L’importanza dell’Accordo di Parigi per la lotta ai cambiamenti climatici.

Il futuro climatico del pianeta Terra non è assolutamente roseo.

L’Accordo di Parigi di dicembre 2015 è il risultato finale dei negoziati per contrastare i cambiamenti climatici di Durban 2011.

Alla conferenza di Parigi (COP 21) 195 Paesi hanno adottato il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sul clima del nostro pianeta. L’accordo disegna un piano finalizzato a rimettere il mondo sulla giusta direzione per evitare i pericolosi mutamenti climatici, limitando il riscaldamento globale a meno di 2 gradi e puntando ad un valore di 1,5 gradi.

Per stabilire i nuovi obiettivi i governi hanno concordato di riunirsi ogni 5 anni per mettere in comune le nuove conoscenze scientifiche utilizzabili in questa area.

Purtroppo, allo stato attuale, i piani predisposti da quasi tutti i Paesi non sono sufficienti ad arrivare a questi risultati, ma almeno la via è stata tracciata.

Peccato che la Conferenza di Marrakech (COP22) di novembre 2016 sia stata solo di transizione, con molte promesse ma pochi fatti concreti, salvo la conferma di definire il regolamento dell’attuazione dell’intesa di Parigi come peraltro stabilito dall’intesa stessa.

L’Unione Europea, il 5 ottobre 2016 ha formalmente ratificato l’Accordo di Parigi, con l’entrata in vigore il 4 novembre. Sono però ancora 55 le Nazioni che devono ratificare l’Accordo e queste dovranno rappresentare almeno il 55% delle emissioni globali.

Che la via per raggiungere obiettivi concreti sia assolutamente irta di ostacoli lo dimostra anzitutto la dicotomia tra UE e USA, con la prima che segue la strada della decarbonizzazione, mentre la seconda, con la nuova amministrazione americana sembra puntare ad una nuova vita per i combustibili fossili.

Molti altri sono i fattori negativi in gioco: il più importante è l’allevamento animale, del quale si parla sempre poco, ma che produce lo stesso quantitativo di CO2 di tutti i veicoli circolanti sulla Terra; per avere risultati significativi occorrerebbe una nuova cultura alimentare per ridurre drasticamente il consumo di carne nel mondo, una sfida che si può vincere solo in tempi biblici.

Nel frattempo l’anno 2016 è stato dichiarato il più caldo di sempre con temperature mediamente superiori di 1,2 gradi ai livelli preindustriali.

Se aggiungiamo che l’ allarme lanciato già da alcuni anni da molti scienziati e climatologi che il punto di non ritorno è già stato superato, possiamo concludere che il nostro futuro climatico non è assolutamente roseo.

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Articolo pubblicato il 04/01/2017