Saluzzo (CN) Il valore del racconto: La realtà senza tante storie o tante storie senza la realtà?

E' classico ciò che non passa mai, ciò che è permanente

Nell'ambito degli incontri aperti alla cittadinanza, nei locali del Classico Bodoni di Saluzzo si è svolta una interessante dissertazione di Lorenzo Testa, ex alunno del Liceo. Data l'attualità dell'argomento “classicità”, la riportiamo per renderla accessibile anche a chi non l'ha potuta ascoltare in quell'occasione.


«Assistiamo spesso a tentativi di rendere interessanti autori del passato cercando di farli diventare di nuovo attuali. A mio avviso, questa posizione non coglie fino in fondo il valore di che cosa sia “classico”.

Essere un classico non significa essere attuali e valere dunque oggi: è molto di più. Significa, per me, essere permanenti. La permanenza è molto più significativa dell'attualità, perché destinata non solo ad essere valida oggi, ma anche domani e sempre.

È con questo che vorrei qui trattare un autore antico ed esporre alcune sue idee, con l'intento di sottolineare come il suo pensiero non sia stato valido solo in un lontano passato, né che sia valido solo oggi. Voglio mostrare piuttosto come possa rimanere per sempre.

Porterò a titolo di esempio per sostenere l'importanza della permanenza di un classico quel trattato estremamente leggibile e interessante che è la Poetica di Aristotele.

Che questo sia uno degli scritti più affascinanti e gravidi di conseguenze per la teoria dell'arte (e non solo) l'ha capito meglio di molti altri Umberto Eco. Eco non solo scrisse saggi dedicati all'argomento, ma rese la Poetica il perno attorno al quale far girare uno dei romanzi più celebri della letteratura italiana recente: Il nome della rosa.

L'aspetto sul quale vorrei soffermarmi ora è il seguente: se Aristotele parla di poesia epica e di tragedia, in che senso si può leggere oggi la Poetica? Solo come teoria di un certo tipo di arte (la poesia e il teatro, appunto), o come cornice teorica che cerchi di spiegare forme artistiche che si estendono persino al cinema e alla serialità televisiva? L'operazione tesa a vedere in Aristotele il teorico della narrazione in un senso più generale mi pare legittima: dopotutto, egli ci parla delle forme narrative a lui più vicine.

Mi sembra sensato pensare che se avesse avuto a disposizione mezzi diversi per raccontare storie non avrebbe esitato a inserirli nella sua teoria dell'arte.

Dunque, la prima operazione che incontriamo qui è l'universalizzazione di un pensiero aristotelico: in ciò che segue esploreremo due idee del nostro autore cercando di applicarle al cinema e alla serialità televisiva.

Vorrei partire da una delle posizioni di Aristotele che più mi colpì quando studiai la Poetica, vale a dire l'importanza attribuita alla trama o intreccio degli eventi. In un celebre passo di questo trattato leggiamo infatti che l'elemento più importante per la buona riuscita di una tragedia è la costruzione di una trama dotata di senso. Pensiamo ora a come questo possa essere valido ancora oggi e sempre.

Quando noi sentiamo narrare una storia, leggiamo un romanzo o andiamo al cinema, siamo – forse senza saperlo - estremamente aristotelici. Se siamo infatti disposti a chiudere un occhio di fronte ad effetti speciali non perfettamente riusciti, o possiamo andare al di là di una colonna sonora non particolarmente calzante, ciò che noi non perdoniamo è un errore nella trama. Quante volte ci è capitato di uscire dalla sala cinematografica e pensare che la narrazione non era ben costruita e che i passaggi logici fra una scena e l'altra erano poco chiari? Questo è un elemento su cui noi siamo, proprio come Aristotele, estremamente critici.


Per chiarire la portata di questa idea contenuta nella Poetica vorrei citare un esempio tratto da una delle opere più celebri della cultura occidentale: l'Odissea. Quando abbiamo quest'opera davanti agli occhi siamo forse disturbati dal trovare elementi “non realistici” o creature mostruose? Certo che no, anzi forse questo è uno degli elementi che più ci affascina. Saremmo davvero urtati, al contrario, se la narrazione fosse piena di incoerenze interne e passaggi privi di senso. Questo accade perché ciò che viene prima di tutto il resto, in una narrazione ad intreccio, è l'intreccio stesso, la trama. Dobbiamo immaginare quest'ultima come una catena della quale i singoli eventi costituiscono gli anelli: se ne manca anche solo uno l'intera sequenza ne soffre. E se questo ragionamento è valido per  l'Odissea, perché non dovrebbe esserlo anche per un buon film fantasy che vediamo al cinema? Anche qui ciò che ci preme maggiormente è la tenuta interna della sequenza di eventi, non il fatto che essi possano essere lontanissimi dalla nostra realtà.

Ogni forma di narrazione è una costruzione di mondi. Se tali mondi sono coerenti, allora il nostro godimento estetico di fronte al dipanarsi della trama è genuino.


La seconda idea di Aristotele che mi sento di definire come permanente – vale a dire, classica – riguarda il rapporto vigente fra vero e verosimile. Immagino che a livello intuitivo si pensi il legame fra i due in senso inclusivo: il vero è incluso nel verosimile, poiché tra tutto ciò che può accadere solo alcuni eventi avvengono veramente. Pensiamo a quando andiamo a letto la sera e immaginiamo la nostra prossima giornata. Nella nostra mente ci sono molti eventi che verosimilmente potrebbero accadere, ma solo alcuni di questi saranno veri: per esser precisi, saranno veri quegli eventi che accadranno il giorno successivo.

Il genio di Aristotele sta nell'invertire il rapporto: è il verosimile ad essere incluso nel vero. Come giustificare un' affermazione simile? Per il filosofo infatti non tutto ciò che accade è verosimile che accada. In un passo della Poetica leggiamo che «tra i fatti avvenuti ce ne sono alcuni che è verosimile avvengano», ma ciò implica anche che ne esistano alcuni che, nonostante siano avvenuti, è inverosimile che lo siano.

Riallacciamoci ora a quanto scritto in precedenza, cioè l'importanza della trama. Per Aristotele, la trama ben costruita è quella che si svolge secondo legami di «necessità e verosimiglianza»; l'opera di finzione è tanto più riuscita quanto le azioni che mette in scena sono concatenate secondo legami dotati di senso.

Abbiamo usato una parola importante: il senso. Esso è strettamente collegato con il “verosimile” di cui parla Aristotele, e tanto per ribadire la permanenza degli autori veramente classici ci accorgiamo come il problema del senso sia ancora una delle questioni aperte e dibattute nel mondo contemporaneo.

Sono convinto che molti, leggendo il titolo dell'articolo, abbiano risposto alla sua domanda in modo sicuro: «esiste sempre una realtà (nella quale viviamo) che è possibile esprimere senza tante storie».


Ebbene, se si è convinti di ciò, allora si dovrebbe essere disposti ad accettare il fatto che la “realtà senza tante storie” non sia sempre così dotata di senso come pensiamo. Come dice Aristotele, infatti, non tutto ciò che accade è verosimile che accada; alcuni eventi reali rimangono inspiegati, al di là della catena di eventi che segue un percorso logico e coerente. È un dato da accettare con coraggio: se la narrazione ben riuscita è quella formata da avvenimenti che si susseguono secondo nessi logici, allora la nostra “realtà senza tante storie” è spesso priva di senso.


Per illustrare meglio questo passaggio, un ultimo esempio dal cinema contemporaneo. Pensiamo ad alcuni film dei fratelli Coen. Uno dei tratti che più salta all'occhio di molte delle loro opere è la presenza di alcune scene che ci sembrano prive di senso: non intendo affermare che in un certo momento nei loro film appaiano eventi magici o soprannaturali. Quello che troviamo, piuttosto, è la presenza di dialoghi che non sembrano aver nulla a che fare con lo svolgimento della trama. Si potrebbe quasi dire che alcune scene siano assurde, o, meglio, prive di senso, inverosimili. E qui vorrei chiarire perché i loro film siano un ottimo esempio di utilizzo delle idee di Aristotele: alcune loro opere cominciano con la celebre scritta “Questa è una storia vera”. Ovviamente, questi film non sono tratti da eventi realmente accaduti nel nostro mondo: perché questa scritta, dunque? La mia proposta è che qui si trovi l'idea già citata di Aristotele nella Poetica: l'inversione del rapporto fra vero e verosimile.

I fratelli Coen colgono la genialità di questo prodotto del pensiero aristotelico e lo usano nei loro lungometraggi: ciò che vediamo nelle loro opere non è una concatenazione di eventi sempre dotata di senso, una serie di azioni legate da necessità e verosimiglianza, ma una storia vera. Vera, almeno, nel senso aristotelico: «tra i fatti avvenuti ce ne sono alcuni che è verosimile avvengano», citavo poco fa dalla Poetica. Dunque, se ricordiamo la tesi secondo la quale le narrazioni siano costruzioni di mondi il più possibile coerenti, allora i fratelli Coen costruiscono un mondo più vero che verosimile. Un mondo molto vicino, cioè, al nostro, il quale spesso incorpora elementi non dotati di senso.

Se è vero che serve coraggio per accettare la conseguenza della mancanza di un senso dato dall'esterno alla nostra “realtà senza tante storie”, non è qui che dobbiamo fermarci. Il vero passo successivo è capire la necessità del mettersi in gioco nella costruzione di quella trama che è la nostra vita.

Spero con questo di aver trasmesso almeno un'idea centrale: la nostra esistenza non è una “realtà senza tante storie”, una vita che compie oggettivamente e da sé il suo percorso. Ogni vita riuscita è il racconto a se stessi della propria trama, l'impegno a dotare di senso, volta per volta, gli avvenimenti che ci coinvolgono. Un impegno, questo, che non si può portare a termine se non vivendo in modo attivo, appassionato.

È con questo che vorrei chiudere il mio ragionamento ed invocare ancora una volta il concetto di “classico” che più mi sta a cuore: è classico ciò che non passa mai, ciò che è permanente. E che cosa può essere permanente per noi, se non l'insieme degli eventi a cui abbiamo più dato senso nella nostra vita?»


Lorenzo Testa

ex allievo

Liceo Bodoni - Saluzzo

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Articolo pubblicato il 07/01/2017