Moda ed emancipazione femminile: un binomio indivisibile

Quando l’impresa si confronta con le grandi questioni

Se da un lato è vero che la moda spesso propone un’immagine femminile lontana dalla realtà quotidiana e dagli ideali per cui tante lotte sono state portate avanti, occorre osservare come molte conquiste e libertà di cui ora possiamo godere, siano state ottenute anche grazie ai mezzi messi a disposizione dal mondo della moda.

I primi sussulti risalgono ai tempi delle suffragette, donne che non volevano più essere considerate solo come mogli e madri e chiedevano di avere gli stessi diritti che la società riservava agli uomini.

Il loro unico mezzo per farsi notare era quello di organizzare azioni che per l’epoca erano estremamente provocatorie: andare in bicicletta, indossare pantaloni, scendere in piazza a manifestare.

Dagli Anni 20 del Novecento sul panorama della moda si affaccia lo stile unico e inimitabile di Coco Chanel, una delle poche ad aver saputo dar voce alle nuove esigenze delle donne che diventavano sempre più indipendenti.

Dal momento che potevano disporre di propri patrimoni, si avvicinarono anche al mondo dell’economia e della politica, prima assolutamente inaccessibili.

Chanel si dedica proprio a loro concependo abiti raffinati, eleganti e allo stesso tempo comodi. Il simbolo di questo ideale è il famoso tailleur, creato prendendo spunto direttamente dai completi dei suoi amanti: emblema del potere maschile, portato dagli uomini più ricchi e importanti, trovava ora la sua versione femminile.

Un altro segno di riscatto fu l’abbandono del corsetto, strumento di "tortura" che provocava danni fisici anche gravi a chi lo portava.

Oggi niente più reggiseni bruciati: il femminismo del 2017 comunica con magliette a caratteri cubitali. Maria Grazia Chiuri, la prima donna alla guida della maison Dior, nel giorno del suo esordio ha portato in passerella una basica t-shirt bianca recante la scritta “We should all be feminists” (“dovremmo essere tutti femministi”).

Il potente slogan è una citazione della scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie, icona della lotta al sessismo.

Un altro grande promotore di questo messaggio è lo stilista nepalese Prabal Gurung, cresciuto dalla madre, che alla New York Fashion Week ha fatto sfilare delle tee bianche con scritto “The Future is Female” e altre citazioni di personalità come Emily Dickinson. Tutte femministe convinte e dichiarate.

È interessante come il messaggio (“il futuro è delle donne”) sia stato ricontestualizzato. Nel ‘72, infatti Jane Lurie e Marizel Rios aprono la prima libreria femminista di New York con questo slogan e da qui furono prodotte spille e magliette per diffondere tale concetto.

Storicamente anche chi fa impresa è chiamato a confrontarsi e a prendere posizione sui grandi temi e sulle questioni capitali della propria epoca. Il confronto che contribuisce è necessario.

Per questo la scelta di DAI Impresa di porsi di fronte alla crisi economica proponendo la propria ricetta di economia circolare e di dinamiche di gruppo tra gli imprenditori.

Giada Speziale

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Articolo pubblicato il 10/03/2017