Lavori fuori corso

Da un’indagine risultano cinque i settori a dover scompartire nel giro di un paio di decenni

Quando arrivarono la luce elettrica e i frigoriferi, molto probabilmente chi passava ogni sera ad accendere i lumi ad olio per le strade, nel primo caso, e chi portava il ghiaccio nelle case, nel secondo caso, ebbe a lamentarsi per la rivoluzione tecnologica che gli tolse il lavoro, seppure oggi siamo consapevoli che l’avvento dell’energia elettrica e degli elettrodomestici abbi dato nuovo e tanto lavoro in vari settori.

Con l’arrivo dell’era tecnologica, e più recentemente di quella digitale, sono sempre di più i settori a vedere minata la propria forza lavoro, con conseguenti ricadute (dis)occupazionali.

Un recente studio ha portato alla luce almeno cinque settori in cui tra meno di vent’anni si farà sentire la crisi dovuta alle nuove tecnologie.

Il primo settore è quello delle agenzie viaggio, dal momento che ormai le varie piattaforme tecnologiche di prenotazione e gli svariati blog e forum consentono di poter prenotare velocemente e a costi piuttosto popolari qualsiasi tipo di struttura in giro per il mondo.

Nei soli Stati Uniti, durante gli ultimi vent’anni, il numero di agenzie di viaggio si è praticamente dimezzato, con la conseguente perdita di posti di lavoro, a tal punto che alcuni grandi tour operator sostengono di dover spostare il proprio core business sul possedere e/o gestire alberghi e navi da crociera, piuttosto che continuare a vendere viaggi organizzati.

C’è poi il settore dei componenti industriali, dal momento che le grandi aziende possono fabbricarsi i componenti senza più dover ricorrere alle piccole e medie imprese dell’indotto, facendo uso delle stampanti 3D di ultima generazione.

Un terzo settore a essere minato dall’avanzamento tecnologico è quello delle officine, poiché, a detta di molti, gli autoveicoli elettrici richiederebbero una manutenzione più semplice e quindi alla portata di molti, anche tra i non addetti al lavoro, escludendo quindi meccanici e elettrauti.

Anche i venditori di polizze potrebbero passarsela male, dal momento che i siti per il calcolo e la vendita di polizze on line la stanno facendo sempre più da padrona da un decennio a questa parte.

Infine, ci sono i consulenti finanziari pressati dalla concorrenza di siti web in grado di gestire il portafoglio clienti sulla base di algoritmi.

A questi settori, sappiamo come anche gli operatori dei call center, degli sportelli bancari, e di molti altri lavori rischino di vedersi sottrarre posti di lavoro nei prossimi decenni.

Ritornando all’esempio iniziale, quello delle ghiacciaie e delle lampade a petrolio, verrebbe da dire che l’avanzamento tecnologico, se da un lato toglie posti di lavoro, dall’altro ne crea di nuovi (si pensi ad esempio a tutti colori che lavorano nel settore informatico).

Purtroppo, però, c’è una grande differenza rispetto al passato. La differenza consiste soprattutto in due aspetti.

Il primo è che la rivoluzione tecnologica è sempre più veloce e sta progredendo a ritmi maggiori di quanto il sistema occupazionale possa adeguarvisi, ragion per cui le persone che perdono o perderanno il lavoro, e tra l’altro in molti più settori rispetto a un tempo (oggi l’informatizzazione invade quasi tutti i settori lavorativi), rischiano di non poter essere convertite in altri settori in tempi ragionevoli.

Il secondo aspetto è che se è vero ad esempio che oggi nelle grandi nuove aziende come Facebook o Google lavorano molte persone (e quindi è evidente che si siano creati nuovi posti di lavoro), è altrettanto vero che gli occupati di queste multinazionali sono comunque pochi rispetto al fabbisogno internazionale, e con la conseguenza, anche, che oggi viviamo sempre più in un mondo in cui una oligarchia di grandi imprenditori (Facebook, Google e Apple davanti a tutti) guadagna migliaia di volte lo stipendio dell’ultimo dei suoi impiegati, contribuendo a creare quella società in cui la distribuzione della ricchezza viene a essere una priorità, perché non basta dare un lavoro a tutti per creare una società equilibrata, ma bisogna anche che la forbice reddituale tra le varie classi sociali si faccia meno ampia, cosa che non sta assolutamente accadendo.



Marco Pinzuti



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Articolo pubblicato il 07/01/2017