Lavoro in ripresa, ma la è crisi finita?

L’esigenza di riportare dati attendibili

Stiamo per vedere la tanto sospirata luce in fondo al tunnel? Secondo certe statistiche, sì. Un’indagine realizzata dall’Osservatorio del Lavoro della CNA, la Confederazione che riunisce molte piccole e medie imprese italiane, ha registrato un aumento degli occupati, a gennaio, del 2,3% in riferimento allo stesso mese dell’anno scorso e dello 0,9% rispetto a dicembre.

L’indagine è stata effettuata su oltre ventimila micro aziende artigianali con un totale di più di centomila lavoratori.

Questi dati positivi, emersi in modo inaspettato, lasciano ben sperare, ma si scontrano con altri, che indicano la presenza di preoccupanti fattori di incertezza. Il mondo imprenditoriale continua a favorire, infatti, non le assunzioni a tempo indeterminato, che sono precipitate invece dell’11,7%, ma quelle di altro tipo che hanno portato ad un aumento di addetti da dicembre, nelle piccole e medie imprese, dell’ 8,2%.

Tale trend è confermato pure dai dati degli ultimi anni: tra gennaio 2015 e il primo mese del 2017 i posti fissi sono diminuiti di quasi il 10%, dall’85,6% al 75,4%, mentre quelli a tempo determinato sono aumentati, del 9%, portandosi così dal 6,2% al 15,2% (gli apprendisti, invece, dal 5,9% al 7,7%).

Ci troviamo, forse, davanti ad un ennesimo tentativo di raccontare che la crisi economica iniziata nel 2009 sta finendo, ma è necessario chiedersi se ciò corrisponda alla realtà.

L’urgenza di trovare una via d’uscita si mescola a quelle misure palliative che alimentano false speranze. Viene rafforzato, così, quel populismo che offre soluzioni, tanto facili quanto inefficaci, nei confronti di problemi strutturali e pertanto complessi.

La disoccupazione non solo rimane un problema irrisolto, ma mette in discussione il concetto stesso di lavoro che, per sua natura, dovrebbe essere retribuito in maniera adeguata.

Lo sfruttamento però, sotto tale punto di vista, è all’ordine del giorno e viene rafforzato da una molteplicità di contratti esistenti che alimentano la creazione di nuovi posti di lavoro precari.

La flessibilità del mercato italiano, intensificata negli ultimi anni, non è sicuramente equilibrata in quanto è semplice perdere la propria occupazione senza però la possibilità di ritrovarla, come succede invece ad esempio negli Stati Uniti, a breve termine.

I danni derivanti da tutto ciò si manifestano nella possibilità per chi governa di rivendicare il successo di politiche economiche, che in realtà si rivelano disastrose, mentre l’opinione pubblica continua a patire  sofferenze ingiuste e senza fine che si intensificano ogni giorno di più.

Marco Paganelli

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 13/03/2017