L’EDITORIALE della DOMENICA di CIVICO20NEWS - di Enrico S. Laterza : Lavor(ett)i in (dis)corso
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In occasione della ricorrente retorica del 1° Maggio, parole tante e fatti pochi sul gravoso travaglio dell’occupazione

Stiamo chiacchierando per voi.”

 

È lo slogan dei parolai ebbri d’autocompiacimento narcisistico, messi a guida della nostra Enotria, dell'Europa e del mondo, grazie alle lobby “che contano”.

 

Argomento di rigore, le celebrazioni (de che?!) del 1° Maggio, in bilico tra retorica e mestizia, discorsoni istituzionali, concertoni sindacali e geniali trovate degli espertoni, giunge a fagiolo l’occasione di tracciare un bilancio delle pseudosoluzioni alla drammatica crisi occupazionale che ci attanaglia, eminentemente quella giovanile, nel travagliato periodo storico presente: il famigerato Jobs-Act, scimmiottato dalla Lois du Travail hollandiana (strano, i cugini transalpini usano il francese, non il similinglese, ma, ad ogni modo, prima ci deridono e poi ci imitano…), norma condivisa da Monsieur le Président in pectore, Macron (macroscopici auguroni!), ha prodotto incremento della precarietà, reale e percepita, quindi calo del morale, dei mutui, dei figli (mica i cinque per coppia ordinati da Erdogan!) e fuga di cervelli e corpi in-gamba (anche in base ai consigli del “birraio” Poletti, di giocare a calcetto o, a calcinculo, levarsi dai piedi ed emigrare, quando non suicidarsi); il che, unito al conseguente invecchiamento demografico e ad un’immigrazione fuori controllo (o controllata ottimamente da oscuri figuri, forse talora correlati ad alcune ong “opache”, che le organizzazioni chiaramente oneste e meritorie, in maggioranza, dovrebbero invocare che fossero smascherate dalle inchieste della magistratura, anziché difendere indistintamente, a prescindere, l’intero sistema), dipinge un quadretto davvero assai rassicurante, entro cui solo i professionisti della paura non rischiano di rimanere oziosi.

 

Governantucoli da strapazzo ossequiano riconoscenti, sdraiati a lingua spiegata sotto le lussuose scarpette in puro scuoiato dipendente fantozziano, i vari avari Marchionne (o Marpionne, secondo i rari detrattori) e le famigliole Ace (Agnelli-Caracciolo-Elkann), in grado di estirpare indisturbati dal sacro suolo patrio e dal natio borgo civile Torino l’unico grande gruppo industrial-finanziario della Penisola, per trasferire baracche-e-burattini nei Paesi dai Bassi Balzelli fiscalmente paradisiaci (pensate se mai la Germania di Frau Merkel accetterebbe egualmente a cuor leggero la dipartita dell’omologa Volkswagen o Daimler!).

 

Non stupisce che qualcuno creda alle sirene: son sempre più affidabili dei palloni speciali che il “Bomba” spara a raffica, lui e i suoi compagnucci dei Poveracci Diavoletti (PD), aspiranti mica-muzio-scemoli, con la emme, che – Maria Elena d’Etruria in testa – spergiurarono di ritirarsi ab aeterno a vita privata, emuli di Cincinnato, di fronte all’esplosiva bordata di no che gli elettori referendari schiaffarono loro in faccia nel non lontano, dimenticato dicembre 2016.

 

Ennesima gloria caduta nella polvere, o dalla padella nella brace, fenice che non riesce a risorgere dalle ceneri: l’Alitalia. In picchiata all’arrembaggio dell’annunciato disastro o naufragio, comandata dai pavidi inetti amichetti im-prenditori e malamministratori, in cordata cogli arabescati emiri, che ad abundantiam ci han rifilato il bidone spaziale del datato, sovrastimato Air Force Renzi, l’aviolinea tricolore precipita e ammaina la bandiera. E Pantalone tornerà a scucire tanti bei soldoni sonanti, dopo che gliene hanno strappati a saccate per pascolare sui monticelli toscani dalle intascabili casse bucate (non so se ci siamo intesi…).

 

Licenziateci tutti!

 

Per fortuna, da oltreoceano sbarca la ricetta del brillante iperplatinato (Mc)Donald Trump per rinvigorire l’economia: a multinazionali e ricconi, meno freni regolamentari e notevoli spinte alla pollution, con meno (o niente) protezione dell’ambiente, meno imposte (15% massimo), che pagherà in compenso la classe-media già in ginocchio, e molti tagli alla sanità per i “non abbienti assicurazione”, ingredienti conditi al lievitare dell’arsenale militare e dell’aggressiva bellicosità ormonico-nucleare del gigante nordamericano… Insomma, meglio meno? O non sarà troppo? Addirittura i miliardari Bill Gates e Warren Buffet (il “Saggio di Omaha”) si sono affermati contrari e, nella prospettiva di quella che in un precedente editoriale avevamo definito rivoluzione intellirobotica, suggeriscono di tassare proprio le macchine che tolgono stipendi agli umani: che bolscevichi!

 

Il rapinoso capitalismo ingordo, bulimico, famelico: “due lupi e una pecora che decidono cosa mangiare a cena”, nell’inquietante metafora di un broker di Wall Street, intervistato da Michael Moore nel documentario Capitalism, a Love Story del 2009. Non è difficile intuire a quali tra noi abitanti del Pianeta tocchi il ruolo (il destino) dell'ovino citato. Ecco il globalesimo, cioè feudalesimo globale o globalizzazione feudale, ossia il neo-schiavismo delle app enne-punto-zero.

 

Quanti criticano la scientemente mistificata “decrescita felice” di Latouche (che significa ridurre le spese in antidepressivi, sfollagente e materiali inquinanti, aumentando il benessere psicofisico delle persone) ci han propinato invece il triste declino, mascherato da (falso) progresso inevitabile, distruttivo, con il connesso allargarsi della forbice tra privilegiati e pezzenti, nonché l’acuirsi delle ingiustizie: per semplificare, gli stessi cinesi, un tempo prevalentemente miseri e contenti agricoltori nelle campagne, adesso sono spesso miserabili e intossicati operai o impiegati nelle fabbriche delle megalopoli, alla Fritz Lang.

 

Il rimedio? Nessun rimpianto che sappia d'antico, né blablablà. Ascoltando le teorie di Bateson e Kuhn, urge che si muti radicalmente il paradigma mentale, in senso olistico. Magari, in luogo di elargire elemosine da urna, strategia di brevissimo respiro, bisognerebbe recuperare denari combattendo seriamente la vasta, endemica evasione ed elusione praticata agli alti livelli, stimolare massicci investimenti in ricerca-e-sviluppo, promuovere buona formazione obbligatoria insieme all’impegno all’aggiornamento professionale, in cambio di un dignitoso reddito di sostentamento, di cittadinanza – o come cavolo vogliate chiamarlo –, pure per favorire i consumi, a chi è rimasto in mezzo a una strada, senza ammortizzatori sociali. Sembra così bizzarro?

 

Lavoriamoci su.


Enrico S. Laterza


 

 

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Articolo pubblicato il 30/04/2017