Svezia, ora l'attentato non è più fantasia di Trump. Sono trascorsi meno di due mesi e non c'è più nulla da ridere.

Il commento di Andrea Colandrea sul nuovo attacco a Stoccolma.

Nuovo terrore, questa volta nel cuore della nordica Scandinavia. L'attentato commesso nella metropolitana di San Pietroburgo lunedì scorso, che ha provocato nove morti e venti feriti, ha avuto dunque un suo triste corollario di sangue e terrore quest'oggi, nella civilissima Stoccolma, dove nel primo pomeriggio un camion è piombato a tutta velocità nella folla provocando nuovi morti - almeno cinque secondo le informazioni attuali - e otto feriti. Ci sarebbero stati anche degli spari, ma non si sa ancora chi li ha esplosi e con quali armi. Ma tant'è, ne saremo edotti nelle prossime ore. 

Se è ancora presto per dire se si sia trattato di un attacco terroristico vero e proprio messo in atto da qualche fanatico o emulo dell'ISIS istruito ai dettami del salafismo o del wahabismo (la prudenza del cronista è d'obbligo, ma il premier svedese è già di questa opinione), ciò che si può dire fin d'ora - proprio perché è, ahinoi, sotto gli occhi di tutti - è che questo nuovo "incidente" con il suo inevitabile tributo di vittime innocenti assomiglia molto agli assalti di altri lupi solitari messi in atto negli scorsi anni e mesi. Gli ultimi con questa dinamica hanno avuto luogo a Nizza il 14 luglio 2016, a Berlino il successivo 19 dicembre, a Londra il 22 marzo scorso. E ora, appunto, è accaduto di nuovo in Svezia.

Senza guardare troppo a ritroso nel tempo, fatti simili sono stati registrati, come purtroppo sappiamo, ancora prima: con frequenza disarmante, ad Ankara e a Istanbul, a Bruxelles e a Parigi, dove gli attentati organizzati dall'impenetrabile rete islamica internazionale hanno fatto decine di vittime facendo scorrere fiumi di parole e di indignazione in tutto il mondo civile.

L'obiettivo dei registi del terrore, che nonostante tutte le intelligence e le polizie di questa malandata Europa continuano in effetti ad alzare il tiro incuranti di tutto e di tutti, è uccidere e seminare il panico nel cuore del Vecchio continente: mai come prima d'ora vittima inerme di un sistema di valori basato sulla vendetta e sulla morte a orologeria. 

Ma ricordate le sparate di Trump lo scorso 19 febbraio, irrise anche in Svezia, sull'attentato fantasma (allora effettivamente mai avvenuto in quel Paese) da parte di sedicenti terroristi islamici?

Era il discorso che avrebbe dovuto supportare il famigerato muslim ban, lo stop all'ingresso dei musulmani negli Stati Uniti. Lo stesso mondo politico svedese, in quell'occasione, aveva sollevato dubbi e perplessità su quell'improvvida uscita tacciata come un'amnesia "sui generis" da parte dello stesso presidente USA, che per spiegarne le ragioni si era poi arrampicato sui vetri.

I social media, Twitter e Facebook, erano stati facile ricettacolo di critiche, di risate e di alzate di spalle da parte di cittadini di tutto il mondo. I giornali, soprattutto i detrattori del capo della Casa Bianca, si erano scatenati. Sono trascorsi meno di due mesi. E ora non c'è più nulla da ridere. Si è passati alla sobrietà, allo shock, e alla paura.

Trump, a sorpresa, la scorsa notte ha deciso un attacco frontale a suon di decine di missili contro una base del regime di Assad (con motivazioni quantomeno discutibili e certamente poco convincenti, soprattutto alla luce dei trascorsi americani nel ruolo di poliziotti del mondo).

La Svezia piange i suoi morti. E i terroristi continuano a sfidare l'Occidente mietendo nuove vittime: creando insicurezza e tante incognite per il futuro. Sì, perché al di là ogni riflessione più o meno sensata, attentato dopo attentato, ai cittadini europei appare sempre più chiaro che chi muove i fili del terrore ha un grosso vantaggio: colpire e sparire in fretta, come un nemico invisibile, facendoci perdere il senso della sicurezza che abbiamo avuto per anni, noi e i nostri figli. E scusate se è poco.

cdt.ch

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Articolo pubblicato il 07/04/2017