Arti robotici con impulsi cerebrali
Fonte: Corriere AVIS Torino n. 1/2017

L’articolo del dottor Mario Turani parla di futuro, all’apparenza così lontano ed invece già così presente da interessare da vicino gli studiosi di postura

L’amico Massimo Boccaletti mi segnala questo articolo del dottor Mario Turani, apparso sul Corriere AVIS Torino n. 1/2017, che sottopongo ai Lettori di “Civico20News” (m. j.).

 

Sviluppo delle tecnologie per il controllo di arti robotici con impulsi cerebrali

 

Mario Turani

Specialista in odontostomatologia, posturologo

 

Oggi parliamo di futuro, all’apparenza così lontano ed invece già così presente da interessarci da vicino, come studiosi di postura. Lo scenario: un campo di calcio, la palla sul dischetto di centrocampo e tutto pronto per il fischio d’inizio. L’atleta si avvicina, colpisce la palla, che finisce in rete nell’esultanza dello stadio. Fin qui niente di straordinario. Ed invece sì, perché l’autore del goal è un giovane paraplegico inchiodato su una sedia a rotelle ai bordi del campo, impossibilitato quindi ad alzarsi in piedi e camminare. Figurarsi a calciare la palla.


Dov’è allora il miracolo? Il paraplegico atleta in realtà indossa una tuta robotica, meglio definita come “esoscheletro” che ne avvolge le gambe e permette i movimenti corporei su comando del suo cervello. Su questo fantastico obiettivo stanno lavorando i ricercatori dell’americana Duke University, una delle più prestigiose al mondo. Le ricerche in tal senso presero avvio negli anni Sessanta, quando per la prima volta si cercò di entrare nel cervello di animali per vedere se un impulso neurale si poteva trasmettere ad un computer, che avrebbe ordinato ad un dispositivo meccanico di compiere un movimento.


Dal ‘90 in poi si cominciò a impiantare nel cervello di topi e scimmie centinaia di sensori flessibili, sottili come capelli e noti come microcavi, in grado di rilevare minimi segnali elettrici o potenziali d’azione generati da centinaia di neuroni distribuiti lungo la corteccia frontale e parietale degli animali.


Poter comandare e controllare col solo pensiero macchine e robot ora è quasi una realtà, perché in molti centri di ricerca nel mondo sono state sviluppate tecnologie per il controllo di arti robotici con impulsi cerebrali, grazie alla trasmissione senza fili di segnali originati nel cervello a un computer portatile collocato in uno zainetto sulle spalle. Sarà il pc a tradurli in comandi motori digitali in modo che, dopo aver stabilizzato la postura dell’atleta disabile, “l’esoscheletro” possa trasmettere alle gambe meccaniche i movimenti di una camminata. Il controllo cerebrale delle macchine può essere in grado di dare mobilità a pazienti immobilizzati da lesioni o malattie, ristabilendo le funzioni motorie non solo nelle vittime di incidenti e di guerra, ma anche in pazienti affetti da sclerosi laterale amiotrofica (Sla), Parkinson e malattie analoghe.


Non solo. Le onde cerebrali volontarie, alfabeto biologico alla base del pensiero umano, potranno un domani pilotare anche piccoli e grandi robot da lontano, controllare velivoli a distanza e consentire forse ai componenti di una rete collettiva cerebrale di condividere pensieri e sensazioni. Da quest’interfaccia cervello-macchina con la sola forza del pensiero potranno inoltre scaturire operazioni complesse come manovrare robot in ambienti dove gli umani non possono entrare, pilotare uno strumento microchirurgico nell’organismo o riparare danni in un impianto nucleare.


Questi dispositivi neuroprotesici, o interfacce cervello-macchina, consentiranno agli scienziati di fare molto di più per il disabile e anche la postura, elemento fondamentale della vita di relazione, ne trarrà vantaggio. In uno scenario virtuale il disabile imparerà a controllare con la sola forza del pensiero i movimenti del corpo di un Avatar (*) virtuale e di fatto si potranno “sostituire” parti del corpo parzialmente o totalmente inefficienti dal punto di vista strutturale-meccanico e funzionale.


Come tutti gli eventi che comportano una importante accelerazione scientifica occorrerà porre particolare attenzione ai compromessi da pagare. L’aspetto giuridico-sportivo e bioetico-morale ne sono solo i più evidenti. Il rischio vero sarà provocare distorsioni nelle performance sportive e un’omologazione delle caratteristiche individuali, alienando così la spontaneità e l’unicità di ogni essere umano.

 

(*) Avatar: “colui che discende” in sanscrito significa incarnazione, assunzione di un corpo fisico da parte di un dio.

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Articolo pubblicato il 31/03/2017