ANTICORRUZIONE - Che cosa è il Whistleblowing?

 

Nel saggio ‘International Cooperation Against Corruption, pubblicato nel 1997, lo studioso Robert Kitgaard, sintetizzò il fenomeno della corruzione in una semplice espressione algebrica:

 

C = M + S - R dove C, é la corruzione; M e S, sono rispettivamente, Monopolio e Segretezza; R, infine, indica responsabilità. 

 

La corruzione, definita dal Transparency International, come: ‘ abuso di una posizione di fiducia (entrusted power) per ottenere un vantaggio privato ‘, può tradursi, non solo, in atti criminali, contrari alla legge, ma anche, come riportato dal report European National Integrity Systems, in atti conformi alle disposizioni di legge ma contrari alle basilari norme etiche e di buon governo 

 

Il whistleblowing (soffiatore di fischietto) è il lavoratore che, durante l’attività lavorativa, all’interno dell’amministrazione pubblica o privata nella quale presta lavoro, nota un possibile caso di corruzione, un serio rischio di danno ai colleghi, alla clientela, agli azionisti, al pubblico, alla reputazione dell’ente pubblico, impresa e vuole segnalarlo.  

 

Il whistleblowing è un istituto già collaudato, da qualche anno, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna: un modo per informare tempestivamente rischi come: pericolo sul luogo di lavoro, danni ecologici ambientali, false comunicazioni sociali, illecite operazioni finanziarie, negligenze mediche, minacce alla salute, casi di corruzione e concussione all’interno delle amministrazioni pubbliche e private. Si da quindi spazio ai dipendenti che si trovano in una posizione privilegiata, per denunciare l’irregolarità e essere protetti, con l’anonimato della loro segnalazione che dovrà, comunque, essere chiara, circostanziata e attendibile.  

 

Se non che, i dipendenti non sono molto propensi a segnalare, per un notevole numero di variabili: per pigrizia, ignoranza, egoismo ma soprattutto, per paura di ritorsioni, se non addirittura licenziamenti o per la frustrazione di non vedere un seguito concreto e fattivo alle proprie denunce. La normativa di questo istituto, dovrebbe offrire una solida tutela legale che, purtroppo, appare nebulosa. I primi ad essere chiamati a soffiare il fischietto, sono proprio i dipendenti statali.  

 

Con la legge n.190 2012, meglio nota come anticorruzione, il legislatore ha disciplinato, per la prima volta, nella storia dell’ordinamento italiano, questo fenomeno con l’introduzione dell’art.54 – bis nel decreto legislativo 165-2001, rubricato ’ Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti’.   

 

Nel dettaglio, il comma primo, prevede che: ‘il pubblico dipendente che denuncia all’Autorità Giudiziaria o alla Corte dei Conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico, condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria diretta o indiretta, aventi effetti sulle condizioni di lavoro, per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia. ‘ Il dipendente che soffia il fischietto, non può subire ritorsioni né lavorative, né essere oggetto di qualsiasi forma di discriminazione.  

 

E’ bene sottolineare, come il legislatore abbia chiarito che le condotte illecite da denunciare, devono essere riconducibili al rapporto di lavoro e non riguardare l’attività amministrativa in generale. Altre forme di tutela, sono previste dal successivo comma secondo, per cui, nell’ambito del procedimento disciplinare, l‘identità del segnalante, non può essere rivelata senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti rispetto alla segnalazione.  

 

Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte sulla segnalazione, l’identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell’incolpato. Questa tutela, dovrebbe incoraggiare a segnalare gli illeciti, colmando un vuoto legislativo volto a superare il gap dell’Italia rispetto agli altri paesi. Comunque non mancano i problemi interpretativi ed attuativi.  

 

Come specificato dall’OECD (in inglese) o OCSE (in italiano) – organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico - una buona applicazione di questo istituto, può dirsi realizzata se si da vita ad un ciclo che inizi da una normativa chiara e si concluda con l’applicazione concreta delle tutele. Se allarghiamo la questione anche al settore privato, da un primo esame dello stato dell’arte dei codici di condotta, recentemente adottati dalle aziende, si nota come essi, generalmente, non contengano norme specifiche su questo tema, anche se sono presenti alcune regole riguardo alla comunicazione interna di informazioni.  

 

Sulla procedura di segnalazione, i whistleblowing non sono sostenuti dall’opinione pubblica, in quanto è ancora diffuso un sentimento di omertà o collusione che scoraggia la segnalazione. Le stesse Autorità Giudiziarie, non hanno procedure volte all’acquisizione di informazioni dai whistleblowing e, al momento, viene data protezione solo a coloro che rilevano informazioni relative a organizzazioni criminali. Alcuni programmi televisivi di inchiesta, utilizzano i whistleblowing anonimi, per denunciare irregolarità e illeciti e questi se, in secondo momento, risultano indagati dall‘Autorità Giudiziaria non sono supportati da detti programmi, poiché essi si fermano alle loro segnalazioni e non seguono le vicende successive dei denuncianti.  

 

Manager di aziende private e dirigenti pubblici della sanità, accademici e altri attori chiave, potrebbero superare gli ostacoli di tipo culturale, con una regolamentazione puntuale e una garanzia certa dell’anonimato della segnalazione, favorendo servizi o piattaforme di ‘vedetta etica ‘ e non sempre demandare il tutto all’ANAC. 

 

Se oggi si parla sempre di più di rating delle aziende e grande attenzione che gli organismi, come Confindustria, pongono a questo tema, si dovrebbe agevolare un clima di applicazione, garanzia, tutela dei c.d soffiatori di fischietto (whistleblowing). Questo istituto, invece, come dimostrato, ancora non decolla e ciò fa si che, purtroppo, non funzionando perfettamente, contraddica se stesso, invece di migliorare, evolvere, combattendo la corruzione, il processo di emancipazione etico-civile italiano.

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Articolo pubblicato il 31/12/2016