Capitale italiana Cultura 2018: vince Palermo, ma Settimo Torinese tra le finaliste

Cultura non è esclusivamente tutela dell’opera d’arte

Il tanto atteso verdetto è arrivato: Palermo è stata nominata Capitale italiana della Cultura 2018. L’annuncio è stato dato, lo scorso 31 gennaio, dal Presidente della Giuria del concorso, Stefano Baia Curioni, al Ministero dei Beni  Culturali.

Non è andata male, però, per Settimo Torinese che è arrivato tra le città finaliste con altri importanti capoluoghi. Abbiamo intervistato nuovamente la Vicesindaco e Assessore alla Cultura, Elena Piastra, per comprendere come il Comune e i suoi cittadini hanno vissuto questo percorso che ha promosso importanti iniziative sul territorio e l’immagine della città, alle porte di Torino, in Italia.

 

Perché, a suoi giudizio, Settimo Torinese è stata esclusa dal titolo di “Capitale della Cultura”?

Settimo non è stata esclusa: è stata addirittura selezionata nelle prime cinque finaliste, insieme a due capoluoghi di regione, come Palermo e Trento. Credo che il risultato sia straordinario. Se lo avessimo detto a qualcuno quando questo percorso è cominciato, non ci avrebbe creduto.

Quali benefici ha portato la decisione di candidarsi e che cosa ha lasciato questa esperienza alla città?

Il risultato immediato è la costruzione di una rete con altre città italiane, con cui abbiamo già iniziato a lavorare, per partecipare a progetti nazionali ed europei. Il risultato meno palpabile, ma molto importante, soprattutto sul lungo periodo, è una città culturalmente credibile.

Significa che sarà più semplice portare attività, azioni, progetti culturali qui e nelle periferie. In questo senso si è trattata di una piccola rivoluzione! E come tutte le rivoluzioni non tutti gli effetti sono immediati, sebbene siano in ogni caso molto profondi. La candidatura è stata la prova che anche in Italia è possibile iniziare un percorso coraggioso di trasformazione dei luoghi attraverso la cultura.

Come è possibile mettere in rete, nell’ambito di Torino, Città Metropolitana e Provincia, quelle realtà locali interessate alla cultura?

Ci stiamo provando: per esempio a Settimo è nato 5 anni fa il Festival dell’Innovazione e della Scienza. È un piccolo gioiello, capace di portare oltre 40.000 visitatori in una settimana. Dallo scorso anno collaboriamo con altre quattro grandi città della cintura, come Moncalieri, Grugliasco, Collegno e Rivoli e altre più piccole. È la prova della volontà di fare rete con prodotti culturali di qualità che possono essere condivisi e crescere, anche lontano dal centro.

Se la sente di ipotizzare una nuova candidatura, nei prossimi anni, di Settimo per il titolo di “ Capitale della Cultura”?

Credo che la nostra candidatura fosse un unicum per la storia e per il progetto. È difficile presentarla in una seconda occasione. Non lo escludo per il futuro, ma trovo più giusto pensare che la nostra “corsa” abbia aperto la strada a candidature di città meno famose e meno centrali, rispetto a quelle ben più famose cui va la mente, quando pensiamo alla cultura nel nostro Paese.

Il caso di Settimo ha voluto dimostrare che la cultura non è esclusivamente tutela dell’opera d’arte. Mi aspetto quindi che nei prossimi anni ci siano delle belle sorprese che possano dimostrare a Vittorio Sgarbi, che aveva apertamente criticato la nostra candidatura sulle pagine de “Il Giornale”, di aver bisogno di venire a risciacquare i panni nelle periferie, per trovare stimoli interessanti.

Marco Paganelli

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Articolo pubblicato il 08/03/2017