Breve storia della Fiat: sinergia e territorio parte seconda

Un’eccellenza nostrana che ha segnato Torino e l’Italia

Il ricordo della storia industriale italiana può evitare di far ripetere gli errori che hanno caratterizzato il passato, stimolando al contempo quel dinamismo imprenditoriale – quanto mai necessario – in un momento così difficile come quello attuale. In tal senso la storia della Fiat, dalla sua nascita torinese fino allo spostamento della sede legale in Olanda, rappresenta un esempio di azienda che ha generato con la sua storia una sinergia con il territorio, locale e nazionale. La sua capacità di essere co-protagonista delle vicende storiche emerge nei tragici periodi delle due Guerre mondiali; oppure nel periodo del Miracolo economico e nelle aperture di stabilimenti che hanno cambiato il profilo industriale torinese e italiano.

 

La Fiat diventa protagonista della crescita economica, di Torino e dell’Italia, nel primo dopoguerra. A un tale sviluppo, occorre notare, coincide un forte aumento demografico: i residenti passano dai duecentomila del ‘19 al mezzo milione del ‘39. Tra le concause il rapido ingresso nel mondo del lavoro garantito dallo sviluppo di differenti realtà, tra cui la Fiat.

Quest’ultima crea nel ’22 il primo aereo civile e l’Istituto Finanziario Industriale. Istituisce nel’25 la società di credito Sava per favorire la vendita rateale delle automobili. Inoltre acquisisce l’anno successivo il quotidiano “La Stampa”.

È negli anni Trenta la creazione di una società di scopo per l’esercizio delle reti urbane ed extra urbane in alcune città come Milano. L’azienda non guarda soltanto alla realtà italiana: infatti a quell’epoca è già riuscita  vendere i suoi prodotti all’estero. Polonia, Francia e Spagna sono tra i Paesi interessati. Mussolini decide dunque di frenare questa spinta internazionale in favore del mercato interno tanto da creare quelle condizioni favorevoli per l’apertura nel maggio ’39 dello stabilimento di Mirafiori.

Produrrà 22 mila posti di lavoro.

Intanto Vittorio Valletta ha assunto dal ’40 l’incarico di A.D. insieme al Senatore Agnelli fino al 23 febbraio ’43, quando quest’ultimo decide di inserire nel Consiglio d’Amministrazione il nipote Gianni e conservare così la sola Presidenza.

Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale la Fiat riconverte nuovamente la sua produzione a uso bellico. Riduce quella delle auto da 53 mila del ’39 a 3700 ’45. Non è lo stesso per quella dei camion, il cui numero quintuplica insieme a quello dei mezzi corazzati. Nonostante i danni provocati dai bombardamenti sugli impianti la produzione non si arresta. L’azienda aiuta nel frattempo i suoi dipendenti preparando in quei momenti terribili fino a 100mila pasti al giorno e procurando persino scarpe e vestiti.

 

Il ’45 è un anno particolarmente di svolta: viene a mancare il Senatore Agnelli e Vittorio Valletta è nominato suo successore. L’abilità imprenditoriale che dimostra ha dato sicuramente il contributo decisivo che ha reso tale realtà la protagonista della ricostruzione post bellica. Proprio la Fiat e l’indotto metalmeccanico risollevano le sorti del Capoluogo piemontese e saranno determinanti nel boom economico degli anni successivi.

Marco Paganelli

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Articolo pubblicato il 16/01/2017