Last Christmas for GEORGE MICHAEL

Ieri sera l'artista inglese si è spento a soli cinquantatre anni

“Last Xmas I gave you my heart but the very next day you gave it away. This year to save me from tears I give it to someone special”...

E’ così che si preannuncia ogni Natale dal 1984 ad oggi, ed anche quest’anno centri commerciali, strade e autoradio trasmettono questo brano e capiamo che è tempo di festa, di regali e di gioia.

E proprio stanotte mentre tutti stanno ancora cantando "Last Xmas", lui si spegne nel silenzio di casa sua.

Considerazione amara, molto amara, ma che purtroppo è cronaca.

Assurdo, il destino è davvero assurdo. E quest’anno si sta chiudendo purtroppo come è iniziato, con il mondo della musica in lutto.

George Michael ci lascia così, senza un motivo, a 53 anni. Non era ammalato, dice la famiglia, non ci sono circostanze sospette, dice la polizia.

Se n’è semplicemente andato. Come David Bowie, Prince, Kit Emerson, Lonard Cohen, Glenn Frey, chitarrista degli Eagles, e qualche giorno fa, Rick Parfitt, leader degli Status Quo.

Lui che con Andrew Ridgeley forma gli Wham ed inventa le “Boy Band”, modello a cui si sono ispirati poi i vari Blue, Take That e via discorrendo, da oltre Manica all’Italia, passando per tutto il Mondo. Successo planetario e prima band occidentale che arriva in Cina e sfonda ogni classifica.

Lui che è stato il sex simbol delle teen agers e che ha fatto innamorare un’infinità di coppie sulle note di “Careless whispers”, lo stesso che ha ostentato senza veli e con fierezza la sua omosessualità, scontrandosi con il bigottismo della critica che lo ha massacrato.

Lui che da bambino sognava di "...diventare una pop star perchè volevo essere amato per soddisfare il mio ego..."

Una vita fatta di alti e bassi, nella migliore tradizione di una vera pop star: droga, arresti e trasgressioni.

Una carriera sopra le righe che riscrive le regole della "new wave": jazz e soul al servizio di una generazione elettronica.

Proprio lui che negli ultimi anni ha scelto di rialzarsi, mettersi in gioco ancora ed ancora, scrivere per i suoi fans e di fare della musica la sua bandiera e che porta a casa vendite stellari da cento milioni di copie per ogni vinile.

Non posso dire di averlo visto dal vivo, ma ricordo molto bene, come penso tutti voi, la sua “Somebody to love” live in Wembley nel ‘92, quando, con quel che restava dei Queen cantò un tributo da brividi a Freddie Mercury, e il duetto con Elton John che di fatto segnava un ideale passaggio di consegne dal re del rock al re del pop inglese.

Sinceramente non pensavo di dover scrivere in piena notte un articolo come questo, sinceramente pensavo che questo maledetto 2016 non mietesse altre vittime.

Ciao George, don’t let the sun goes down on you.

Stay always tuned.

 

 

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Articolo pubblicato il 26/12/2016