TONY HADLEY and his band wish us a merry Christmas

Strepitosa performance al Teatro Colosseo di Torino

Una voce che ha segnato un’epoca.

Un front-man che è stato l’icona degli anni ’80.

Ladies & gentlemen, please welcome to Mr. Tony Hadley.

 

Una voce che ha segnato un’epoca e che è rimasta ben impressa nella mente e nella memoria dei fan di tutto il mondo, sia che si esibisca come lead vocal degli Spandau Ballet, sia come solista.

Una voce che è magia pura, sia che canti brani della tradizione natalizia inglese, sia che riproponga le hits della band che è stata il simbolo della “british invasion”.

Una voce che quasi come un incantesimo fa tornare giovani i quaranta-cinquantenni di oggi, soprattutto le fanciulle di allora, oggi malamente e genericamente catalogate come “milf”, che proprio come allora si presentano in gran spolvero, “messe su da guerra”, come direbbe il mio amico Gerry Calà, in occasione del concerto al Teatro Colosseo di Torino.

 

Messi da parte, forse per sempre, gli Spands, Tony torna ad esibirsi da solista in una città che lo ama alla follia, il concerto di due anni fa con gli amici di sempre ne è la prova lampante, per presentare la nuova versione del “The Christmas album”, pubblicato l’anno scorso e prodotto da Claudio Guidetti.

 

Il sempre molto dandy cantante londinese,  ci regala una serie di canzoni natalizie caratterizzate da arrangiamenti serrati e molto rocchettari, tra cui l’inedito “Every second I’m away”, scritto con Annalisa Scarrone e Claudio Guidetti,  "Shake up Christmas” dei Train, "Run Rudolph run” di Chuck Berry, "Driving home for Christmas” di Chris Rea, “I believe in Father Christmas” di Greg Lake degli “Emerson, Lake & Palmer” e “Somewhere only we know” dei “Keane”, senza dimenticare alcuni classici come “White Christmas”, “Have yourself a Merry Christmas”, “Let it Snow!” e “Santa Claus is coming to town”.

 

Tutto qui? Naturalmente no.

Il singer inglese sorprende il folto pubblico presente cominciando lo spettacolo con “Life on Mars”, tributo a David Bowie, semplicemente da brividi e snocciolando qua e la una serie di cover tra cui “With or without you” by U2, senza esagerare, addirittura meglio dell’originale, e quella che proprio non ti aspetti, “Somebody to love”, in memoria di chi ha lasciato un vuoto incolmabile in tutti noi.

 

Tutto qui? Certo che no.

All’appello non possono mancare i classici targati Spandau Ballet, e anche in questo caso il buon Tony ci sorprende un’altra volta: accompagnato da una band che gira a mille, stravolge gli arrangiamenti originali inserendo una tastiera (Phil Taylor), modifica la timbrica della chitarra (Richard Barratt), cambia la tonalità del sax (Simon Willescroft), affida la sezione ritmica a due rocchettari nudi e crudi (Tim Bye alla batteria e Phil Williams al basso) e cesella i suoni e le voci lasciando parecchio spazio ad una bravissima percussionista-cantante (Lily Gonzales) che diventa il valore aggiunto dello show.

Così “I’ll fly for you” viene presentata in una versione “nightclubbing” molto intrigante, “Through the barricades” (...my favourite song of Spandau Ballet...) propone l’arpeggio iniziale elettrico anzichè acustico e viene cantata a due voci, “True” e “Gold”, che chiude lo show, diventano veri e propri manifesti rock.

 

Suoni moderni, molto moderni, per classici della musica “new romantic”: “To cut a long story short” e “Higly strung” ne sono gli esempi più lampanti.

 

Purtroppo mancano all’appello ”How many lies?” e “Crashed into love”, tanto per citare due titoli a caso, “Empty spaces”, secondo chi scrive uno dei brani migliori in assoluto della band, e soprattutto “Once more”, canzone manifesto del secondo tempo della mia vita, ma ci sarà tempo e modo per riascoltarle.

 

Si, perchè nonostante il panciotto a coprire gli evidenti addominali da tavola, gli anni passano per tutti, la voce, quella voce, rimane unica ed inimitabile.

Una voce che ci ha fatto sognare, innamorare, crescere, in una parola: vivere.

 

Abbiamo ancora bisogno della tua voce, caro amico Tony, della tua simpatia sul palco e della tua disponibilità quasi disarmante dopo lo show, dei tuoi brindisi col pubblico sul palco, durante i concerti, dei tuoi vestiti eleganti e molto “british-style”, indossati con una classe che fa invidia e quasi rabbia, di ascoltare ancora e ancora quelle canzoni che ci sono entrate nel cuore e che non se vanno più: we “...need you more than ever...once more...”

Quelle canzoni che sono state la colonna sonora dei migliori anni della nostra vita.

 

Many thanks to Tina Rossi Photographer per gli scatti semplicemente "amazing".

 

Stay always tuned !!!

 

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Articolo pubblicato il 21/12/2016