E’ ormai trascorso un anno dalla scomparsa di Valerio Zanone

Nostra intervista al Professor Pier Franco Quaglieni, direttore generale del Centro Pannunzio

Il tempo passa inesorabile e così  ci troviamo a ricordare Valerio Zanone, deceduto a Roma il 7 gennaio 2016, a un anno dalla scomparsa.

Abbiamo notizie che l’associazione “Piemontesi  a Roma”, sotto la presidenza di Enrico Morbelli, mercoledì 11 gennaio alle ore 18 nella Sala Italia delle Regioni UNAR in via Ulisse Aldrovandi 16, ha indetto un convegno dal titolo: “Valerio Zanone, un liberale piemontese a Roma” con i relatori Luisella Battaglia bioeticista, Valerio Castronovo, storico,  Luigi Guidobono Calvalchini, ambasciatore e Alberto Pera economista e avvocato.

A Torino, la Fondazione Filippo Burzio di cui Zanone fu autorevole presidente per lunghi anni, lo ricorda sempre mercoledì 11 alle ore 17 in un convegno dal titolo “Il liberalismo Moderno” in memoria di Valerio Zanone a un anno dalla morte, che si terrà  presso l’Aula Magna di Palazzo Arsenale, in via Arsenale 22, con l’intervento di:

Chiara Appendino, Sindaca di Torino

Piero Craveri, Presidente Fondazione Benedetto Croce

Stefano Folli, editorialista di “la Repubblica”

Domenico Siniscalco, economista, ex Ministro dell’Economia e delle Finanze.

Abbiamo conosciuto da vicino e stimato in anni lontani Valerio Zanone. Rappresentò lungamente una visione critica del liberalismo in opposizione alla vicinanza confindustriale di Giovanni Malagodi.

Filosofo di formazione e giornalista, Valerio Zanone era stato allievo di Luigi Pareyson all’Università di Torino. I suoi studi e pubblicazione spaziano da Benedetto Croce all’età Giolittiana.

In quegli anni nonostante gli screzi e la non benevola accoglienza riservatagli da Agostino Bignardi che successe a Malagodi alla guida del PLI, Valerio Zanone restò tenacemente nel Partito e non seguì le orme di altri pur illustri personaggi che, usciti da via Frattina erano approdati nelle file dei radicali o nel Partito Repubblicano Italiano.

Fu poi eletto segretario generale del PLI e, con Bettino Craxi escogitò la formula del pentapartito, tesa a favorire l’ingresso dei liberali al Governo, in coalizione con la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista, il Partito Socialdemocratico e il Partito repubblicano.

Ricoprì incarichi ministeriali di rilievo, dalla Difesa all’Industria e per un breve periodo fu anche sindaco di Torino.

Con l’esordio della seconda repubblica, e l’azzeramento del PLI ad opera del suo segretario Raffaele Costa, per Zanone iniziò un percorso a fianco del PD che lo vide però tramontare dallo scenario politico, nonostante fosse risultato eletto senatore sotto il simbolo di quel partito.

In merito al convegno di Torino, abbiamo rivolto qualche domanda al Professor Pier Franco Quaglieni, storico, direttore generale del Centro Pannunzio e membro del comitato scientifico della Fondazione Burzio.

Professor Quaglieni, abbiamo letto il titolo del convegno di Torino: “Il Liberalismo moderno”. Ci può spiegare il perché di questa scelta?

“Il convegno prende il titolo da un contributo di Zanone sul “Liberalismo moderno” scritto per la Storia delle idee politiche, sociali, economiche, diretta da Luigi Firpo.

Nell’ultimo volume del 1972  si alternano saggi di grandi studiosi  come Alessandro Passerin d’Etntrèves, Lombardini, Sartori, Ronchey, a saggi meno importanti. Uno di Mario Giovana sui totalitarismi, tutto dedicato a fascismo e nazismo, mi colpì per la sua faziosità , incapace di cogliere che il comunismo fosse, a pienissimo titolo, un regime totalitario.

In questo contesto si colloca il saggio di Zanone che si può considerare l’unico saggio di carattere scientifico che Valerio abbia scritto.

Al paragrafo 7 parla dei liberali italiani, focalizzando la sua attenzione su Giolitti, Croce, Einaudi e Gobetti che Zanone considerava liberale a pieno titolo, con qualche cenno al “Socialismo liberale” di Rosselli.

Mi colpì allora che mancasse anche solo un richiamo al “Mondo”  di Pannunzio. Oggi, rivedendo il saggio, trovo quasi incredibile che il liberale Giovanni Amendola sia citato in nota e Filippo Burzio sia indicato anch’esso in nota a p.236 e citato nella pagina successiva, en passant.

Zanone fu prima di tutto un politico colto, ma, come mi disse una volta Giuseppe Bedeschi, fu molto lontano dall’essere uno studioso.

La politica non gli avrebbe neppure concesso il tempo e il raccoglimento necessario.

Ciò premesso, ha fatto assai bene la Fondazione “Filippo Burzio” a  ripubblicare il saggio di Zanone dei primi anni Settanta.

Forse i relatori al convegno non appartengono pienamente alla cultura liberale, ma credo che sia un fatto positivo far discutere di liberalismo anche i non liberali in senso stretto, come ha ritenuto di dover fare il presidente della Fondazione Alberto Sinigaglia.

Non potrò tuttavia mai dimenticare che uno dei relatori, nipote di Benedetto Croce, scrisse, nell’edizione napoletana di “Repubblica”, un articolo dal titolo, parafrasi di un titolo crociano, ”Perché non possiamo non dirci bassoliniani”, ma certo ognuno di noi ha commesso i suoi errori e sarebbe la forma più illiberale possibile quella di fare l’esame del sangue ai liberali.

La concezione del liberalismo, peraltro, è diventata ecumenica  ed inclusiva.

I miei amici Fabio Grassi Orsini e Gerardo Nicolosi, ideatori e coordinatori  del Dizionario del Liberalismo ,opera egregia e insostituibile edita da Rubbettino, hanno compreso anche Giovanni Gentile perché nella sua giovinezza fu un liberale conservatore.

I tempi in cui Nicola Matteucci ed anche Giovanni Sartori cercavano di definire il liberalismo, smentendo la formuletta in base alla quale “siamo tutti liberali” sono finiti anche perché oggi quasi nessuno si definisce più liberale.

Zanone, in una sua lettera agli amici della Fondazione “Burzio” della fine di novembre del 2015, riteneva che "ci fosse attorno a noi un mondo che muore: nelle persone, nelle formazioni sociali, nell'appartenenza di ceti e forse anche nelle idee".

Per altri versi, la confusione volgare tra liberalismo e liberismo degli anni passati, ha fatto sì che si addossassero colpe al liberalismo che non ebbe, mentre il liberismo selvaggio è il vero colpevole. Siamo tutti più o meno disorientati”.

Lei Professore, a differenza forse di qualche relatore ha conosciuto da vicino Valerio Zanone. Come interpreta il suo percorso politico con l’avvento della seconda repubblica?

“Zanone sentì subito, quasi d’istinto, una profonda avversione a Berlusconi e non credette mai alla sua vocazione liberale. Un antiberlusconismo non volgare, aperto al confronto, ma sempre molto fermo.

Va considerato che la chiusura del PLI ad opera di Costa ha tolto ogni prospettiva.

Essendo ancora presidente del PLI, Zanone si sarebbe dovuto opporre(e mi disse che commise un errore a non farlo).Ma va detto che i debiti contratti dal partito impaurirono tutti.

Chiuso il PLI, Zanone oscillò tra Segni e Rutelli, volendo semplificare molto, ma più volte mi disse che lui, liberale di sinistra, vedeva e toccava con mano come la sinistra fosse profondamente illiberale. Sono stati anni travagliati per tutti e non mi sento di giudicare Valerio che comunque cercò, bene o male, di restare il liberale di sinistra di sempre, Non aderì al PD anche perché si rese conto che l’intera operazione politica riguardava quasi esclusivamente ex comunisti ed ex democristiani di sinistra. Neppure i socialisti furono coinvolti nel progetto, figurarsi i quattro gatti di liberali sopravvissuti”.

Ha avuto modo di discorrere con lui di quest’argomento e quali impressioni ne ha tratto?

“Ne abbiamo parlato solo pochissime volte perché il nostro rapporto si mantenne sempre in un ambito quasi esclusivamente culturale. Con mia moglie Mara Pegnaieff, che è stata  sua amica  e collaborò anche con lui al Centro “Einaudi”, invece ebbe modo di parlarne più a lungo. Ma mia moglie è persona molto riservata”.

Oggi tutti si dicono liberali, ma nei fatti la politica segue vie antitetiche. Nella tiritera dei partiti che oltre ad opinione fanno seguito lei dove intravede i principi del liberalismo?

“Oggi vedo i princìpi del liberalismo offuscati dalla sovrapposizione del concetto di liberismo con quello di liberalismo che non sono sinonimi. Manca la cultura dei "distinti" in cui ci ha cresciuto Benedetto Croce.

Non vedo oggi in Italia partiti o movimenti che possano dirsi liberali.

L’eclissi del liberalismo è sotto gli occhi di tutti. Essa è anche dovuta ad una incultura intollerabile di gran parte dei politici  italiani d’oggi. Nella società liquida vale soltanto l’egoismo individualistico; è venuto a mancare il senso di una comunità e i suoi punti di riferimento. Sono morte le ideologie, ma sono anche state sotterrate le idee”.

Il convegno di Roma è patrocinato da alcune sigle di associazioni o movimenti culturali e politici che dovrebbero collocarsi nel filone liberale, tra cui il Centro Pannunzio da lei degnamente rappresentato. Qual’è stata l’influenza che lei ha potuto esercitare nella scelta dei temi e dei relatori?

“Io ho una lunga amicizia con Enrico Morbelli, un piemontese che vive a Roma da tanti anni e che è l’ideatore delle Scuole di Liberalismo, nate nell’ambito della Fondazione “Einaudi", di cui Zanone è stato presidente.

Per altri versi va ricordato che proprio Zanone chiuse la gloriosa “Famija piemontesia”, quella di Einaudi, di Soleri, di Pella e di Gandolfo, per mancanza di fondi, creando “Piemontesi a Roma” ospitata in una struttura che ospita tutte le comunità regionali presenti nella capitale.

Ho fiducia in Morbelli e il programma e i relatori li ha scelti lui, credo in modo opportuno ed equilibrato.

Anche a Roma non saranno molti i liberali a parlare di Zanone, ma il tema del convegno riguarda soprattutto il piemontese a Roma ,non solo il liberale. Il titolo del convegno l’ho scelto io, pensando a Flaiano: Un marziano a Roma.

Valerio per anni si sentì estraneo al mondo romano, poi finì anche lui di adeguarsi, anche se, negli ultimi tempi, cercava casa a Torino. Voleva tornare ad abitare nella sua città, anche se l’aveva abbandonata  come sindaco dopo neppure due anni di mandato per rituffarsi nella mischia politica romana”.

Ci può tracciare un profilo del Valerio Uomo e qualche ricordo molto personale?

“ Sono stato amico di Zanone, ma i dieci anni che ci dividevano hanno fatto sì che io ,almeno per 15 anni, lo abbia anche sentito maestro.

Lui non ebbe mai atteggiamenti da maestro, ma oggettivamente io ho imparato molto da lui. Quando contribuii a fondare il Centro “Pannunzio” avevo anche in mente il suo Centro “Einaudi”, tanto lontano da quello che è oggi.

C’erano Urbani ed Ostellino, amicizie nate negli anni Sessanta ,che ritengo molto importanti anche oggi. Ad Ostellino nel 2011 venne assegnato il Premio “Pannunzio”.

Litigammo anche, ma nel modo più mite, magari con qualche mail, quando anche Valerio, tardivamente, si convertì ad internet. Il nostro dissenso rimase comunque sempre un fatto privato, quando non ero d’accordo con lui, non partecipavo alle riunioni.

Gli volevo bene e in me prevaleva l’affetto e la stima nei suoi confronti. Avrei tanti ricordi personali, ma non è caso di parlarne.

Lo hanno fatto anche per me ai funerali  di Valerio alcuni “zanoniani”, diciamo così, professionali. A rendergli il dovuto onore ci hanno pensato i soldati che, sotto palazzo civico, hanno reso gli onori militari al loro ex- Ministro.

A ben pensarci, un Ministro della Difesa molto anomalo. l’avrei visto più come Ministro dell’Istruzione o dei Beni culturali, ma la politica bisogna prenderla come viene”.

 

Grazie Professor Quaglieni.

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Articolo pubblicato il 07/01/2017