Le “macchine infernali” (prima parte)

Nascono come macchine galleggianti da guerra sui mari e sui fiumi per diventare strumenti per attentare alla vita di personaggi potenti, come Napoleone Primo Console (24 dicembre 1800)

Le macchine galleggianti da guerra, per combattimenti sul mare e sui fiumi, prendono il nome di “mine galleggianti”, quando contengano soltanto dell’esplosivo e di “macchine infernali” quando ai barili di polvere si uniscano corpi solidi di varia grandezza che l’esplosione trasforma in terribili proiettili.


Il primo ad impiegare la macchina infernale è un ingegnere italiano, Federico Giambelli (indicato anche come Jambelli, Zambelli, Giannibelli, Gennibelli, Ganibelli, nato a Mantova intorno al 1530), il 4 aprile del 1585, all’assedio di Anversa per distruggere il ponte sulla Schelda che doveva bloccare l’approvvigionamento della città assediata. Lo storico Flaminio Strada parla di quattro battelli piatti dove era stata costruita una camera da mina in muratura, coperta da pietre da mulino, massi, palle di cannone, schegge di marmo, uncini, chiodi e ferramenta. Su questi materiali, un tetto curvo di grosse pietre faceva sì che l’effetto si manifestasse in tutte le direzioni. Tra le mura della mina e i bordi del battello erano collocate pietre da taglio (secondo una fonte, anche lastre di pietre tombali!) e travi legati alle pietre con fasciatura di ferro. Per l’accensione delle polveri vi erano due mezzi, una miccia e un piccolo orologio o svegliarino che dopo un certo tempo accendeva la carica di un fucile che sparava e dava fuoco a una striscia di polvere che comunicava con la mina. Dei quattro battelli ne è esploso uno solo, ma con effetto prodigioso: ha provocato il crollo del ponte e la morte di 800 soldati!


Tre “macchine infernali” di questo tipo sono state usate, senza successo, nel 1628 a la Rochelle, nel 1688 il governo di Luigi XIV espone nel porto di Tolone una macchina infernale che doveva rovinare il porto di Algeri, nel 1693, 1694 e 1695 macchine infernali inglesi sono lanciate contro porti francesi. Nel 1759, durante l’assedio di Québec in Canada, gli Inglesi usano senza risultato sei mine galleggianti contro la città e questo attribuisce ai marinai inglesi la reputazione di massima imperizia. Nel 1770, i Russi le usano contro la flotta ottomana, nel 1777 a Filadelfia avviene quella che è detta la battaglia dei barili, nel 1804 gli Inglesi ideano il “catamaran”, macchina infernale di modello ridotto, costituita da una piccola barca da usare contro la flottiglia di Boulogne che avrebbe dovuto invadere l’Inghilterra.


Nel 1804 e nel 1809 gli Inglesi le usano contro porti francesi. Nel 1809, a Wagram, gli Austriaci tentano invano di impiegare una “macchina infernale” per rompere un ponte dei Francesi sul Danubio e, ancora senza successo, nel 1813 per sfasciare i ponti sull’Elba.


Napoleone non credeva nel loro impiego bellico, così scrive il Maggiore H. De Sarrepont, sul “Journal des Sciences Militaires” al quale dobbiamo le informazioni prima esposte, lette nella traduzione pubblicata dalla “Rivista Marittima” nel 1873.


Se Napoleone non crede alle macchine infernali come strumento bellico, ha però rischiato di esserne vittima! Il 3 nevoso dell’anno IX, cioè il 24 dicembre 1800, quando era Primo Console, alla sera, accompagnato dal ministro della guerra Berthier, dal generale Lannes e dal suo aiutante di campo Lauriston, si dirige in carrozza al teatro dell'Opera dove si rappresenta la “Creazione del mondo” di Haydn. La sua carrozza è preceduta da una scorta di cavalleggeri.


In rue Saint Nicaise la strada è sbarrata da un carretto, trainato da un cavallo, caricato da una grossa botte. Il cocchiere di Napoleone, che quella sera ha bevuto più del solito (almeno così dice Napoleone, anche se altri testimoni oculari lo smentiscono!) intravede un passaggio e lascia le briglie sul collo dei cavalli che accelerano l'andatura e  oltrepassano il carretto per svoltare in rue Saint-Honoré e proseguire in rue de la Loi.


Dopo un attimo, si sente la forte esplosione della botte sul carretto che provoca 22 morti, centinaia di feriti, danni ingenti: 46 case della rue Saint-Nicaise sono distrutte o rese inagibili.


Napoleone si è salvato per miracolo! La terribile esplosione non coinvolge neppure la carrozza di Giuseppina, che viaggiava con la figlia Ortensia e Carolina, sorella di Napoleone, ed era a provvidenziale distanza: Giuseppina si è attardata per cambiare lo scialle!


Joseph Fouché, ministro di Polizia, conduce le indagini con sagacia: ordina di raccogliere accuratamente i resti del cavallo e della carretta poi convoca tutti i mercanti di cavalli parigini per poterli riconoscere. Si arriva così a identificare i tre attentatori.


Il complotto per uccidere Napoleone è stato ordito da Georges Cadoudal, il   leader degli “Chouan”, rivoltosi realisti controrivoluzionari vandeani. I suoi adepti Limoëlan, Saint-Régeant, già ufficiale di marina, e Carbon, arrivano a Parigi dal novembre del 1800 e riescono a sfuggire alla sorveglianza della occhiuta polizia di Fouché. Predispongono una carretta con una botte da vino fissata sopra con dieci grossi cerchi di ferro, poi riempita di polvere da sparo e rottami metallici, e decidono di piazzarla nella strategica (e simbolica) rue Saint Nicaise. Saint-Régeant rimane accanto al carretto per dar fuoco alla miccia. Per trattenere il cavallo, si rivolge a Marianne Peusol, ragazza di quattordici anni, figlia di una erbivendola, e le dà dodici soldi dicendole che sarà un impegno di pochi minuti.


Limoëlan, appostato sulla Place du Carrousel, va in panico e dimentica di lanciare il segnale della partenza della carrozza di Napoleone a Saint-Régeant appostato in rue Saint-Nicaise.


Saint-Régeant perde così uno o due minuti preziosi: accende la miccia quando il capo dei Granatieri della Guardia di Bonaparte passa davanti a lui. Poi tenta di fuggire, mentre l’esplosione polverizza la giovane Marianne Peusol, di cui restano soltanto le gambe e i piedi, e dilania il cavallo ma senza renderlo irriconoscibile.


Carbon viene arrestato il 18 gennaio 1801. Saint-Régeant, rimasto ferito nell’attentato, è catturato il 25 gennaio. I due sono ghigliottinati il 20 aprile 1801, in place de Grève. Limoëlan riesce a fuggire all’estero. 


Il carretto con la botte usato per l’attentato a Napoleone in rue Saint Nicaise viene definito come “macchina infernale”.


L’attentato del 3 nevoso ha avuto  un preludio, di matrice giacobina, quando l’armaiolo Chevalier aveva iniziato a costruire un barile pieno di polveri e di rottami di ferro, al quale aveva adattato una canna di fucile con grilletto. Era stato arrestato, il 17 brumale (8 novembre 1800), e incarcerato prima della conclusione dei lavori, per poi finire sulla ghigliottina l’11 gennaio 1801.


Napoleone è dunque scampato a due “macchine infernali”!


Non bisogna quindi stupirsi se i dizionari, che inizialmente indicano come archetipo di “macchina infernale” quella di Anversa (1585), col passare del tempo, lo sostituiscono con quello del 24 dicembre 1800 ai danni di Napoleone Primo Console.


Ma la Francia avrebbe dato un ulteriore, clamoroso saggio di “macchina infernale”, il 28 luglio 1835.

(Fine della prima parte – continua)

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Articolo pubblicato il 17/01/2017