L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS Francesco Rossa: Torino. Che fare per l’Europa?

Sono trascorsi 60 anni dai Trattati. Urge rilanciare il Progetto Europeo

E’ volata via la settimana dedicata a celebrare in poma magna, i 60 anni dei Trattati di Roma, culminata nella capitale, il 25 marzo alla presenza dei capi di Stato e di Governo dei paesi dell’Unione. Non si sono verificati i formali strappi che la titubante Commissione aveva temuto, ma il risultato ottenuto, non è certo incoraggiante.

La preparazione dello storico evento è stata dominata dalle incertezze. Qualche stolto, nelle more della stesura del documento celebrativo, stava inserendo il principio della doppia velocità di marcia e altre misure rinunciatarie.

Enunciazione subito corretta, considerato che da più parti sì chiedevano smentite. A conclusione della cerimonia ufficiale, il mondo ha assistito ad una scena che rivela la debolezza dell’attuale direttorio. Il pavido Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo, con l’espressone del volto sollevata dallo scampato pericolo, ha impugnato, come un trofeo, il documento conclusivo con le firme di tutti i partecipanti al momento celebrativo.

I fiumi di parole vacue e prive d’indirizzo hanno rimarcato la inadeguatezza della Commissione a raddrizzare la barca. L’Italia, almeno come Paese da cui il tutto ebbe origine, avrebbe dovuto affermare, con chiarezza ed orgoglio, che i nostri padri costituenti, parimenti agli altri partners europei, non furono effimere comparse, ma avevano le idee chiare.

Molti di loro, sin dagli anni delle dittature imperanti, giù preconizzavano l’integrazione europea quale via obbligata per garantire il progresso economico e sociale, per l’affermazione della concordia tra Paesi che da secoli si erano combattuti in conflitti laceranti.

Purtroppo Gentiloni o non conosce la Storia o ha nutrito il giustificato timore di non essere all’altezza di Alcide De Gasperi e di Gaetano Martino, perché le omissioni del suo intervento sono davvero riprovevoli.

Vedremo il seguito, se le nubi che si stanno addensando, potranno essere evitate con un rinnovato impegno, senza la ripetizione degli errori del passato.

 

Miglior dignità e concretezza si è riscontrata nella seduta aperta del Consiglio regionale del Piemonte, convocata dal presidente dell’Assemblea Mauro Laus mercoledì 29 marzo con all’odg “L’unione europea a 60 anni dai trattati di Roma”

La partecipazione corale dei dirigenti storici e recenti del Movimento Federalista Europeo, ad iniziare dai Professori Roberto Palea e Sergio Pistone, antico assistente di Alessandro Passerin d’Entrèves che nell’Unione federale dei popoli europei fondava il suo DNA di studioso della filosofia politica e di cittadino, ha contribuito alla focalizzazione dei temi.

Ne è emersa una diagnosi attenta sulle difficoltà con cui in Europa si stanno affrontando la lunga crisi economica e finanziaria, l’emergenza rifugiati ed il problema della sicurezza interna ed esterna. Questi aspetti stanno erodendo il consenso dei cittadini nel confronti dell’Unione europea. Le radici di questa difficoltà, secondo i relatori, vanno da ricercare nell’assetto istituzionale dell’UE incompleto e inadeguato.

Quando la parola è passata ai consiglieri regionali, se si tralasciano i nostalgici dei filo spinato di ieri e sostenitori oggi delle preclusioni ideologiche sulle tematiche europee, si è invece riscontrata una condivisione di fondo degli interventi, sugli obiettivi dei padri fondatori del principio d’integrazione europea, pur giungendo a conclusioni differenti sotto specifici angoli visuali. Così per Giorgio Bertola, Davide Gariglio, Gilberto Pichetto e il presidente Sergio Chiamparino Chiamparino, per citare i principali.

Un intervento che ci ha riportato al fulcro del problema ed affrontato di petto i malesseri dell’attuale situazione l’ha pronunciato Gianna Gancia, nel rivendicare il ritorno alla concezione dell’Europa federalista e liberale, dei popoli e delle persone, che dovrebbe venire unificata non dall’alto, ma attraverso la creazione di uno spazio di interazione competitiva che favorisca la libera scelta da parte dei cittadini, con la protezione delle istituzioni federali.

Indicazioni che orgogliosamente ci debbono ricordare che dal Piemonte è partita, in anni lontani l’indicazione alla via europea per consolidare le condizioni di pace, libertà e prosperità e poterci confrontare con il mondo partendo dalla costituzione ed integrazione europea. “L’Europa liberale è l’Europa della tradizione umanistica, cristiana e liberale, prosegue la consigliera Gancia. E’ l’Europa della libertà individuale, dell’efficienza economica, della solidarietà tra le persone e tra i popoli. E’ l’Europa che agisce unita in tutte le grandi questioni comuni, come la moneta, la difesa, la politica estera, l’immigrazione, ma che rispetta le identità e le diversità: perché esse – al contrario di quanto ritengono i socialisti - non sono un ostacolo, ma sono ma la vera essenza del nostro continente”.

Principi basilari, in armonia con le teorie espresse da Luigi Einaudi in esilio e poi manifestate nel suo impegno politico di altissimo livello.  Così nella rivendicazione della scelta occidentale e nella difesa dell’economia di mercato sostenute come indispensabili per l’Italia da parte di Marcello Soleri. Per non tralasciare il messaggio europeista e federalista sancito nella Carta di Chivasso e l’impegno europeista tramandatoci da Duccio Galimberti che dopo l’8 settembre 43 scrisse il Progetto di Costituzione confederale europea ed interna. “I Patti di Saretto” firmati il 31 maggio 1944 dal Movimento Giustizia e Libertà cuneese con i resistenti francesi, preconizzava non l’unione di Juncker e di Prodi, ma sosteneva una visione dinamica e partecipata di Federazione dei popoli europei.

Potremo ben sperare che nonostante le dimenticanze di Gentiloni, proprio dalla componente liberale e federalista del consiglio regionale del Piemonte, possa partire l’anelito ed il rinnovato impegno di abbandonare le figuracce felpate dei ministri italiani a Bruxelles, l’elefantiasi burocratica, costosa ed inconcludente, le direttive che hanno ammazzato la nostra agricoltura ordite a Bruxelles e favorite e subite dall’ignavia di nostri rappresentanti.

Su questo fervore dovrebbero regolarsi coloro che il più delle volte indegnamente ci rappresentano, rei di troppi errori.

Confidiamo in nuove generazione di politici che credano nell’Europa delle origini, pur adeguando mezzi e strumenti alla realtà economica e sociale in evoluzione. Le conseguenze di una globalizzazione selvaggia e le mire protezionistiche degli Stati Uniti e della Russia, impongono all’Europa l’adozione di una politica autorevole ed idonea a fronteggiare ogni ulteriore rischio d’involuzione.

In un convengo al Teatro Carignano di Torino, alla vigilia delle prime elezioni del Parlamento europeo, un insigne liberale ed europeista piemontese, Vittorio Badini Confalonieri, infervorò un pubblico attento sul tema: “Che fare per l’Europa”.

Si preconizzavano le tappe, dense di contenuti atti a rispettare il cittadino europeo, a partire dal diritto alla libera circolazione delle idee, delle persone, dei capitali e delle merci, a garanzia della sua Libertà.

Questo da oggi dovrebbe diventare il nostri impegno, per stimolare le forze politiche a non spedire nel 2019 al Parlamento Europeo ed al Governo, imbonitori, ormai datati e screditati, che con le loro scelte hanno già causato fallimenti ed insuccessi nelle nostre regioni e nello Stato.

Ma mirare alto. 

Francesco Rossa
Direttore Editoriale
Civico20News.it

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Articolo pubblicato il 02/04/2017