Cultura e impresa: binomio inseparabile

Il ruolo degli imprenditori nell’era della globalizzazione

Il binomio tra cultura e impresa in una situazione di crisi a tutti i livelli, dal globale al locale, si sta rivelando una risorsa cui attingere per proposte innovative. All’impresa è affidato il compito di contaminare il settore dei servizi, oggi – forse secondo una lettura non così approfondita – la prospettiva economica di rilievo per gli stati del Primo mondo.

Dalla continua innovazione che storicamente le rivoluzioni industriali hanno prodotto in termini di conoscenze, tecnologie e capitali, è giunto l’impulso, in particolare negli ultimi decenni del ventesimo secolo, allo sviluppo dei servizi. Un’evoluzione del mondo lavorativo che ha portato un mutamento di usi e costumi.

Si è generato nelle società in cui tale settore è particolarmente sviluppato la consapevolezza che la cultura non è soltanto un ricordo nostalgico, ma un’opportunità per generare ricchezza. Il territorio, con le sue risorse e i suoi abitanti, quindi, sta diventando sempre più il protagonista di un certo sviluppo. Resta la domanda, sicuramente un augurio, potrà garantire un futuro alle nuove generazioni?

La politica sarà determinante nel raggiungimento di questo obiettivo: dovrà creare sinergie ottimali che consentano di unire le potenzialità ambientali, contestualizzandole in un mercato riformato e ben lontano dalle conseguenze negative causate da una deregolamentazione disastrosa a cui è soggetto. In tal senso l’incontro tra pubblico e privato.

Torino è un caso interessante di sviluppo di impresa grazie a una cultura improntata sull’investimento. Nel corso dell’Ottocento si sviluppa una media borghesia commerciale e artigianale che si ritrova nel secolo successivo in un centro urbano diventato dalla fine della prima guerra mondiale il paradigma italiano di società industriale.

Un’identità, nel senso matematico del termine, che è andata incontro a una crisi al termine della stagione fordista. Conseguenza un calo demografico e ripercussioni negative per la grande industria. Ma al tempo stesso anche un rafforzamento del settore terziario, dei servizi e delle opere pubbliche. Il rapido sviluppo ha portato la città a essere stata scelta per lo svolgimento delle Olimpiadi invernali del 2006.

Su questo Capoluogo e su questo territorio si è poi abbattuto il trasferimento della Fiat negli Stati Uniti, dopo gli accordi con Chrysler. Un segnale d’allarme. Non soffermandosi sull’immediata diminuzione di introiti, occorre portare l’attenzione sul calo delle attrattive del territorio e la conseguente genesi di un circuito vizioso legato a una minore propensione all’investimento.

Quando lo Stato si ritrova, per il fatto di essere inserito in un mercato globalizzato, orfano di imprese storiche e generative non può che fare sinergia con quel tessuto di aziende, le piccole medie imprese, anch’esse in difficoltà.

Quello che come DAI Impresa ricerchiamo è la sinergia tra partite Iva senza dimenticare le radici del territorio. In tal senso una liberale assunzione di responsabilità degli imprenditori che si mettono in gioco, insieme, per mantenere l’ipotesi di un territorio e di una sua capacità attrattiva.

MARCO PAGANELLI

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Articolo pubblicato il 02/01/2017