional-renzolini d’Italia.

La colpa è di chi lo ha votato ed eletto a quella carica, e non può pertanto dichiararsi estraneo a quell’ondata di multiculturalismo di cui gli inglesi sono stati imbevuti da anni e che ha generato questi frutti perversi.

La colpa è di coloro che hanno accettato passivamente ed assimilato tutta la cultura politically correct del sindaco  anglo-pakistano, che sostiene che “non c ‘è ragione di essere allarmati” e si affretta a deglutire tutta la serie di tragici eventi che hanno sconvolto la vita degli inglesi negli ultimi mesi.

Pare che il buon Khan non si sia troppo allarmato neppure di fronte ai sette morti ed ai quarantotto feriti dell’ultimo eccidio nella sua città ed abbia preferito proclamare, come al solito, la bontà e anche l’AMORE dei suoi correligionari per il resto del mondo.

Comportamento del resto seguito da molti talk show rai e mediaset e soprattutto dai giornali di obbedienza debenedettina come Stampa e Repubblica, che hanno preferito polemizzare con il Presidente Trump, che non avrebbe dovuto fare “disputa politica” (ogni disputa dovrebbe essere riservata solo ai loro opinionisti) con quello stinco di sindaco che per loro è  Sadik Khan.

Molto rilievo è stato dato da quei mass media ad un certo Matt Chorley, uno sconosciuto che secondo loro deve essere uomo di grande caratura internazionale, perché ha replicato al presidente degli USA che “ il sindaco di Londra ha cose più importanti da fare che rispondere ad un tweet di Trump”.

E’ il classico caso dello scontro tra un pidocchio (Chorley) ed un elefante (Trump).

E passerebbe certo inosservato se alle spalle del pidocchio, non marciassero rannicchiati in fila indiana quegli opinionisti che ancora non si rassegnano e soffrono per la vittoria dell’attuale presidente USA.

Secondo loro, il sindaco musulmano di una grande città come Londra, avrebbe solo il dovere di fare propaganda per la sua religione. Diffondere l’amicizia ed ora anche l’amore  che l’ islam, con l’eccezione di alcune schegge impazzite (SIC!)  nutre nei confronti di tutte le altre religioni del mondo. Non quello di vigilare sulla vita e sulla sicurezza dei suoi amministrati, lasciando circolare indisturbati suoi correligionari già identificati come terroristi, in attesa che entrino in azione e mettano in atto le  loro stragi. 

Sembra invece che nessuno sia colpevole del disastro che ha colpito in Torino, in Piazza San Carlo, i trentamila tifosi della Juventus, convenuti per celebrare la vittoria, data quasi per certa, della loro squadra.

Una fotografia molto eloquente mette in primo piano, fianco a fianco, la sindaca della città Chiara Appendino, Il prefetto Renato Saccone ed il questore Angelo Sanna.

I loro volti sono alterati dall’ansia e dal terrore che non venga individuato un colpevole del disastro che ha portato negli ospedali millecinquento persone. Sperano nella scoperta di un responsabile al quale imputare la colpa.

Ma i responsabili sono loro.

In primo luogo la ragazzona sindaca che cercava con ogni mezzo di inserirsi in quel “sistema Torino”, che aveva promesso in campagna elettorale di demolire. E parte di quel sistema, sia pure con un ruolo meno incisivo che nel passato, era la famiglia Agnelli.

La sindaca non si era sentita di negare la più bella piazza della città alla creatura della famiglia, la Juventus.

Le era sembrato sconveniente indicare come alternativa lo STADIUM di proprietà della squadra, come ha invece fatto Madrid, invitando i supporters del Real nel suo stadio.

E’ probabile che la Juventus temesse per le strutture del suo stadio ed anche per il calpestio della pregiata erbetta del prato.

Meglio, molto meglio, mettere a carico di tutti i cittadini i costi della manifestazione, mettendo a repentaglio il salotto della città.

L’imperativo categorico per la sindaca era quello di abbandonare la città e volare a Cardiff dove, in quello stadio, poteva sedersi a fianco dei membri della ex grande famiglia.

Dopo avere affidato l’organizzazione della serata ad una fantomatica società del comune, denominata Turismo Torino, e dopo avere messo l’ordine pubblico e la sicurezza della città nelle mani del prefetto e del questore che si sono dimostrati ambedue inaffidabili.

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Articolo pubblicato il 08/06/2017