Il Torino Film Festival 34, diretto da Emanuela Martini, quest’ anno ha come quest director, Gabriele Salvatores e madrina, Jasmine Trinca. Presidente della Giuria è uno dei più importanti direttori della fotografia, Ed Lachman. Il festival dal 18 al 26 nov.2016 presenta,158 lungometraggi, 46 opere prime e seconde e 43 anteprime mondiali, scelte tra oltre 4000 films. Il festival quest’anno celebra il punk, a 40 anni dalla nascita, con films che ne illustrano il periodo. Tanti ospiti attesi: Nanni Moretti, Paolo Sorrentino, Caterina Caselli, Roberto Bolle, Alan Denis Lavant, Cristopher Doyle.
L’attrice Jasmine Trinca, bella, brava, che non si concede facilmente agli eventi cinematografici, questa volta lo ha fatto perché lo ha sentito un po’ diverso dagli altri. Scoperta da Nanni Moretti, è stata intervistata alla cerimonia di apertura del Torino Film Festival 34, venerdì 18, presso l’Auditorium Rai e ha detto: ‘L’organizzatrice, Emanuela Martini mi aveva proposto di fare da madrina al festival, che è un ruolo che difficilmente, nella vita ,sentirei mio, però il festival di Torino è un festival che va un po’ fuori dall’etichetta, nel senso che non è soltanto un festival di sostanza: tra l’altro c’è quest’anno una curiosa retrospettiva dedicata al punk e allora, mi sembrava molto bello venire a fare la madrina, una madrina impreparata in un posto che ama il cinema e che ha uno sguardo molto coraggioso sulle proposte cinematografiche.
Sto anche presentando al festival, in anteprima, in questi giorni, il film di Andrea Molaioli - ‘ Slam - tutto per una ragazza- in cui ho avuto il piacere di farne parte e, quindi, ha un senso essere presente qui a Torino, sia per accompagnare l’inizio di questo festival, sia per vedere per la prima volta le reazioni degli spettatori sul mio film che, trovo, molto brillante.
Il Film Festival, nato 34 anni fa e che si chiamava ‘Cinema Giovani’, non è cambiato, è sempre stato un festival con una cinematografia in cui si può vedere di tutto. E’ una palestra fondamentale per registi e attori. Ci sono films alternativi rispetto a quelli che normalmente si vedono ai festival, cioè: opere prime, oppure documentari, docu-films; è un festival sperimentalista ed è proprio di questo che ha bisogno il cinema oggi, ne sono d’accordo i critici e i semplici appassionati di cinema.’ Torino ci sorprende ‘ dice Luca Bianchini, scrittore torinese e autore del film ‘ La cena di Natale ‘- tratto dal suo libro, perché non cerca la ribalta, non vuole cose troppo in apparenza, però poi è capace di grandi acuti.
Chiambretti e la Litizzetto sono di Torino e sono dei comici anche surreali: questo secondo me è una caratteristica della città che non ama le mezze misure, o è pazza, alla Macario, o sta zitta. La cosa bella di Torino è che sa aspettare, sa ascoltare; è una città riservata e quindi si lascia un tempo. Il torinese non è uno che applaude subito: è quello che aspetta l’attimo di silenzio, se vai al Regio te ne accorgi, ma poi applaude: questa cosa manca, in generale, nella nostra società, questa capacità di sapere aspettare, di sapere ascoltare, fa si che magari l’applauso non è scrosciante, però è sincero e questo viene fuori anche quando si dice:’ torinese falso e cortese’, perché non è così vero!
Leo Benvenuti, sceneggiatore, storico del cinema italiano, disse una volta: ’Amici miei, Torino è la citta più woodyalleniana d’Italia, ce l’ha nell’anima Woody Allen! Si pensa che sia grigia e triste e, invece, è spiritosa e verde.
L’attore Roberto Herlitzka, ha osservato che, forse, nei torinesi, c’è un fuoco che cova sotto la cenere, ricordando poi che tutti i moti più importati sono nati a Torino, compreso il 48, il 68 e altri di più recenti.
Marco Ponti, piemontese, regista di films di successo e ora anche del film ‘La cena di Natale’ dell’amico Luca Bianchini, ha detto: ’Per focalizzare la passione per il cinema, si parte molto indietro, quando si era bambini. Nel mio caso andavo al cinema ed era uno di quei luoghi, in cui potevo abitare con più felicità. Venendo dalla periferia, l’idea di raggiungere il luogo dove il cinema si fa, era un viaggio faticoso, impegnativo ed economicamente dispendioso e allora, non avendo i mezzi, qual’è la cosa più economica che si può fare, se non usare un foglio e una penna per scrivere? Ho scritto una sceneggiatura, ho scritto un film che si chiamava ‘Santa Maradona’ ed è stato un successo: ho trovato attori di talento e un produttore. Torino ci ha accolto e da lì in poi, è diventato un mestiere. Avevo 100 pagine di sceneggiatura, le portavo in giro, fino a quando qualcuno le ha ascoltate.
Luca Bianchini ha aggiunto: ’Me le ha date, dicendomi cosa ne pensavo e questo, mi ha spinto a scrivere un romanzo, perché mi sono detto: ‘ Sta roba la so fare anch’io e ho iniziato a scrivere un romanzo, mollando la sua sceneggiatura. Poi nel 2003 è nato il nostro sodalizio. Lui è il mio più severo lettore. Siamo lettori reciproci delle nostre cose. Non mi vergogno di dargli l’opera nuda, nel senso appena scritta e abbastanza imbarazzante, rispetto a quello che il libro sarà, e aggiungo che è una voce che ascolto sempre.
TFF 34 – LA CRITICA CINEMATOGRAFICA
Il prof. Melotti, da Milano : ‘ Questo festival appare vivace, interessante e stimolante, per questo devo dire che sono un po’ sorpreso che a Milano, tutto sommato, il festival ha destato scarsa attenzione: persino i quotidiani maggiori della città, non hanno dedicato lo spazio che il festival meriterebbe. Questo mi dispiace, non vorrei che ciò concorresse a regionalizzare un Festival che, invece, ha tutte le cifre per avere un respiro, non soltanto nazionale, ma internazionale.’ Da sociologo dico che la passione certamente fa la differenza. D’altra parte, ho visto in tv l’uscita dalle sale, degli spettatori che avevano visto i film al festival di Torino: un pubblico comune, se vogliamo, però competente, attento, lucido e appassionato e questa attenzione, nasce dalla passione che è estremamente importante e orienta e qualifica i giudizi, in un senso che merita attenzione da parte di tutti.’
Il prof. Lombardi, da Napoli: ‘ Sono d’accordo sull’estenderlo alla periferia, perché la città si presta a questo esperimento. E’ il più bel festival italiano, perché non ha l’ossessione, come ad es. il festival di Tokio, dell’anteprima mondiale internazionale a tutti i costi, ma ha invece l’ossessione di trovare dei buoni film, anche già visti in altri festival, ma che qui, hanno un senso diverso, perché il contenitore è di gente appassionata. Qui c’è un sacco di gente normale che paga il biglietto e che fa da contorno alla manifestazione. A volte c’è qualcosa di magico: a volte si lavora a una manifestazione e poi, quando si fa un piano, alla fine non esce bene ma, a Torino, forse la passione, chi lo sa, la mole, il DNA culturale per il cinema che è nato a Torino, fa si che tutto risulti migliore. Il bello a Torino è che uno entra nelle sale, e si affida al festival stesso e agli organizzatori. Il bello è proprio di non stare a studiare troppo prima il programma, ma di farsi sorprendere da un film che, leggendo il catalogo, non si andrebbe a vedere.’
La professoressa Maciotti, da Roma : ‘Si conferma come uno dei festival importanti che, da tanto tempo, porta avanti un discorso leggermente alternativo, un cinema indipendente. Meno male che c’è, e speriamo che vada avanti a lungo. Per quanto riguarda il discorso della estensione del Film Festival alle periferie, che ha proposto la sindaca Appendino, a me sembrerebbe una bella idea, così come si è cercato di fare a Roma. Credo che il coinvolgimento delle periferie, in una città come Torino, sia più semplice, facile. Torino è una città propensa a leggere, commentare a discutere, a vedere cinema, quindi dovrebbe essere più semplice il discorso della esportazione di prodotti culturali come questi. Torino, nel nostro immaginario, è una città in cui il libro, il film, gli intellettuali, sono stati molto presenti. Molti dei grandi nomi della cultura italiana, sono passati da Torino, ci hanno vissuto, quindi mi sembra una città predisposta forse più di altre e meno distratta di altre città che hanno quarantamila altre cose a cui pensare e anche altre manifestazioni.’
Il prof. Garofalo da Napoli : ’E ‘ un festival molto vivo, si vedono le file fuori dalle sale, dal programma molto variegato, estremamente ricco: visto da Roma, ci suggerisce anche un po’ la strada che sta prendendo il cinema di Roma, che sembra aver seguito gli insegnamenti proprio dal cinema di Torino. C’è, infatti, una minore attenzione, una minore ossessione nei confronti delle anteprime mondiali, c’è più la volontà di vedere il meglio del cinema internazionale, dando l’opportunità al pubblico italiano, di poter vedere dei films di qualità. La caratteristica decisiva, secondo me, è che si tratta di un festival di tipo metropolitano, questo significa che, rispetto agli altri festival come Venezia, Cannes, dove in qualche modo c’è una sorta di deportazione quasi del pubblico e dei critici, in una zona molto delimitata della città, qui invece, c’è una grossa centralità del centro cittadino. Se negli altri festival al centro dell’attenzione c’è la critica cinematografica, nel festival di Torino, non essendoci questa ossessione, c’è un pubblico più normale.’
Il prof. Prono, da Torino :’ Parlare bene del festival potrebbe essere una piaggeria per quelli che ci lavorano. Quando ero più giovane, andavo a molti festival, sia in Italia che all’estero. Ora non ci vado in genere più, perché mi annoio moltissimo. Ne vedo 5 al giorno e, alla sera, non capisco più nulla e non distinguo più l‘uno dall’altro e poi quello che c’è intorno alle proiezioni, mi interessa pochissimo, anzi mi annoio. A Torino non corro questo rischio.'
GLI ATTORI DEL TFF 34
L’attrice Jasmine Trinca, ha detto che il cinema di Torino è per gli appassionati di cinema, in una città che è appassionata di cinema, ed è vero. Se io vado a Venezia, c’è gente da tutto il mondo che viene a Venezia a vedere i films, a Torino invece, c’ è tutta la città coinvolta, se poi ci saranno anche le periferie, sarà ancora meglio, il coinvolgimento sarà ancora più completo.
Tra i festival che io conosco, il film festival di Torino è l’unico in cui accade questo. Una volta si chiamava ‘Cinema Giovani’, perché incentrato solo sui giovani, età massima 40 anni: è rimasta questa regola per i films in concorso ma, in ogni caso, è sempre un festival più attento ai giovani di tanti altri, e questo è anche un ‘altro elemento che lo distingue. Questo festival, nasce 34 anni fa, da un incontro tra due persone: uno, era il critico, Gianni Rondolino e l’altro, era un Assessore, Fiorenzo Alfieri, assessore ai problemi della gioventù.
Non si sa quale dei due l’abbia proposta all’altro, comunque è nata l’idea di fare un festival dedicato ai giovani. All’epoca a Torino c’erano molti giovani che iniziavano a fare cinema e molti di loro ancora lo fanno, e quindi sembrava che fosse il posto giusto: c’ era il pubblico, c’erano i giovani che il cinema lo facevano e c’era un settore interessante: ‘ Spazio Torino, ‘dedicato ai cortometraggi dei giovani torinesi. Il festival è molto seguito dagli studenti universitari, ce ne accorgiamo a lezione quando, in questo periodo, abbiamo mezza aula vuota, però non mi lamento e non so se per gli studenti sia più utile seguire le mie lezioni o andare al festival, e quindi probabilmente fanno bene. ‘
TFF 34 - I FILMS
Il TFF 34, gode di ottima salute, perché le file ai botteghini iniziano la mattina presto, già prima di aprire, ed è già tutto esaurito, ci dicono le giornaliste, Chiara Nicoletti ed Eva Carducci,per TV Cinematografo. Tra i films da vedere:
Between Us : film di Rafael Palacio, trasmesso alla cerimonia inaugurale del TFF. Palacio è messicano di origini, vissuto negli Stati Uniti, adesso risiede in Svizzera. ‘Le aspettative per il film erano tante, perché è stato definito un film imperdibile. E’ molto più bello nei punti narrativi’, - dice Chiara Nicoletti - ‘e per le riflessioni che induce, piuttosto che nella messa in pratica di queste tematiche. Si tratta di una coppia di trentenni che nel passaggio dalla convivenza al matrimonio vanno in crisi e il punto è che vogliamo sempre di più, sempre più emozioni da un rapporto: trovare sempre qualcosa di nuovo, anche se poi siamo felici con quello che abbiamo, e Palacio ha provato a rispondere’. Eva Carducci, ha aggiunto:’ Questo film aveva molte aspettative infatti, ha avuto successo al Tribeca Film Festival di New York. Mi ha colpito il fatto che si parli della precarietà dei sentimenti nella nostra generazione. Sono due trentenni, che vogliono sfuggire dalle regole, dai canoni sentimentali delle altre coppie, compresa quella dei loro genitori ma, al tempo stesso, rimangono invischiati in quelle regole, perché decidono di sposarsi ma poi, appena prendono questa decisione, arriva l’insoddisfazione tipica della nostra generazione, non solo in Europa ma anche oltreoceano. Comunque il film, fornisce degli interrogativi, ma non tutte le risposte. Rimane un po’ sospeso a metà. Un film da vedere comunque.
Jesus: opera seconda di Fernando Guzzoni, è il primo film in concorso, il cui autore e regista è cileno. E’ una sorta di gioventù bruciata in stile latino-americano. Bisogna precisare che c’è molto cinema sud-americano in questa edizione. Piaceva molto alla Martini che ne ha scelti 4 su 15. Questo film, ha avuto molto successo sia a Cannes che a Venezia. Jesus, dice Chiara Nicoletti, è un film contraddittorio che vuole ribaltare quelli che sono i films che parlano del rapporto padre figlio. In particolare perché, in questo caso, il padre sceglie di non schermare il figlio e, invece, di indurlo a prendersi le responsabilità di un grave crimine che aveva commesso. Spesso invece, si vede tutt’altro, sia nei films che nella realtà.
Sally: è la prima uscita italiana di questo film, diretto da Clint Eastwood: è un film che racconta di un pilota americano di linea che nel 2009 evitò un disastro aereo sui cieli di New York, facendo ammarare l’aeroplano che pilotava, sul fiume Hudson. E’ una vicenda che ha colpito molto gli americani e il regista è sempre stato bravo a raffigurare l’America di oggi, in cui si sente il bisogno di avere un eroe, un eroe comune. Fondamentalmente, il pilota ha fatto il suo lavoro ma, viene messo sotto accusa per il suo operato, da parte della Compagnia Assicurativa che vorrebbe trovare dei cavilli per evitare l’esoso pagamento per il disastro aereo. Sally viene allora contestato, criticato, messo sotto accusa.
Abbiamo qui una doppia visione degli Stati Uniti e Clint Eastwood è un maestro, perché riesce sempre, con i suoi film, a colpire nel segno. Quale regista migliore per raccontare un eroe di tutti i giorni, uno che fa bene il suo lavoro? La grande bellezza di questo film, è che ci mostra come il comandante Sally, sia una persona di esperienza che era sicuro di quello che stava facendo e, fino all’ultimo, ha avuto fiducia che si sarebbe scoperta la verità, ossia che aveva agito per il bene dei suoi passeggeri, riuscendo a salvarli tutti. Il buono, per Eastwood, alla fine vince: lui è un buono e quindi prevale anche un po’ di moralismo in questo film, diciamo che si esce dalla sala con il sorriso, con una visione positiva dell’America di oggi.
Molto bello, molto intenso e grande tensione, nonostante tutti sappiamo com’ è andata a finire, ossia che si sono tutti salvati: quindi bravissimo anche in questo.
‘Epico, emozionante!’ - Dice uno spettatore, uscito dalla sala che ha proiettato di questo film.
Altri films interessanti: per gli appassionati di films dell’Orrore, c’è la Notte Horror: si comincia la sera e si finisce al mattino con cappuccino e brioches, il docu-film dedicato a BOLLE - ‘Roberto Bolle, l’arte della danza’ - di Francesca Pedroni e ‘Slam-tutto per una ragazza’, commedia da ridere, molto leggera, sull’adolescenza, che parla di una ragazza, una sedicenne che vuole un po’ amare un pò giocare con lo skateboard. Ancora da segnalare un altro film in concorso, ‘Lady Macbeth’, di un regista inglese molto promettente, William Oldroyd, in una atmosfera gotica, con una fotografia molto particolare e una protagonista malvagissima;
‘Romeo and Juliet’, nella versione di Kennet Branagh che, rispetto a quello di Baz Luhrmann, rappresenta una Venezia californiana.
Imperdibili, i cinque films della vita di Gabriele Salvatores: ‘Cinque pezzi facili’ (Jules et Jim, Blow–UP, If, Alice‘s Restaurant, The Strawberry Statement) e la premiazione, con la programmazione che chiuderà il TFF 34, dell’action-thriller di Ben Wheatley – Free Fire…..lascio a voi, appassionati cinefili torinesi, il giudizio critico su questo film.. quando lo vedrete!
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Articolo pubblicato il 25/11/2016