Collocarsi nel mondo - Grandi opere progettate insieme al territorio

Proponiamo l’ultimo e-ditoriale del Direttore di 2006PIU’ Magazine Marco Margrita sulla newsletter bisettimanale di DAI Impresa

“Io credo all’avvenire certo dell’apertura dell’istmo di Suez, perché sono convinto che l’Europa finirà per capire che è condizione della sua sopravvivenza aprirsi questa via verso le Indie e il mare della Cina, per controbilanciare la potenza di un popolo rivale che sta crescendo con stupefacente rapidità e sta diventando gigante al di là dell’Atlantico. Io dico che l’avvenire del nostro Paese è assicurato, che esso arriverà ad un grado di prosperità inimmaginabile oggi, perché sarà passaggio obbligato di una gran parte del commercio e del transito fra l’ Europa e l’Oriente”
Luigi Federico Menabrea
Atti del Parlamento subalpino, seduta del 25 giugno 1857

per l’approvazione del traforo del Fréjus


Il tema delle infrastrutture – intese come capitale pubblico durevole presente in un territorio – ha conquistato negli ultimi lustri un grande rilievo nel dibattito politico e della riflessione economica. Ancor di più nella porzione di mondo che ha visto nascere l'esperienza del Dai: la Val di Susa, con la nuova linea ad alta velocità Torino-Lione.

Questo territorio, non proprio traendone dei vantaggi in termini d’immagine e posizionamento, è emblematicamente diventato “quello dei No Tav”.

Chi si fa portavoce di questo territorio opponendosi alla “grande opera”

si dice l’unico ad avere piena disponibilità del sì o del no alla sua realizzazione.

La nuova linea ferroviaria, però, può essere correttamente letta solo inserendola nei corridoi trans-continentali di cui è parte. Di più, allargando lo sguardo alla dimensione  intercontinentale, se vediamo come Torino può essere snodo di una nuova “via ferroviaria della Seta”.

Su quest’ultima sfida è stato avviato uno specifico Forum delle città, con lo scopo di coinvolgere le aggregazioni metropolitane sugli snodi principali dei corridoi euro-asiatici sapendo che “la mobilità non è solo trasporto fisico, ma anche sociale e culturale” (Ernest Sultanov del MIR Initiative).

Questo vuol dire che il territorio può essere derubricato a mero scenario su cui “atterra” una volontà? Certo che no.

La filosofia più adeguata è quella di vedere l’opera come l’opportunità per riprogettare anche il territorio: l’opera e il territorio che si progettano insieme.

L’esperienza dell’Osservatorio nasce(va) con quest’obiettivo.

Non è scontato che questo accada, purtroppo. Ci ha, in questo senso, particolarmente colpito la dura presa di posizione dell’associazione “ImprenD’OC” di Chiomonte che ha denunciato il rischio di un annichilimento del paese che sta ospitando il cantiere del sondaggio geognostico.

Con le giovani portavoce del gruppo concordiamo sul fatto che “le compensazioni non debbano finire su rotonde e aiuole ma in programmi di sviluppo duraturo”.

Fare dell’opera un fattore di sviluppo, anche il Dai Impresa pensa che la questione meriti di essere messa a tema.

Marco Margrita
@mc_margrita
Direttore "2006più Magazine" e coordinatore "Echos Communication"

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Articolo pubblicato il 20/02/2017