Festival 2017: Serata finale - #adessotornanoiconti

Si chiude la sessantasettesima edizione del Festival di Sanremo e della canzone italiana.

Già, è proprio “Sanremo” che probabilmente stona nel contesto: sarebbe più opportuno dire: dei talent.

Il terzo anno dell’era Conti, probabilmente l’ultimo, ha segnato un ulteriore incremento di cantanti o pseudo tali, provenienti dai programmi televisivi ormai diventati un “must” per una certa fascia di pubblico, che hanno trasformato l’happening sanremese in un “Sanremo-talent” che potrà piacere ai più giovani, ma che lascia sicuramente l’amaro in bocca a chi, come me e tanti e tanti altri, ama la buona musica.

Buona musica che non è certo stata protagonista dei cinque giorni di show: sposo una teoria secondo la quale il meglio è da considerarsi il meno peggio.

Ormai da anni mi batto, quasi da solo, debbo dire, contro la presenza dei super-ospiti durante lo show: sarebbe bello, davvero bello, vedere i “grandi”, magari quelli che tanti anni fa sono stati clamorosamente trombati e che adesso riempiono gli stadi, due nomi a caso, Zucchero e Vasco Rossi, cimentarsi con la gara, mettersi in gioco, metterci la faccia.

Anni fa (1964-1965), il mitico Mike Bongiorno,  per non scontentare nessuno, nominò solamente il vincitore e tutti gli altri partecipanti, secondi classificati ex-aequo. Questo potrebbe in qualche modo, mitigare l’enorme ego di determinati personaggi e magari convincerli a partecipare al concorso.

Sicuramente non avverrà mai, ma potrebbe essere un’idea.

Ma c’è un secondo ragionamento che vorrei fare con voi, gentili lettori, sempre riguardo ai talent.

Mi sono chiesto, con alcuni degli amici che durante queste serate hanno condiviso con me la diretta di Sanremo sui social: questa musica “usa getta” per quanto può durare ancora? Quali saranno fra trent’anni i miti degli adolescenti di oggi? Forse Michele Bravi, Alessio Bernabei, Elodie, o Chiara?

Ragazzi magari con un minimo di talent, ma che vengono buttati allo sbaraglio, in un meccanismo più grande di loro e che subito dopo vengono messi nel dimenticatoio.

Ma permettetemi di dire, il talent, quello vero, è un’altra cosa: vuol dire gavetta, vuol dire studiare, vuol dire impegno serio e costante, vuol dire mangiare tante pagnotte, magari dure e stantie, ma che fortificano, rendono un vero artista.

Non basta saper scimmiottare questo e quello, non basta aver alle spalle un buon management e magari un autore affermato che ti da una canzone da cantare.

Cantare, appunto: questo forse sono capaci di farlo in tanti, interpretare invece sono capaci di farlo in pochi.

Guarda caso proprio nella serata cover, i migliori “interpreti” sono stati Marco Masini,  Michele Zarrillo e Fiorella Mannoia.

Provengono dai talent? No! Sono grandi artisti, e dico “artisti”? Si!

Certo “tutti cantano Sanremo”, come recita lo spot che ci ha tormentato per una settimana intera, pochi lo interpretano.

Questa è stata, a mio modesto parere, la grave pecca del #Festival2017.

Prova ne sia una cosa che ho notato durante la serata finale, a cui ho in parte assistito dalla sala stampa ”Lucio Dalla” prima di presenziare al Dopo-Festival: tutti i colleghi, età media 25-30 anni, composti durante le varie esibizioni, ma pronti a saltare, ballare e fare il verso della scimmia durante la canzone (canzone?) di tal Gabbani (Gabbani?).

Segno dei tempi che cambiano, sicuramente, come le mode.

Sarò demodè, ma mi tengo stretta la mia musica, quella musica che fa emozionare, quella fatta di canzoni che dopo trent’anni riescono ancora a farmi venire la pelle d’oca.

La domanda che mi pongo alla fine di queste piccole riflessioni, è retorica, ma non troppo: chi, tra trent’anni si ricorderà diIl diario degli errori”?

Se avete visto ed ascoltato Rita Pavone, vi sarete dati la risposta.

Per dovere di cronaca ha vinto il #Festival2017, Francesco Gabbani con “Occidentali’s Karma”, seconda classificata Fiorella Mannoia con "Che sia benedetta" e terzo Ermal Meta con "Vietato morire".

Il gradino più basso del podio va ad un bravo ragazzo, come ho potuto apprezzare in sala stampa e di persona, con le idee chiare e senza peli sulla lingua, e che, non è poco, non arriva dai talent.

Gradino intermedio ad una artista con la "A" maiuscola, che è riuscita a far suo, ad "interpretare", come si diceva poco sopra, il meraviglioso testo di Amara, trasformando la canzone, fin dal primo ascolto, in un classico del suo repertorio. Artista coraggiosa, che ci ha messo la faccia e si è messa in gioco.

Fiorella Mannoia, Michele Zarrillo e Marco Masini, combinazione gli unici veri artisti presenti al Festival, le sole persone che mi hanno davvero trasmesso qualcosa. Tra i grandi assenti della finale, Albano e Gigi D'Alessio.

Vince il Festival una canzoncina allegorica e nulla più, che diventerà sicuramente il tormentone dei prossimi mesi, e che sicuramente fra pochi mesi non ricorderà più nessuno.

Se penso che Francesco Gabbani andrà all'Eurocontest, in rappresentanza della musica italiana, mi viene l'orticaria.

#Sanremo2017 passa agli archivi, ne riparliamo l'anno prossimo.

P.S. Però è da martedì sera, da quando ho sentito la canzone vincitrice, che mi ronza in testa qualcosa, un “già sentito”, ma non sono riuscito a metterlo a fuoco, anche perché il processore del mio cervello comincia a perdere colpi.

La soluzione me l’ha data il Maestro Vittorio Cosma (già PFM) e la sua band (strepitosa)., durante il Dopo Festival.

Chiaramente la puntata sì è chiusa, a nottefonda, con il vincitore che canta il suo brano: ebbene la band ha cominciato con le note di "Occidentali's Karma" appena nominata vincitrice, per poi mixare su “La notte vola” (1989), di Lorella Cuccarini per poi virare ancora su “Run to me” (1985) di Tracy Spencer, sempre con Francesco Gabbani che continuava a cantare i suoi versi e che forse manco si è accorto dei mix in corsa.

#adessotornanoiconti

lla faccia del brano nremonveritàche forse manco si è accorto dei mix.

#Sanremo2017 è stato vinto da Claudio Cecchetto, questa è la verità. Amen.

Stay always tuned !!!

 

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Articolo pubblicato il 12/02/2017