Brasile in guerra contro i virus killer.

Il degrado delle favelas fa pagare ai brasiliani un prezzo altissimo.

È una caccia all’uomo quella che nello stato brasiliano del Minas Gerais si sta svolgendo negli ultimi giorni. Ma stavolta non è la polizia coinvolta bensì gli ispettori sanitari. “Stiamo battendo palmo a palmo tutte le zone urbane e nelle prossime ore ci spingeremo anche nelle aree rurali più isolate affinché nessuno, dico nessuno, sia escluso dalla vaccinazione”. A parlare con tono perentorio e deciso, è il segretario della salute della città di Caratinga, Giovanni Corrêa da Silva. Già, perché il governo del Minas Gerais ha ormai decretato lo stato di emergenza per l’impressionante onda di casi di febbre gialla.

 

Con uno speciale decreto ben 152 città adesso saranno monitorate con estrema attenzione e vaccini saranno a disposizione dell’intera popolazione. Tanto che da giorni file interminabili, notte e giorno, di fronte ai consultori pubblici, danno la misura della preoccupazione dei pazienti.

“Non si era mai vista una cosa del genere” racconta João, 62 anni. Pur appartenendo ad una fascia d’età che normalmente non viene vaccinata per la febbre gialla le autorità sanitarie hanno deciso di infrangere anche i limiti anagrafici. La paura che il virus mieta altri morti, infatti – oltre ai trenta contati da inizio di gennaio – è altissima.

La febbre gialla viene trasmessa, tra gli altri, dalla zanzara Aedes aegypti, una zanzara ormai definita killer in Brasile visto che in poco più di un anno è stata considerata responsabile della grande epidemia di zika. Ma non solo. Trasmette anche dengue e chikungunya, malattie spesso con sintomi simili, come estrema spossatezza, dolori articolari, febbre alta e in alcuni casi anche macchie sulla pelle.

L’improvvisa epidemia di febbre gialla del Brasile avrebbe secondo alcuni biologi una spiegazione nel recente disastro ambientale di Mariana, il più grande mai conosciuto dal Brasile. Nel novembre del 2015, infatti, si ruppero due dighe controllate da una società mineraria, la Samarco. L’improvviso tracimare di una montagna di fango seminò il disastro.

 

Morirono persone e animali. E chi è sopravvissuto ha dovuto fare i conti con un ambiente completamente devastato. Secondo un’équipe di biologi della Fiocruz di Brasilia molti animali, tra cui i macachi che sono amplificatori della malattia, trovatisi di fronte ad una penuria di cibo e a condizioni sanitarie terribili si sarebbero indeboliti contraendo così molte malattie, tra cui anche la febbre gialla.

E se non bastasse, a preoccupare gli scienziati brasiliani arriva adesso un altro virus che tra lo stato di Bahia e del Cearà ha già ucciso in poche settimane tre persone. Ribattezzato “il virus dell’urina scura” si manifesta con forti dolori, muscolari e renali ma soprattutto con un colore scurissimo dell’urina, simile a quello della Coca Cola. Il fatto che si sia sviluppato in regioni costiere, dove frequentemente arrivano gli scarichi fognari, ha fatto pensare che si trattasse di un virus collegato proprio alle insalubri condizioni delle reti fognarie.

“Da lì la contaminazione è un attimo. Basta un po’ d’acqua o un consumo di verdure crude che una persona con un sistema immunitario più basso ne venga colpita” spiega il professor Gubbio Soares dell’Università federale di Bahia, autore di uno studio sul tema.

Insomma, la guerra dei virus continua a non dare tregua al Brasile con nuove persone colpite da dengue e zika. Lo zika, in particolare, mantiene alta l’allerta degli studiosi. Non solo continuano a nascere bambini affetti da microcefalia, cioè da un cranio ridotto e ridotte capacità neurologiche e motorie, ma si aggravano le complicazioni. Alcuni di questi bambini nascono con cecità mentre da parto gemellare nascono alcuni sani ed altri malati.

 

Insomma un complicato puzzle cui stanno lavorando scienziati non solo brasiliani ma di tutto il mondo, senza però essere arrivati ad una conoscenza completa del virus. Virus per il quale, lo ricordiamo, non esistono vaccini e di fronte al quale, dunque, il Brasile intero è esposto in primis. Servirebbero perciò nuove e migliori politiche sanitarie in grado di prevenire il problema.

 

L’Aedes Aegypti prolifera, infatti, col caldo e nei ristagni d’’acqua. Sono tantissime le favelas e le periferie brasiliane che mancano purtroppo di condizioni igieniche degne di questo nome e poco continua ad essere fatto. Un poco di cui adesso i brasiliani stanno pagando tutti un prezzo altissimo.

 

ilgiornale.it

 

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Articolo pubblicato il 19/01/2017