Le “piccole Vandee” piemontesi, pagine dimenticate della nostra storia

Lo storico Roberto Gremmo rievoca gli eccidi di Piscina e di Carmagnola nel 1799

A Pinerolo (Torino), sabato 11 marzo, presso l’Hotel Regina, è stato presentato il saggio di Giorgio Enrico CavalloLa tirannia della libertà - Il Piemonte dai Savoia a Napoleone” (Chiaramonte Editore, 2016) che riguarda l’epoca rivoluzionaria in Piemonte, quando i francesi invasori perpetrarono, in nome della libertà, massacri vergognosi e i nostri antenati espressero tutta la delusione nei confronti di questi “liberatori” soltanto a parole con il detto: Liberté, egalité, fraternité: ij fransèis an caròssa, e noi a pè


Nel corso dell’incontro, presieduto da Roberto Chiaramonte, direttore del periodico “L’Araldo del Piemonte e della Valle d’Aosta”, lo storico Roberto Gremmo ha parlato degli eccidi di Piscina e di Carmagnola nel 1799, pagine dimenticate della storia piemontese, da lui definite come “piccole Vandee” piemontesi.


Il documentato e appassionato intervento di Gremmo può essere così sintetizzato.


L’invasione francese del Piemonte nel 1799 è stata caratterizzata da episodi d’una violenza inaudita, con stragi di popolani innocenti che hanno caratteristiche simili a quelle delle truppe naziste nel corso dell’ultimo conflitto mondiale, così ha esordito Gremmo per poi affermare che, in particolare, furono feroci e crudeli quelle perpetrate a Piscina, dove il 10 maggio i contadini arrabbiati strapparono le coccarde tricolori, guidati dal prevosto Camillo Galletto. Furono puniti dalla rappresaglia francese che uccise a sangue freddo un incolpevole popolano, fucilato e col povero corpo dato alle fiamme dopo la morte.


Ben maggiore la rappresaglia di tre giorni dopo contro i “paesan” di Borgo Salsasio di Carmagnola, uccisi a decine perché accusati di essersi opposti con la forza all’occupazione militare degli stranieri invasori.


In effetti più di settemila contadini si erano raccolti nel convento esistente allora nella borgata, ingaggiarono un’eroica resistenza alle truppe d’Oltralpe e vennero sopraffatti solo a colpi di cannone.


Uccisi o dispersi i resistenti Piemonteis, gli sciacalli che sventolavano il vessillo dei “grandi principi dell’Ottantanove” profanarono le ostie della chiesa e incendiarono le case e le saccheggiarono di ogni cosa di qualche valore.


Del genocidio dei contadini piemontesi, ammazzati senza pietà dalle truppe che esportavano sulla punta dei fucili la loro pretesa libertà, si è purtroppo parlato poco e malvolentieri, perché il mito fasullo della “grande revolution” resiste ad ogni critica.


Meno ancora si è indagato sui collaborazionisti locali dei francesi, forse peggiori dei loro stessi padroni.


Ci sono pagine di storia che debbono uscire dall’oblio, perché anche i poveri vinti di sempre abbiano almeno un giusto ricordo.


Solo in occasione del bicentenario dell’eccidio a Borgo Salsasio (noto anche come “borgh dla patela”, borgo della percossa) è stata collocata una targa ricordo su quello che restava del muro del convento dato alle fiamme. Varrebbe la pena di fare altrettanto a Piscina, questa la condivisibile affermazione di Gremmo.


Le violenze degli alfieri della “Grande Nation” non furono un’eccezione ma rappresentarono solo un aspetto della volontà di cancellare l’identità cattolica ed etnica della nostra Gente proprio come gli stessi francesi stavano facendo in Vandea: questa è stata la conclusione di Gremmo, che ha estesamente considerato questi eventi nel n. 13/2017 del periodico “L’Araldo del Piemonte e Valle d’Aosta, di recente pubblicato da Chiaramonte Editore.

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Articolo pubblicato il 18/03/2017