27 e 28 febbraio: ghigliottina e turismo

Il 27 e il 28 febbraio sono state eseguite in Francia due esecuzioni capitali in località oggi considerate di forte rilevanza turistica

Durante le ricerche per la “commemorazione” dell’esecuzione di Henri Désiré Landru, avvenuta il 25 febbraio 1922, ho notato nel documentatissimo sito francese laveuveguillotine.pagesperso-orange.fr che erano state eseguite anche condanne capitali il 27 e il 28 febbraio.

Ho pensato di ricordare questi due episodi, il primo in particolare per la peculiarità del reato che ha portato il protagonista sul patibolo, l’incendio doloso di case abitate, e per il suo comportamento rassegnato e devoto al momento dell’esecuzione. Quanto al secondo caso, si tratta di un feroce omicidio a scopo di rapina.

Mi ha colpito in modo particolare il fatto che entrambe le esecuzioni si sono svolte in due località che i Francesi oggi valorizzano molto dal punto di vista turistico.

 

È lunedì 27 febbraio 1858. Siamo a Pradelles, comune francese dell’Alvernia, nel dipartimento dell'Alta Loira, e per le ore 12 è prevista l’esecuzione capitale di Pierre Sauzet, detto “Gandard”, lavoratore agricolo a giornata di 42 anni. Pierre Sauzet è stato condannato il 16 dicembre 1857, dalla Corte d’Assise dell’Alta Loira di Le Puy-en-Velay come incendiario recidivo: ha appiccato il fuoco all’ospizio e asilo notturno di Pradelles, il 4 febbraio 1856. Ha ripetuto questo gesto per due volte il 9 febbraio, lasciando solamente della cenere del vasto ospizio che forniva un prezioso asilo non solo alla popolazione locale ma anche a viaggiatori e militari che attraversavano la regione, dove il clima invernale è particolarmente rigido.

Pierre Sauzet ha ricominciato incendiando l’asilo provvisorio il 19 febbraio, all’indomani della sua costruzione, così come il 22 febbraio.

Il movente: la vendetta. Pierre Sauzet e i suoi complici, che campavano approfittando abusivamente dei sussidi dell’ospizio, avevano visto i loro “redditi” abbassarsi quando le suore avevano affidato la coltivazione delle terre annesse al loro stabilimento a dei servitori dipendenti e non più a loro!

I suoi complici, Louis Hugon e André Arnier detto “Pelet”, sono stati condannati ai lavori forzati a vita. Due altri complici, Régis Hugon e Isidore Bonnet, che hanno tentato di dare fuoco ad altri edifici dopo l’arresto dei colpevoli per ingannare la giustizia, sono stati condannati rispettivamente a dieci e sette anni di lavori forzati.

Pierre Sauzet, che in tribunale ha sostenuto con forza la sua innocenza, è rinchiuso nella prigione di Le Puy-en-Velay dove viene svegliato di soprassalto alle 3 del mattino. Si siede sul letto e accetta l’annuncio del suo castigo con fervore. Assiste alla messa poi dice al sacerdote: “Lasciatemi fare a piedi nudi il tragitto. Il Salvatore, andando al Calvario, non aveva le scarpe”. Il cappellano gli risponde: “Figlio mio, Gesù Cristo non andava in carrozza”.

Sauzet lascia la prigione alle 5 e sale in una vettura, diretta a Pradelles. Durante il viaggio prega. A Costaros, il convoglio fa sosta per cambiare i cavalli ed è esposto alla curiosità dei passanti che non esitano ad arrampicarsi sulla predella per guardare il condannato da vicino. Il prete si arrabbia e Sauzet gli dice: “Ma, padre, lasciateli fare! C’era molta gente alla Passione! Mi merito queste umiliazioni per aver amato così poco durante la mia vita!”.

Arrivano a Pradelles alle 10. Sauzet ottiene la soddisfazione di fare i suoi duecento ultimi passi a piedi nudi nella neve. Al municipio, è sottoposto alla toilette preparatoria. Il prete chiede all’esecutore di Riom di lasciargli un istante per predicare alla folla. L’esecutore acconsente.

Poco prima di mezzogiorno, il corteo arriva sulla piazza del mercato di Pradelles. Prete, esecutori e condannato salgono sul palco, dove il cappellano domanda agli spettatori di concedere il loro perdono al giustiziato e di pregare per lui. Esecutori e condannato si inginocchiano, recitano una preghiera e Sauzet viene posto sulla bascula della ghigliottina mentre sta ancora salmodiando.

 

La scena si sposta a Besançon, capoluogo della regione della Franca Contea, sabato 28 febbraio 1891, alle 7 del mattino, quando viene giustiziato Joseph-Auguste Clémençon, di 36 anni, conducente di animali di nazionalità svizzera e ladro recidivo.

Il 7 gennaio 1891 è stato condannato dalla Corte d’Assise di Doubs, con sede a Besançon, per aver massacrato a bastonate Célestin Mercier, mercante di cavalli di Recologne, di 55 anni, per rubargli 250 franchi (700 secondo altre fonti), il 12 ottobre 1890, sulla strada diretta a Vercel.

Joseph-Auguste Clémençon viene svegliato alle 6:20. Appare poco sorpreso dall’annuncio dell’esecuzione. Chiede di assistere alla messa celebrata dall’abate Desvignes. Di fronte al cancelliere del tribunale, dopo aver accettato un bicchiere di cognac, sostiene di non avere nessuna ultima rivelazione da fare. Viene ghigliottinato davanti alla porta della prigione.

 

Pradelles è oggi presentato come uno dei villaggi francesi più belli, con strutture turistiche e un rilevante patrimonio monumentale: la chiesa parrocchiale, cappelle, antiche porte cittadine, torri, edifici storici, fontane, una collocata nella piazza, dove si è svolta l’esecuzione.

Besançon, sulle rive del fiume Doubs, è addirittura paragonata a Roma perché circondata da sette colline ed è ricca di chiese, palazzi, strutture militari, forti. È particolarmente notevole la sua Cittadella, ideata dal Vauban e costruita tra il 1678 e il 1771 sul colle Saint-Etienne, principale monumento storico della regione con oltre 250.000 visitatori l’anno e, dal 2008, patrimonio dell’Unesco.

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Articolo pubblicato il 28/02/2017