Torino. L’ambivalenza di Chiara

La “Torino in chiara scuro” nell’analisi di Michele Ruggiero

Il susseguirsi frenetico di fatti, episodi e l’esigenza d’inseguirli e descriverli, bruciando il minuto, contribuisce indubbiamente a distogliere la serenità del cronista. Sarebbe invece oltremodo necessario voltarsi indietro, anche se a meno di un anno, per tracciare quel filo logico che, almeno sino ad ora, ha unito comportamenti ed omissioni della sindacatura Appendino e ci aiuterebbe indubbiamente a decifrare meglio il presente ed intravedere il futuro.

“La porta di vetro”, la rivista di Politica e Società edita a Torino, autorevolmente diretta da Michele Ruggiero, scrittore e notista che ogni giorno osserva e frequenta gli ambienti più disparati della città e sa valutare il detto e taciuto che proviene dai palazzi della politica cittadina, ha cercato di analizzare nel numero uscito nei giorni scorsi  con “Una Torino in Chiarascuro”, la sequenza non certo casuale di una “figura completamente costruita” come alcuni definiscono la nostra sindaca.

La metodologia seguita da Ruggiero è coinvolgente. Ripercorre e cerca d’interpretare i vari, significativi momenti seguiti alla notte dal 19 al 20 giugno, quando Chiara Appendino, eletta da pochi minuti sindaco della città, fece il suo ingresso trionfale in Municipio.

E’ un punto nodale per capire e per ricordare. L’invasione dei supporters del sindaco nella Sala delle Colonne del municipio, ove di fronte a giornalisti di testate nazionali ed estere e numerosi dirigenti di partiti concorrenti, si sono prodotti in slogan minacciosi del tipo “ve la faremo pagare” e allusioni pesanti ed esplicite sulla, per loro, conclamata disonestà dei precedenti amministratori.

L’arrivo festoso di Chiara Appendino, abbandonate le minacce, sulla scia dello slogan della campagna elettorale, “riprendiamoci la città”, intendeva abbracciare coralmente i presenti per dare avvio alla profonda trasformazione degli obiettivi, delle prassi e dei numerosi designati negli Enti sotto il controllo del Comune.

Era nell’aria la stesura di  liste di proscrizione e vendette ordite, in modo diretto e specifico da parte di un neo collaboratore che avendo lavorata in anni precedenti a Palazzo di Città, intendeva regolare i conti con il passato, allargando i suoi ostracismi anche alla dirigenza del Comune.

Ma ben presto le dichiarazioni di principio che pretendevano di ottenere la testa dei principali tributari del “Sistema Torino”, ad iniziare dagli ultimi nominati da Piero Fassino e cioè Francesco Profumo, presidente della Compagnia di San Paolo e Paolo Peveraro,  presidente dell’Iren, finirono nel dimenticatoio.

Sono seguite le assenze strategiche della sindaca in momenti importanti della vita della Città.

Nelle more di conoscere programmi o valutare l’aplomb della sindaca su decisioni e scelte strategiche, quali il destino del Salone del Libro, scippato nella parti nobili dai milanesi, abbiamo assistito alla condivisione totale con l’impostazione del problema snocciolato e risolto (vedremo con quali esiti) dal presidente della giunta regionale, Sergio Chiamparino, con l’invasione del Clan dei pugliesi a scapito di risorse e personalità di cui la Regione non è certo avara.

Il capolavoro della condivisione si è registrato in occasione della designazione del presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino. Non una sillaba ha pronunciato la sindaca per porre candidature alternative alla nomina di Giovanni Quaglia, un personaggio che da anni ricopre incarichi nel sistema delle Fondazioni Bancarie, benedetto da Chiamparino e dai notabili dell’ABI e del “Sistema Torino”.

Queste ed altre significative convergenze attirano, a partire da coloro che si aspettavano o temevano il cambiamento, il titolo di Chiappendino alla traballate barca che dovrebbe presiedere alle decisioni concertate tra il Comune e la Regione.

Nonostante l’inazione della giunta, qualche risultato sta ancora arrivando grazie alla scia dei contatti internazionali intessuti e potenziati dal sindaco Fassino negli anni scorsi.

Contestualmente  si è assistito ad una inusuale mobilitazione della grande stampa nell’esaltare il ruolo di mamma e sindaca svolta da Chiara Appendino.

Il volto umano nel accogliere gli anziani della Crocetta o situazioni non conflittuali e lontane dalle problematiche urgenti per la città, trattate sempre con distacco e cercando di dissociarle dalle responsabilità della sindaca.  E’ poi seguita l’attestazione, mai basata su elementi oggettivi, di “Miglior sindaco d’Italia” e un’Ipotizzata candidatura di Chiara Appendino per la presidenza del Consiglio.

 Ma per tacitare i pegni elettorali, abbiamo assistito a comportamenti meramente di facciata. L’uscita dall’Osservatorio della TAV, ininfluente per l’avanzamento dei lavori del tunnel, ma strategica per privare la città e la città metropolitana dei vantaggi a caduta previsti dalla legge.

Così l’insensato blocco della circolazione per due domeniche di fine marzo, con l’intento di “educare”, oppure il progetto di ulteriori piste ciclabili che collocate in vie decisamente commerciali, potrebbero creare pregiudizio alla circolazione automobilistica ed al piccolo commercio.

Non ha invece avuto dubbi Chiara Appendino, dimostrando un cinismo degno d’attenzione, nel delegare il vice sindaco a presenziare ad un’assemblea di supporters in Borgo San Paolo, che lamentava il mancato rispetto del programma elettorale in materia ambientale e di scarsa attenzione al disagio sociale di sfrattati e occupanti abusivi di alloggi sfitti.

Categorie ampiamente corteggiate nel corso della campagna elettorale.

Così pure la sindaca non ha mai accolto l’invito delle circoscrizioni periferiche che hanno ripetutamente manifestato contro i notevoli disagi conseguenti alla permanenza di  1300 profughi al MOI e del campo rom di via Germagnano, ove oltre al disagio sociale si associa l’inquinamento ambientale.

Il tema rom è bellamente ignorato e, forse a partire dei prossimi giorni, lo sgombero delle palazzine del MOI avverrà con il supporto determinante dell’Arcivescovo Nosiglia e con il fattivo contributo finanziario della Compagnia di San Paolo.

La risposta politica della sindaca è invece consistita nella concessione alla costruzione di ben 15 centri commerciali in ogni circoscrizione della città.

La squadra della sindaca come è emerso dalle approfondite analisi che Michele Ruggiero ha sviscerato intervistando i principali oppositori in Sala Rossa, la vetero comunista Eleonora Artesio, il candidato sindaco Civico Alberto Morano, il capogruppo del PD Stefano Lo Russo e il candidato sindaco di Forza Italia Osvaldo Napoli, si distingue per l’assoluta mancanza di progettualità.

Non si mettono in campo misure adeguate a favore dell’occupazione giovanile e contro la fuga dalla città di attività industriali e presenze significative, non si delinea il percorso della M2 e di altri progetti che oltre ad attirare capitali e contribuire ad invertire il calo occupazionale, nobiliterebbero la città.

Così, da parte del notaio Morano, si nutrono ampie riserve sulle competenze professionali della bocconiana sindaca. E’ scoppiata la vicenda dei Bilanci falsi del Comune  ed ai torpidi intrecci tra il bilancio del Comune e quello della GTT, di cui, su denuncia di Alberto Morano, se ne sta occupando la magistratura e la Corte dei Conti.

Chiara Appendino che ,senza batter di ciglia ha firmato i bilanci di Fassino, condividendo di fatto una situazione non conforme alla Legge, si era comportata in analoga maniera nella precedente legislatura, quando, con l’incarico di vice presidente della Commissione Bilancio avrebbe potuto approfondire le malefatte amministrative e, se del caso, sporgere denuncia.

In consiglio comunale i 24 consiglieri di maggioranza sono autentici yes men, oltretutto senza esperienze amministrative e di conoscenze di molteplici aspetti della città.

Gli assessori di ambo i sessi, lontani dalla problematiche di Torino, ma in possesso di qualche conoscenza meramente teorica, ogni tanto diffondono linee d’intervento quali la riduzione delle fermate dei mezzi pubblici ed il blocco serale della circolazione dei mezzi, non certo congeniali e risolutive per una città che invecchia, oppure il taglio lineare dei contributi per la cultura, quando a parole, da anni si afferma che cultura e turismo dovrebbero rappresentare il volano per la ricrescita di Torino.

A progetti fermi e, valutando la scarsa attività del consiglio comunale che si diletta nell’approvazione di  provvedimenti minori e non certo strategici, pittoreschi ordini del giorno e altre amenità quali l’intitolazione di giardini e le commemorazioni,   ci si chiede se la sindaca, quando si deciderà a governare, opterà sfacciatamente per la decrescita felice per lei, ma infelice per la gran parte dei cittadini, oppure quale sarà l’idea della città che ha in mente Chiara Appendino.

Cosa si cela sotto il vestito di Chiara Appendino?

Solo studiando l’ambivalenza della sindaca, la capacità di “spostare l’asticella “ e mettere a fuoco aspetti e progetti poi dimenticati, potremo cercare d’interpretare il futuro e soprattutto preconizzare quale Torino avremo davanti  a noi, se la bonaccia politica e, soprattutto giudiziaria consentirà a Chiara Appendino di occupare lo scranno più alto del Comune, ancora per quattro lunghi anni.

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Articolo pubblicato il 19/04/2017