No alla spoliazione omertosa del Museo Egizio

Manifestazione davanti al Museo Egizio – Sabato 18 febbraio 2017 dalle ore 15:00 alle ore 18:00

Tra l'indifferenza e la complice omertà della Città di Torino e della Regione Piemonte, si sta consumando un'intesa irrazionale ed illogica tra la Fondazione del Museo Egizio ed il comune di Catania.

Da oltre un anno, i gruppi identitari hanno dato l'allarme, poi tutto è tornato sottotraccia. Oggi il bubbone è venuto alla luce del sole.

L'accordo pare raggiunto tra la piccola città di Catania, indebitata con le banche e con lo Stato e la Fondazione torinese che, in dispregio dell'origine e della finalità della ricca collezione che sin dal 1600 la dinastia regnante aveva ricercato ed accumulato, invece di propagare la civiltà egizia nelle capitali Europee, con le opportune garanzie, s'immiserisce nei torbidi ed insicuri sentieri di Catania, con contratti sfuggenti e aleatori.

Oggi, tra la colpevole indifferenza del partiti politici, non sono solamente gli identitari ad insorgere. Anche le associazioni culturali torinesi, i cittadini ed un comitato ad hoc istituito, cercano di mobilitare i torinesi contro questo spudorato sopruso.

Civico20 è già intervenuto sull'argomento, assumendo una posizione chiara contro questa sconcertante decisione.

Ospitiamo con piacere la lettera di un cittadino che ha voluto documentarsi e oggi ci manifesta il suo sdegno.


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In Piemonte la notizia è maneggiata con estrema cautela. Il Museo Egizio di Torino impresterà (termine alquanto fuorviante, come si vedrà poco oltre) un determinato – a quanto pare non facilmente precisabile -  numero di preziosi  reperti facenti parte delle proprie collezioni alla città di Catania, dove si costituirà con essi un polo museale di antichità egizie.

Il 15 febbraio i promotori del “Comitato Museo Egizio Patrimonio Inalienabile” hanno aggiornato la cittadinanza in un’animata riunione, confermando che il trasferimento non può essere accettato e ciò a prescindere dal numero dei reperti imprestati, dato che, lamentano gli organizzatori, ci si trova di fronte a un’opacità che consente addirittura di fare variare congetturalmente il numero dei reperti che si vogliono inviare a Catania, a seconda delle fonti, tra esse fortemente discordanti, tra i 400 (quattrocento) e i 17.000 (diciassettemila).

La non trasferibilità dei pezzi, in ogni caso, è auspicata e rivendicata a gran voce dagli organizzatori del comitato e dai cittadini, a prescindere dal numero (che comunque diviene tanto più inammissibile quanto più sia elevato), ma in linea di principio,  anche di fronte alla notizia che in realtà il termine “prestito” non è altro che un’espressione eufemistica, finalizzata a velare la reale durata e portata dell’accordo che, di fronte ad un periodo “iniziale” di 30 (TRENTA [!]) anni si preannuncia, è persino troppo ovvio sottolinearlo, come permanente e senza “ritorno”.

La notizia del trasferimento circola ormai da vecchia data – ma su di essa pare non sia facile ottenere che gli enti coinvolti, a partire dal Museo stesso e dal Ministero per i Beni culturali, entrino debitamente nel merito e forniscano spontaneamente informazioni e dati certi, non solo sotto il profilo quantitativo ma anche qualitativo, il che finisce per apparire a molti quanto meno come sconcertante.

Non si può nascondere che, sino a che non se ne saprà di più e senza le lamentate reticenze, saranno possibili anche le ipotesi peggiori.

Tra l’altro non si potrebbe escludere che persino il recente riallestimento museale possa essere stato gestito all’insegna dei futuri prestiti, un fatto questo che deve indurre a soppesare e documentare pubblicamente e dettagliatamente, prima di qualunque decisione operativa e “definitiva”, le valenze, caratteristiche, originalità e via dicendo di ogni reperto, in considerazione del fatto che ci si potrebbe trovare di fronte ad un impoverimento non di materiali di secondaria importanza e non in un certo senso “multipli”, bensì di un corpus di importanza primaria.  

La cittadinanza ha il diritto di sapere di quali patrimoni esattamente si sta tentando di privarla.

Nel momento in cui il capoluogo subalpino e altre città del Piemonte si reinventano quali centri di attrazione turistica, sia per vocazione discendente dalle ricchezze naturali e culturali possedute, sia per assoluta necessità, dato che l’economia cittadina e regionale non brilla certo per favorevoli ritmi di espansione (semmai il contrario), appare del tutto inammissibile destinare straordinarie ricchezze appartenenti a Torino e al Piemonte e preziose quale ulteriore strumento di attrazione turistica a qualunque altra area nazionale o internazionale.

Siccome molti dei reperti destinati al cosiddetto “prestito” dovranno essere oggetto di ricerca e di studi, con essi se ne andrebbe fuori dal Piemonte anche una risorsa economica a latere di quella turistica, dato che le indagini su di essi richiederanno l’attività di studiosi e ricercatori dotati di articolate e molteplici competenze professionali.

Pertanto ai posti di lavoro virtualmente perduti nel comparto turistico, altri se ne dovrebbero aggiungere in altri ambiti.

A rendere il progetto e la vicenda ancora più intollerabili è, agli occhi degli organizzatori, il fatto che ogni decisione stia passando sopra le teste dei cittadini, in nessun modo consultati.

Pertanto è auspicato l’urgente coinvolgimento sia del Sindaco e Consiglio comunale di Torino, della Città Metropolitana, della Regione Piemonte.

Appare irrazionale, inoltre, in considerazione del fatto che pullulano possibili location idonee a trasformare un singolo museo in un circuito con capacità attrattive di livello mondiale, mentre la capitale del Piemonte (dove i Savoia cominciarono già nel Seicento a costituire un importante nucleo di antichità egiziane) come altre città ed aree piemontesi potrebbero prevalersene con benefiche ricadute culturali ed economiche sull’intera regione.

Non è fuori luogo, quindi, aggiungere che sarebbe auspicabile che anche altri Comuni del Piemonte, possano essere coinvolti e che possano manifestare eventuale interesse, dato che sarebbe sicuramente più ammissibile un eventuale prestito in ambito regionale, in alternativa al definitivo allontanamento delle collezioni dalla regione, alla volta della città di Catania.

Naturalmente nulla vieterebbe di progettare con la città siciliana altre possibili sinergie, prestiti di breve durata (anche provenienti da altre realtà museali) ed altre condivise iniziative culturali.

Gli organizzatori del “Comitato Museo Egizio Patrimonio Inalienabile” hanno annunciato una serie di iniziative per sensibilizzare la cittadinanza, gli amministratori, gli enti locali circa la oggettiva gravità di quanto descritto.

 

Gustavo Mola di Nomaglio

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Articolo pubblicato il 17/02/2017