MARCO MASINI - Spostato di un secondo - Il Tour

Un concerto spettacolare, diciamolo subito, spettacolare e coinvolgente, come da tempo non vedevo.

Uno show completamente diverso da quello proposto diciotto mesi fa, sempre al Teatro Colosseo: un concerto “greatest hits” allora, raffinato ed elegante, un recital energetico ed adrenalinico adesso.

Spettacolo dalle atmosfere molto, ma molto “eghties”, per la felicità di chi, come me, ha vissuto in quel periodo i migliori anni della propria vita: synt in grande evidenza, da David Bowie ai Depeche Mode, arrangiamenti elettro-pop e grinta da vendere.

Un concerto ricco di sorprese, alternate a momenti di vero pathos, merito anche della band, meccanismo molto ben oliato e che gira a mille.

Marco si presenta attraversando la platea, sulle note di “Nel tempo in cui sono tenuto a restare” e appena salito sul palco, attacca subito “Ma quale felicità” e “Spostato di un secondo”, grande successo dell’ultimo Festival, title-track del nuovo album. Un inizio da paura.

Giusto il tempo di salutare con un sorriso “mezza città, quella gemellata, l’altra un po’ meno”, e lo show prosegue con una sapiente alternanza di brani vecchi e nuovi, tutti arrangiati in chiave new-wave, per arrivare ad un momento davvero toccante: “Frankenstein”, voce, piano e drum-machine, dedicata ad un tempo e all’amico del cuore, Franco, che non ci sono più (ciao Franco N, questa è per te, per i giorni passati a discutere di Toro e di Juve sui banchi di scuola, per la naja fatta insieme, per la vita che ci ha allontanato senza mai separarci. Ti abbraccio ovunque tu sia lassù).

L’artista fiorentino è un grande esperto di social e di nuove metodologie di comunicazione: smartphone in pugno, riprende per la diretta Facebook, un medley bellissimo dove, “A cosa pensi”, “Perché lo fai”, “Viva la libertà”, “Raccontami di te”, “L’amore sia con te” e “Cenerentola innamorata” diventano un’unica canzone, mixata alla perfezione , come in bellissimo dj –set.

E’ tempo di “Minchia Signor Tenente”: platea in silenzio ad ascoltare l’interpretazione, sottolineo “interpretazione”, da brividi, del brano di Giorgio Faletti.

Stesse sensazioni e stesse emozioni provate a Sanremo. Standing ovation.

Marco, in perfetta forma, sta offrendo al pubblico in delirio, uno show che sembra non finire mai: “Che giorno è”, per chi scrive vincitrice virtuale del Festival 2015, stupisce come sempre per quei cambi di ritmo improvvisi, che lasciano senza fiato, poi una frase, quasi sussurrata al pubblico, “La vita si capisce andando all’indietro, ma va vissuta andando avanti”, ed è nuovamente tempo di voce e piano per “Caro babbo” e “Ci vorrebbe il mare”, che rendono l’atmosfera all’interno del teatro, carica di pathos.

Ma è ancora tempo di sorprese: Marco chiama uno ad uno i musicisti sul palco, e così, accompagnato alla chitarra acustica da Alessandro Magnalasche, “Le ragazze serie” diventa un brano country, con Stefano Cerisoli, Gibson Stereo a tracolla, “Disperato” viene proposta in stile rhythm 'n' blues, con il pianoforte suonato da Antonio Iammarino, “Malinconoia” si trasforma in un blues, che più blues non si può, “Ti vorrei” viene proposta in base “stand by me”, semplicemente geniale, col basso di Cesare Chiodo, infine, insieme al “bello del gruppo”, Massimiliano Agati, assoluto padrone dei drum-pad,  “Fuori di qui” raccoglie le atmosfere di “pop corn”, pura elettronica pre anni ‘80 con un fine retrogusto di un modernissimo dub-step. Davvero originale. Standing ovation bis.

Uno show che sembra non voler finire mai, dicevo poco sopra: c’è ancora spazio per “L’uomo volante”, “Bella stronza” e per un bel “Vaffanculo”, gridato da tutta la platea, ormai in piedi sotto il palco.

A gran voce Marco e la band vengono richiamati on stage e “T’innamorerai” scalda ulteriormente il pubblico, seguita da “Una lettera a chi sarò” per voce e piano, brano tratto dal nuovo album, e che mi ha toccato il cuore.

Concerto spettacolare, ribadisco, che merita di essere visto e vissuto, un artista che sta vivendo un nuovo periodo artistico, un periodo di rinnovamento che solo i grandi, quelli davvero, possono proporre al pubblico, con umiltà e semplicità.

Caratteristiche di una persona speciale, dentro e fuori dal palco, come potete leggere di seguito, nell’intervista che mi ha regalato, è il caso di dirlo, dopo lo show.

Marco, immaginiamo una “Sliding door”: se la tua vita fosse spostata di un secondo, come te la immagini e parafrasando il titolo di una canzone del nuovo album, cercheresti qualcosa altrove? 

No, invece la cercherei qui la cosa, poi siamo noi ad andare altrove a cercarla. La felicità ce l’abbiamo noi da qualche parte, l’abbiamo nascosta da piccoli come fa il cane con l’osso, la frase più bella che Benigni abbia mai detto e che ricordo ogni giorno, quando mi alzo. Credo che altrove non si trovi. Potessi spostare tutto di un secondo cercherei di riallineare questo loop, perché poi quello che siamo è soltanto figlio di quello che facciamo, compresi gli errori, comprese le scelte sbagliate, le cose che comunque ripensandoci ti hanno portato a un momento di grande delusione e di dispiacere, però poi alla fine se ci credi, ti portano ad un equilibrio, ad una felicità ritrovata e ti portano anche a un te stesso ritrovato.

Gli sbagli servono, quindi?

Per forza. Se non sbagli non riesci a sentirti la vita dentro. Non sei consapevole di vivere.

Come ti ho ricordato prima di accendere il rec, noi ci siamo conosciuti al tempo di quella che tu chiamavi “malinconoia”, se dovessi descrivere le nuove generazioni con un aggettivo coniato da te, come le definiresti?

Io ritengo le nuove generazioni ancora più sensibili, perché hanno la possibilità di interagire, di scambiarsi opinioni, di sentirsi insieme ad altri, e quando gli altri scompaiono anche solo sui social si sentono ancora più soli. Quindi le due soglie si sono allargate ed è quindi chiaro che la sensibilità aumenti, perché ti accorgi di più cose, e te ne accorgi in maniera più rapida rispetto a prima.  

Vorrei chiederti un commento sulla cover che hai portato a Sanremo e cantato anche questa sera: mi hai davvero emozionato, allora come adesso, nell’interpretare “Signor tenente”, proprio perché hai interpretato la canzone, invece di limitarti a cantarla. Puoi dirmi le tue emozioni?

E’ come se Giorgio mi avesse guidato. Non ricordo molto, ho sentito soltanto quel momento come una cosa fuori da ogni dimensione. Una cosa guidata da qualcosa di soprannaturale, come se andasse da sola. Ho dato tutto me stesso, forse più di quanto ho messo nella mia canzone. Forse perché ho sentito un rispetto enorme per la figura di Giorgio. Quindi è andata in automatico: una emozione che è scattata all’inizio e che ancora non è finita”.

Ascoltando proprio la title track…non è che l’attacco di voce è spostato di un secondo…nota di un mio amico fonico…

(ride, ndr) No…no…la voce è a tempo. Anzi, siamo stati molto attenti a sincronizzare la voce, in modo che sia ritmicamente precisa sul timing.

Parliamo dell’attività live. L’ultimo tour presentava un concerto “greatest hits”, in cui ripercorrevi la carriera a ritroso. Stasera ci hai offerto qualcosa di completamente differente. Qual è la diversità, secondo te?

Una band. Una band che suona con l’uso dell’elettronica. Non dobbiamo nasconderci: è una nuova frontiera e dobbiamo aprire tutte le porte affinchè la musica si possa evolvere. Riportare il passato al presente in modo che la vita cominci sempre oggi e questo si fa anche attraverso il suono. La band è pronta ad affrontare questa avventura e anch’io.

Complimenti per il concerto, semplicemente entusiasmante, con una cosa geniale: l’idea di reinterpretare i classici del tuo repertorio in versioni diverse, blues, dub-step, eccetera, coinvolgendo in prima persona i tuoi musicisti.

Quando fai un concerto cerchi di farti venire delle idee e di esprimere al massimo il raccontare quello che sei in quel momento. quello che senti dentro per condividerlo con il pubblico. Credo che sia una cosa molto naturale e istintiva: cercare di creare una atmosfera, diciamo di aggregazione e di unione che amplifica ancora di più le emozioni.

Soddisfatto del tour?

Si, certo!

E del disco?

Anche del disco, perché è un cambiamento e onestamente pensavo ci volesse un po’ più di tempo. Invece piano piano, diciamo, le nuove strade stanno entrando anche all’interno del cuore della gente e questa è una cosa molto importante.

Mi è piaciuta molto l’ultima canzone che hai cantato stasera, proprio dal disco nuovo, “Una lettera a chi sarò”, mi ha toccato il cuore.

Grazie, grazie mille.

Marco, per chiudere, ti porto i saluti da parte di tutti i tifosi del Toro, che come sempre hai ricordato dal palco…mi viene da dire “Marco 1 di noi”!

(Ride, ndr) Sempre forza Viola e forza Toro! Ciao, alla prossima!

Stay Always Tuned !!!

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Articolo pubblicato il 17/05/2017