La “Torino noir” vista e narrata da Milo Julini
"Sono stanca!" di Gavarni (Parigi, 1804 – 1866)

Dramma della gelosia nel Carnevale del 1876

Verso le 5 del pomeriggio di lunedì 21 febbraio 1876, prima nel borgo San Salvario e poi in tutta la città si sparge la voce che una donna è stata trovata morta nel suo letto, nella sua camera di abitazione in via Sant’Anselmo n. 16.


La notizia occupa parecchio spazio nella Cronaca nera della “Gazzetta Piemontese” del giorno seguente, 22 febbraio 1876.


«Ieri verso le 5 pomeridiane fu trovata cadavere  nel proprio letto certa Giuseppa Benedetta abitante in via Sant’Anselmo n. 16, donna di condotta equivoca, con una larga ferita di coltello sotto la mammella sinistra. Finora si ignora se ritratta di omicidio o suicidio». Dopo questa prima notizia che si lascia apprezzare soprattutto per lo sfavorevole giudizio morale sulla morta (“donna di condotta equivoca”) appaiono “Altri particolari sul fatto di via Sant’Anselmo”. – «La Benedetta trovata morta ieri, fu assassinata con un colpo di coltello sotto l’ascella sinistra (colpo che fu giudicato causa istantanea della sua morte) dal  proprio amante C. Edoardo di condizione meccanico, il quale si rese latitante.


Quest’uomo era gelosissimo e pare che domenica sera  avendo visto la Benedetta in abiti virili al veglione del Teatro Alfieri in compagnia di un altro, formò il triste progetto di vendicarsi e di ucciderla. Ieri mattina si sarebbe recato di buonissima ora a casa dell’amante e dopo essere stato con lei poco tempo, la uccise».


La ricostruzione è sostanzialmente corretta anche se l’incontro al veglione del Teatro Alfieri deve essere spostato alla sera di sabato 19 febbraio e l’uccisione al mattino della domenica 20 febbraio.


C. Edoardo” è Edoardo Cagna, operaio torinese di 24 anni, che nei documenti è indicato come “staderajo”, ovvero addetto alla costruzione di stadere, le bilance costituite da una leva a bracci diseguali, uno più lungo dove scorre un peso ed uno più corto con un piatto per contenere la merce da pesare.


La scoperta dell’uccisione è avvenuta quando un amico della Benedetta è andato a trovarla, ha visto l’uscio aperto e la donna distesa come morta sul letto. Non ha avuto il coraggio di entrare, è sceso ed ha detto al portinaio che la Giuseppina gli pareva morta. Allora il portinaio è andato a chiamare le Guardie di pubblica sicurezza, che sono entrate nella camera, hanno constatato il delitto e iniziato le indagini.


Subito è emerso il nome di Edoardo Cagna come probabile uccisore: evidentemente la sua morbosa gelosia era ben nota. La Questura si attiva per  catturarlo.


Per comprendere la partecipazione di Giuseppa Benedetta al veglione del Teatro Alfieri, va detto che siamo in Carnevale e che per le donne “di condotta equivoca” come la Benedetta, è abituale partecipare a questi veglioni, mascherate e con un caratteristico abbigliamento costituito da una camicetta più o meno scollata e da pantaloni attillati (al tempo considerato fortemente erotico!), alla ricerca di qualche amichetto che, come minimo, offra loro una buona cenetta.


I disegnatori francesi, in particolare Gavarni (Parigi, 1804 – 1866), hanno rappresentato infinite volte giovani donne così abbigliate. Anche il nostro Casimiro Teja (Torino, 1830 – 1897) ha disegnato più volte le donne dei Carnevali torinesi con questi sensuali abiti ma si è preferito ricordarne le caricature politiche, molto datate e assai poco divertenti…

    

A proposito di festeggiamenti di Carnevale con balli e voluttuosi veglioni, il sabato 19 febbraio, la “Gazzetta Piemontese” ha pubblicato in prima pagina questo moralistico pezzo: «Balli. – Eccoci al sabato tanto desiderato dai ballerini d’ambo i sessi per far baldoria carnevalesca.


Per chi ama divertirsi è questo un gran bel  giorno, un giorno pieno di attività e di speranze, perché si fanno inviti pel ballo, si va in giro a cercar costumi e si sognano avventure galanti… ma alla domenica poi qual delusione pei festaioli! essi trovano di aver fatto un buco nel portabiglietti e di aver perso la notte inutilmente.


Ma già la moda vuole così, e così sia… ed eccovi la solita lista dei veglioni che avranno luogo stanotte», dove si trova anche il veglione del Teatro Emanuele, in via Rossini, quello che è costato la vita alla povera Giuseppa Benedetta. E l’articolista si preoccupava della delusione dei ballerini maschi…


Passa il Carnevale, la Quaresima e la Pasqua e intanto Edoardo Cagna continua a sfuggire alle ricerche. Soltanto il 30 maggio, la “Gazzetta Piemontese” nella sua Cronaca nera, può annunciare che «[…] Questa mattina, verso le 4, dopo lunghe e accurate indagini, la Questura riusciva ad arrestare nella sua casa in via Alfieri 24, il ricercato Eduardo Cagna […]. Il servizio degli agenti di P.S. è tanto più lodevole perché il Cagna è individuo molto pericoloso».


Edoardo Cagna, detenuto dal 31 maggio 1876, è accusato di “assassinio”: il mattino del 20 febbraio 1876, deciso a uccidere Giuseppa Benedetta, si è introdotto di nascosto nella sua abitazione poi le ha vibrato il colpo mortale con una «sottile lama pungente e tagliente», penetrato nel cuore e causa di morte istantanea.


Al processo, celebrato alla Corte d’Assise di Torino nel maggio del 1877, i giurati col loro verdetto lo dichiarano colpevole, accordandogli però le circostanze attenuanti.


La sentenza del 18 maggio 1877 lo condanna ai lavori forzati a vita, con interdizione legale, perdita dei diritti politici, della potestà patria e maritale, a indennizzare gli eredi dell’uccisa e al pagamento delle spese del procedimento. L’arma sequestrata è confiscata e la sentenza viene stampata e affissa in pubblico, a termini di legge.


La Corte di Cassazione, con sentenza del 25 luglio 1877, rigetta la richiesta di annullamento presentata da Cagna e lo condanna a pagare le relative spese.


Questa sentenza non segna per Cagna la condanna a vita: la Sezione di Accusa, con Ordinanza del 13 febbraio 1890, commuta la sua pena nella reclusione per anni trenta, più tre anni di vigilanza della Autorità di P.S.


La Sezione di Accusa, con declaratoria del 20 ottobre 1904, riduce la sua pena di mesi undici e giorni 24, in forza del R. D. n. 490/1904, art. 1 e 2.


Tutti questi provvedimenti, riportati sulla sentenza del 1877, portano a calcolare che Edoardo Cagna, verosimilmente nato nel 1852, sia uscito dal carcere nel 1906, a 54 anni. Evidentemente, non troppo prostrato dalla detenzione, ha anche pensato di rifarsi una vita, a 63 anni, almeno da quanto si può ritenere dall’ultima annotazione sulla sentenza: «15/1/915 Copia all’avvocato Ghirardini pel Cagna ad uso riabilitazione». 

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Articolo pubblicato il 02/06/2017