"Civico20" pubblica un capitolo tratto da "Verso il sole nel segno del Leone", romanzo autobiografico del 1998 di Carlo Mariano Sartoris.

Carlo Mariano Sartoris redattore del nostro giornale.

Cercarsi dentro.  

Il capitolo è tratto da "Verso il sole nel segno del Leone",

romanzo autobiografico del 1998

 

Forse non un demone, ma uno spirito tanto saggio quanto implacabile, ha deciso per me di riportarmi indietro, tra le cose semplici della vita e per farlo ha dovuto stoppare l'esuberanza di un'esistenza a tutto gas, e bloccarmi. Dove sono da tempo. A purgarmi con la sofferenza fisica e morale, per trovare nel fondo, nel buio della disperazione, una sporadica luce di verità.

        Forse i demoni non c'entrano e le colpe non esistono, ma troppa sofferenza stanca, sconcerta e confonde e allora, a volte, quando la piramide delle sventure si sgretola e ti crolla addosso e tu, impotente e vinto, stanco di pregare Iddio, stanco di umiliarti e colpevolizzarti di non si sa più neppure cosa, stanco di girarti indietro e ritrovare sempre gli stessi inutili poiché, girandoti in avanti, sempre più spesso senza riuscire a realizzare un valido perché, spesso ti lasci cullare dalle allettanti lusinghe dell'ultimo dei pensieri sinistri.

        Quante volte in questi troppi anni, abbandonando l'umiltà che la sofferenza insegna e ricadendo nell'orgoglio ferito di me mortale, ho sognato, programmato e tentato di trovare un buon sistema per farla finita e morire.

        Finita con la paralisi, la sanità, i processi, finita con questa vita dura che non finisce mai e partire via verso l'ignoto, senza paura, con l'unico intento di non esserci più.

        Quante volte ho passato ore a immaginarmi sdraiato tra i fiori di alta montagna, sdraiato in pendenza, in modo da poter abbracciare con lo sguardo la valle, attendere il calar del sole, salutare i raggi del tramonto e spegnermi anch'io, ringraziando il mondo di avermi ospitato e trangugiare i semi di quelle bacche rosse che in pochi minuti stopperanno il battito del mio cuore.

        Trapassare altrove, con il vento che accarezza le orecchie con il suo canto, con il profumo dei pini a salutare le mie narici, con il capo a toccare la terra e nello sguardo, il candido transito di una nube che mi chiama verso il cielo blu, e nel buio, l'ultimo fischio del treno che parte, il sibilo lontano di una brava marmotta.

        E poi guardarmi da fuori, come già una volta mi capitò per un momento, guardare uccelli e formiche cibarsi di me e sentirmi ancora una volta utile e vivo.

        Quante volte tutto ciò è successo, meravigliosamente vero e democratico nel centro della mia fantasia e quante volte la risposta, ancora una volta, è stata no.

        Non posso muovermi fino alla montagna che vorrei, non posso sdraiarmi tra l'erba e le cavallette di settembre e non posso portarmi alla bocca la dolce, naturale pozione ed il perire in altro modo, sebbene possibile, ancora non mi conquista.

  Troppo poco romantico e ingrato lasciare questo mondo senza tornare alla montagna, morire in maniera più sporchevole, violenta o chimica è un rimedio poco estetico, anche se, nei momenti più duri, quando già ci sono andato vicino, quando la mente non ne vuole più sapere, una granata in bocca andrebbe benissimo.

        Il pensiero di una morte decorosa ed elegante stuzzica spesso questa mia infranta voglia di vivere, e proprio per amore della vita, forse presto questo scherzo lo farò.

Fra tanti buoni motivi per farlo, ogni volta che sono andato ad un passo dalla grande fuga, ora gli occhi di due bimbe ormai signorine, ora la presenza provvidenziale di tanti volti amici ed altre volte ancora, casuali interferenze del mondo e della mente mi hanno restituito la motivazione per continuare ad esistere ancora un po’. In questo mio stato d'animo che sembra il grafico di un elettrocardiogramma mi stupisco nel ritrovarmi ogni volta coinvolto in qualche nuovo progetto per vivere.

        Sempre più invischiato in un indescrivibile inventario di emozioni che rendono questa esistenza statica e tempestata, stimolante e originale allo stesso tempo, continuo dunque ad essere, regalandomi il gusto di vivere veramente alla giornata, godendo dei colori di un tramonto o di una gita in compagnia di un uomo intelligente, e tutto avanza pur nella sua follia.

        E quando sarà, e come, poiché la morte esiste, non può essere poi un qualcosa di così cattivo.

        Questo demone, almeno per oggi, comunque può attendere.

 

 

 

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Articolo pubblicato il 01/04/2017